Lizardite

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Mi trovo in una stanza quadrata senza soffitto. Un cubo che si espande al di sopra di ogni possibile geometria architettonica. Un albero imponente al centro di essa si estende in altezza. Sembra una quercia millenaria, possiede saggezza e bellezza quasi disarmanti. Ad ogni angolo si trovano dei secchi metallici enormi riboccanti d'acqua e al loro fianco delle caraffe di terracotta bramano di essere riempite. I fiori appesi alle pareti ricoperte di edera profumano delicatamente.
Mi avvicino all'albero con riverenza, con rispetto, camminando lentamente e inchinandomi al suo cospetto.
E proprio in quel momento mi accorgo che in mezzo alle possenti radici è custodita una scatola d'argento colma di semi.

"Sarai la terra che ospita la vita. Donerai la tua stessa vita per procreare la bellezza e la pace, la generosità e l'obbedienza all'amore. Sarai la linfa di una nuova esistenza. Sarai l'avvenire di una nuova specie."

Prendo la scatola tra le mani e inizio ad ingoiare, dapprima uno ad uno, poi in quantità sempre maggiore i semi che essa contiene. Il ricordo avanza nel presente; come la fine dell'inizio sconsolato avverto che in me qualcosa è cambiato.

Ho dei semi piantati nel mio intestino. Ogni volta che bevo nutro essi con l'essenza della vita che umida scorre giù, dolcemente, per le vie più recondite della mia esistenza. Bagno la terra che in me risiede, nascosta, per far crescere una o più vite pronte ad affrontare una nuova era, l'era della corruzione e della menzogna, l'era della vendetta e del pettegolezzo, della follia, della violenza.
Quando mi capita di ascoltare il mio corpo sento strisciare al suo interno le radici che trovano appiglio nei vari organi, e proprio in essi si innestano come dei veri e propri meccanismi vitali. Si fondono e si confondono tra tessuti e arterie proseguendo il loro cammino disperato verso la luce.
L'acqua non basta e i vermi che ingerisco per rendere ancora più fertile il suolo si lamentano del buio.
Apro costantemente la bocca nelle giornate di sole. Ho anche provato a recidere il mio addome con dei rami secchi per creare un'ampia fessura, ma tutto ciò è superfluo.
Allora attendo l'unione perfetta e la crescita selvaggia della flora gastrica.
Bevo continuamente, per saziare la creazione, per espandere il confine.
Ogni giorno che passa è sempre più emozionante perché sento la nuova vita scorrere in me.
Il cuore oramai è protetto, foglie e radici lo conservano stretto in un alcova asfissiante e desolata lontana da traumi e scosse emozionali. Ho dimenticato il suo suono, il rumore, il suo calore divino. Sento freddo e lo sono, al di fuori di ogni cosa tutto appare distaccato e inutile.

La gola comincia a prudere.
Il collo inizia a perforarsi e si adorna di collane verdi con spine e boccioli di fiori.
Stretto in un edera che mi ama danzo felice l'ultimo ballo.
La bocca si espande in un fiotto di sangue.
Ecco fuoriuscire da essa un bouquet di crisantemi e tulipani, forza e amore, coraggio e audacia a braccetto per onorare la mia morte.

Lo spazio che mi ospitava si fece immensamente verde. La terra circondava il mio corpo, lo sovrastava. Esso nutriva il mondo seppur parzialmente, e la fiamma immensa e divina sfavillava su sentieri mai percorsi di una rotaia abbandonata da millenni.
Ma un treno da lì passava di tanto in tanto, trasportava le povere anime smarrite. Gli spiriti degli alberi dall'alto osservavano il percorso di quei vagoni fantasma in grado di frantumare chiunque si trovasse sul loro cammino. Nessun freno, nessuna luce, nessun rumore.

Silenzioso arrivava come l'ultimo respiro.

ChromophobiaWhere stories live. Discover now