2. La fine del mondo

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Kyungsoo


2.    Per diventare uno zombie bisogna morire

I microfoni gracchiavano, e la vecchia cassa di sinistra rilasciava il suono con qualche millisecondo di ritardo. L'aria era pesante, stantia, soprattutto nel piccolo angolino in cui ci avevano momentaneamente relegati. C'era troppa gente, troppi studenti tutti accalcati per ascoltare quel che si sarebbe detto.

Sapevo che a molti non interessavano questo tipo di riunioni. Per questo avevo deciso di rendere il mio discorso di candidatura breve e coinciso: avrei semplicemente descritto i tre punti che volevo proporre, e subito me ne sarei andato. Avevo intenzione di concludere in soli cinque minuti. Speravo che avrei trovato nella brevità la vittoria.

Mi schiarii la voce per l'ennesima volta. Ero certo del fatto che la mia candidatura sarebbe stata una sorpresa per molti: per settimane ero stato indeciso, e avevo deciso all'ultimo che un tentativo non avrebbe fatto male. Come contro della decisione presa all'ultimo però, c'era il fatto che non avevo avuto che due giorni per fare proselitismo.





Minho finì il suo discorso motivazionale con un inchino. Aveva ringraziato di cuore per tutte le belle cose che gli era stato possibile fare durante il suo anno da rappresentante, e aveva augurato a noi candidati buona fortuna.

Ci fu un breve applauso, e il ragazzo alla mia sinistra commentò: «È assurdo che l'abbiano votato solo per la bella faccia che si ritrova. Quello stronzo è proprio un incapace.»

Mi ricordai che lui si era proposto come rappresentante anche l'anno prima, e che aveva subito la vittoria schiacciante di Minho. All'epoca, non avevo capito come mai avesse ricevuto così pochi voti, ma di colpo mi fu chiaro: non era una brava persona, e parlava solo per invidia. Io non solo ritenevo Minho un bel ragazzo, ma anche piuttosto sveglio, e pensavo che fosse stato eletto principalmente per la sua seconda qualità. Feci per prendere parola per andargli contro, quando fu chiamata la prima concorrente.





Si chiamava Kim Hana. Kim Hana non era una persona comune; tra lei e noi c'era la stessa differenza che si poneva tra i braccianti e la dama aristocratica, tra i sudditi e la regina. Era una ragazza dell'ultimo anno, pallida come la morte, con lunghi e lisci capelli neri, le dita delle mani sottili sottili e lunghe gambe magre. Salì sul palco immersa in quel silenzio trattenuto che si crea in un gruppo di giovani davanti ad una ragazza tanto bella da suscitare ammirazione divina—aveva quella perfezione che solo certe giovani ragazze possono avere, unione di grazia, leggerezza nei modi e bellezza. Bellezza estraniante, aliena.

Era nella nostra scuola da appena un anno, molto popolare nonostante non fosse una ragazza particolarmente brillante. O simpatica. Era solo bella, e la sua bellezza quasi irreale l'aveva subito resa nota alla maggiorate del ragazzi. Non sembrava vera, o umana. Parlava sempre poco, e si manteneva distante dalla folla. Rifiutava tutti coloro che le si dichiaravano allo steso modo, con una risata e nient'altro. Per questa sua strana abitudine era spesso chiamata la Regina di Cuori, con sottinteso il fatto che fosse la regina dei cuori spezzati.

Raggiunse il microfono con la graziosa mano e accennò un sorriso—una potente arma in suo favore. «Io... io sono Kim Hana,» si presentò, parlando con tono chiaro, ma con un briciolo di tremore sulle prime parole.

Qualcosa mi suggerì che quel tremore, quell'esitazione erano false. Del resto, era la favorita per la carica, e doveva sicuramente esserne conscia. Avevo sentito dire che un certo Oh Sehun dell'altra sezione le aveva regalato uno striscione enorme da appendere in entrata, che recitava di votarla. E lei si era messa a ridere, dicendo semplicemente: «Non serviva». E così quel ragazzo aveva visto tutti i suoi sforzi vanificati.

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