𝚍𝚞𝚎 - ᴅᴏᴠʀᴇɪ sᴍᴇᴛᴛᴇʀʟᴀ ᴅɪ ʙᴇʀᴇ.

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Sono convinto che Dio esista e che mi detesti profondamente

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Sono convinto che Dio esista e che mi detesti profondamente. E nella remota possibilità che mi stia sbagliando, allora è il Diavolo ad amarmi un po' troppo. New York City è la città delle possibilità, però è da quando mi ci sono trasferito che non me ne va bene una.

C'è un uomo disteso al mio fianco. Ed è nudo. Non è né il mio ragazzo, né il mio amante. Credo che sia l'ennesima conquista dettata dall'alcol.

«Merda...» sussurro.

Ieri ero così fuori di me che non ci ho pensato due volte ad andarci a letto. Così mi sono giocato anche la remota possibilità di una riconciliazione con Liam. Meraviglioso.

Mi stropiccio gli occhi e poi mi concedo un attimo per osservare i suoi, chiusi. È una gran fortuna che mi sia svegliato per primo: vorrei evitare incontri imbarazzanti.
Questo tizio doveva essere ubriaco almeno quanto me, per essersi fatto ammanettare in quel modo. Anche se devo ammettere di essere piuttosto persuasivo, soprattutto quando bevo.

Mi metto a sedere lentamente, preparandomi a subire il mal di testa post-notte di fuoco. Di solito mi colpisce la fronte con la stessa forza di un picchio che batte su un albero, ma stavolta sono costretto a piegarmi in due e massaggiarmi le tempie: è molto peggio del previsto. Non c'è una singola cellula che non mi faccia male.

Faccio un profondo respiro, lanciando un'altra occhiata al bello addormentato. Devo riuscire ad alzarmi senza svegliarlo. E magari liberarlo dalle manette: ha le braccia impigliate alla spalliera del letto, deve aver tenuto quella posizione per tutta la notte. Come mi è venuto in mente di attorcigliare la catena in quell'angolo? Poveraccio. Se non lo slego subito non riuscirà a muoversi per un bel po'.

Ma prima devo controllare che non mi abbia lasciato alcun segno addosso. Sposto il lenzuolo e mi alzo dal letto, facendo attenzione a non fare troppo rumore.

Non riesco a reprimere una smorfia quando noto che le mie gambe sono livide. Odio i succhiotti, soprattutto se fatti da sconosciuti che non rivedrò mai più.

Non voglio nemmeno immaginare come sia ridotta la mia schiena: sento già le spalle indolenzite e doloranti quindi, conoscendomi, sarò stato così passionale da farmi graffiare. E considerando che la mia conquista ha una perfetta manicure da gatto selvatico, questo scenario non è proprio dei migliori.

Dopo l'ennesimo sospiro, mi faccio forza e vado verso lo specchio a figura intera dell'armadio. Quasi mi viene un colpo. A giudicare dal mio riflesso, sono messo maluccio. Un paio di occhiaie nere e profonde mi incorniciano gli occhi verdi, rendendoli più scuri del normale. Della coda di cavallo, rimane solo l'elastico blu ancorato a una ciocca in basso e i miei capelli biondi e spettinati hanno assunto la forma di un nido d'uccello. Però è la mia pelle il vero disastro: il solito colorito pallido è stato sostituito a tratti da lunghe e grosse strisce rosse, lasciate da una stretta un po' troppo impetuosa. E riesco a contare almeno una ventina di succhiotti, che vanno dai pettorali all'addome. Ho anche diversi segni di morsi sul collo, il che mi fa pensare che il mio nuovo amico sia un fan di Twilight.

Ci metterò una vita a guarire e questa consapevolezza mi fa venire la malsana voglia di svegliarlo solo per poterlo prendere a ceffoni. Però mi trattengo, anche se sto stringendo i pugni talmente forte da conficcarmi le unghie nei palmi delle mani.

Devo vedere il lato positivo: dalla cinta in giù sembra andare tutto alla grande. Grazie al cielo non sono stato io a prenderlo: dubito che mi sarei potuto alzare con tanta "leggerezza", se avessi accolto tutti quei centimetri. È messo fin troppo bene, questo è ciò che mi suggeriscono i miei vaghissimi ricordi. Dovrebbe essere illegale.

Ho il suo profumo addosso, non mi piace: sa di sudore e Cosmopolitan. Il che mi fa pensare che forse era anche più ubriaco di me e non si rendeva conto di quello che stava facendo. E poi probabilmente sono stato io ad abbordarlo. È decisamente il mio tipo e mi sta tornando in mente qualche ricordo frammentato di ieri notte.

I suoi occhi sono di un verde più intenso e chiaro dei miei. Sono stati quelli ad avermi colpito subito. Hanno una forma affilata, da felino.

Ricordo che mi aveva offerto un cocktail, ma poi si era allontanato per qualche motivo. Credo che qualcuno l'avesse chiamato al cellulare. Deve essere uscito dal locale per rispondere, perché non l'ho visto per un po'. Mi ha lasciato senza esitazione e io mi sono sentito leggermente rifiutato. Quindi ho iniziato a bere, fino al momento in cui non sono più riuscito a trattenermi. Ho cominciato a cercarlo.

Quando i nostri sguardi si sono incrociati una seconda volta, in mezzo al tumulto del locale, con la musica a palla e con il giudizio già annebbiato da più di un paio di drink, mi sono fatto avanti.

Devo essermi presentato con qualche sorta di alias, perché mi pare che non mi abbia chiamato Rick neanche per sbaglio. O magari è venuto a letto con me perché gli ricordavo qualche ex o un amore non corrisposto.

Lui sonnecchia ancora indisturbato, coperto solo dal lenzuolo bianco della camera d'albergo. Ha i capelli castani e sembra molto più alto e piazzato di me. Non che ci voglia molto: sono bassino per uno della mia età. Anche se sono quasi al secondo anno di università, nel campus ci sono già persone più alte di me fra i nuovi arrivati. È un po' demoralizzante.

D'un tratto sento un mugolio e la mia attenzione torna al belloccio nel letto. Un raggio di sole è filtrato fra le tende azzurrine, colpendolo dritto in faccia. Ora il suo bel viso è distorto in una smorfia contrariata, ha arricciato il naso e stretto le palpebre, come quando si fa un incubo e si tenta invano di scacciare i propri fantasmi.

È questo a farmi scattare. Devo smetterla di perdermi in mille pensieri e darmi una mossa, prima che si svegli sul serio.

In genere ho tutto il tempo di farmi una doccia, ma sono quasi le nove e questo qui potrebbe essere un tipo mattiniero, quindi mi limito ad andare verso la finestra e chiudere bene le tende per liberarmi del sole.

Ora devo solo trovare i miei vestiti. Farò un bagno quando sarò a casa. Oggi non ho lezioni e probabilmente il mal di testa mi passerà fra qualche ora, giusto in tempo per aprire il mio negozio, nel pomeriggio. Pagherò metà del conto per la camera, così dovremmo essere pari. Non appena recupero i vestiti, che avevo appoggiato sulla poltrona la sera prima, prendo il portafoglio.

Sono stato parecchie volte in questo hotel, so quanto costa una stanza, quindi sono piuttosto sicuro di non sbagliare i calcoli quando prendo sessanta dollari e li appoggio sul comodino. È ora che me ne vada.

Non posso far a meno di guardarlo un'ultima volta. È molto più carino del mio ultimo partner, è davvero un peccato che i miei ricordi di ieri siano così sfocati. Se fossi in cerca di un fidanzato, forse gli lascerei il mio numero.

Metto le mani nelle tasche della giacca, pronto a fare dietrofront e andarmene, ma qualcosa di metallico mi sbatte contro il piede, facendomi sobbalzare. Dopo essermi assicurato che non sia nulla di tagliente, mi abbasso e afferro l'oggetto fra le dita. Sono le chiavi delle manette. Me ne stavo quasi dimenticando. Le appoggio sopra le banconote senza pensarci due volte.

Così potrà slegarsi da solo. È meglio non toccarlo, se è già in procinto di aprire gli occhi. E poi credo che le manette siano sue: ho un vago ricordo di lui che me le porge.

Passo davanti allo specchio. Mi sistemo i capelli nel migliore dei modi, anche se il risultato fa così pena che è chiaro che ho passato una notte movimentata. Ho bisogno di almeno una spazzola, per non apparire come un ragazzino scappato di casa.

Cerco di non pensarci, quando apro la porta. Per fortuna anche questa volta me la sono cavata, anche se i succhiotti che mi ricoprono il corpo mi infastidiscono non poco.

Dovrei smetterla di bere così tanto.

Con questi pensieri in testa, esco dalla stanza, dicendogli addio per sempre.

Mettimi un CollareWhere stories live. Discover now