4: Nessuno dorme la prima notte

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Saray, Zulema e Raquél percorsero la strada tra la mensa e la cella insieme, in silenzio, sotto le occhiate furtive e i bisbiglii delle altre detenute. Nessuna delle due osò parlare a Raquél dell'accaduto, nemmeno quando, più tardi, dopo essersi lavate e cambiate, si coricarono. La sirena suonò, tutte le celle si chiusero e le luci in corridoio si spensero.

Raquél si sdraiò nel suo letto, immaginando che la prima notte sarebbe stata dura. Ripensò inoltre a ciò che era accaduto qualche ora prima in mensa e non le piacque. Non era decisamente un buon inizio, per non parlare del fatto che non era riuscita a capire dove potersi informare riguardo ciò che succede all'esterno. Non era così sicura che ci fosse una televisione all'interno del carcere.

Stava quasi per addormentarsi quando sentì Zulema muoversi nel letto sopra di lei, scendendo e rovistando sul tavolo in mezzo alla stanza. La vide prendere qualcosa dal cassetto, qualcosa che aveva tutta l'aria di essere un telefono cellulare. Uno di quelli di vecchia generazione, indistruttibili ed eterni. La vide prendere anche delle cuffiette prima di risalire a letto. Iniziò ad insospettirsi: se quello era veramente un telefono, come le era chiaramente sembrato, Zulema poteva essere in grado di entrare in contatto con l'esterno. Dubitava che le cuffiette le servissero per ascoltare delle canzoni salvate sul cellulare, come un'adolescente, doveva senz'altro ascoltare la radio. Quel cellulare era il suo biglietto per ottenere informazioni sulla rapina.

Aspettò qualche minuto, sperando che Zulema si fosse addormentata, e si alzò cercando di fare il minor rumore possibile, con l'intento di prendere in prestito quel cellulare per qualche ora. Glielo avrebbe restituito entro la mattina, in modo che non si accorgesse di nulla. Vide che era semplicemente appoggiato al cuscino, e le cuffiette le si erano sfilate dalle orecchie. Un gioco da ragazzi. Prese il telefono, ma quando fece per avvicinarsi al filo delle cuffiette Zulema le afferrò improvvisamente il braccio, sollevandosi e portandosi ad un soffio dal suo viso.

- Sapevo che avresti cercato di rubarmelo, Professora! Mi chiedevo quanto avresti resistito prima di provare a metterti in contatto con i tuoi compari, ma mi hai delusa, avrei scommesso almeno un giorno! - le ringhiò penetrandola con lo sguardo, senza lasciarle il braccio.

- Non te lo stavo rubando Zulema, solo prendendo in prestito. -

- Beh, anche i prestiti hanno un costo in questo posto. Ed in questo momento tu non hai nulla che mi interessi da offrirmi in cambio. -

Raquél non rispose, ma resse comunque il suo sguardo. Sguardo che le fece correre un brivido lungo la schiena. Ma non un brivido di paura, bensì un brivido di eccitazione. Quegli occhi erano tanto penetranti e taglienti quanto magnetici. Il tempo sembrava essersi fermato. Avrebbe potuto fissarla per ore.

Zulema si accorse dell'effetto che stava avendo su di lei e sentì il bisogno di spezzare quell'incantesimo.

- Forza, torna a dormire. Sempre che tu ci riesca, di solito nessuno dorme la prima notte! Almeno sono sicura che non russerai! - la prese in giro, lasciandole finalmente in braccio e ributtandosi sul cuscino.

Raquél obbedì, senza replicare. Aveva capito che, nonostante se ne fosse stata in disparte tutto il giorno, non era una buona idea mettersi contro Zulema. Sembrava essere un osso duro e questo era testimoniato anche dal fatto che, nonostante si trovasse in uno dei peggiori carceri della Spagna, se la spassava con un telefono cellulare e delle cuffiette da chissà quanto tempo.

Si coricò, di nuovo senza risposte e con ancora più domande. Domande che riguardavano soprattutto quello che era successo pochi secondi prima, quando si erano ritrovate a fissarsi un soffio l'una dall'altra. Decise di non dargli troppo peso. Aveva altre cose più importanti a cui pensare, ad esempio, cosa offrire a Zulema in cambio di una telefonata con quel maledetto cellulare.

Dal canto suo, Zulema aveva pianificato alla perfezione quella mossa. Da quando aveva scoperto chi era Lisbona, sapeva che avrebbe cercato in tutti i modi di mettersi in contatto con l'esterno. E lei, quella notte, le aveva mostrato lo strumento perfetto. Da quel momento avrebbe desiderato così tanto quel telefono che avrebbe fatto qualsiasi cosa per averlo. La teneva in pugno.

Un sorriso affiorò sulle sue labbra. Non si sentiva così da parecchio tempo.

E la cosa le piaceva.

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So che può sembrare un capitolo un po' strano, ma mi serve per mettere le basi per quello che succederà nel prossimo.

Keep in touch!

Btw, sto già sclerando.

Ciao.

Gina.

A mi me van a recordarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora