ISTINTIVAMENTE

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CAPITOLO DUE

La volante sopraggiunta sul posto lo aveva trovato in ginocchio, con le mani dietro la testa e le pistole dei due agenti sistemate con cura lontane da lui.

Non aveva opposto alcun tipo di resistenza, al contrario, aveva offerto i polsi per farsi ammanettare, si era autonomamente accomodato nella volante e aveva invitato gli agenti a stare tranquilli e ad occuparsi dei loro colleghi in attesa dell'ambulanza, lui avrebbe atteso in auto senza creare alcun tipo di problema.

Martin sapeva di averla combinata grossa e mentre osservava il paesaggio scivolare via veloce dal finestrino della volante, diretto verso il vicino distretto di Armtville, si lasciò pervadere dai pensieri e i desideri più reconditi. Quello che lo preoccupava di più, non erano le conseguenze legali ma un groviglio totalmente diverso, più interiore, viscerale e sciaguratamente radicato; non provava questa sensazione dai tempi del liceo e solo in quel momento si rese conto di quanto gli fosse mancata.

La volante arrivò cauta e silenziosa al commissariato, Martin scese non appena l'agente aprì la portiera e si accinse ad entrare senza alcun tipo di dramma.

Salutò l'impiegato della reception e tutti coloro i quali incrociassero il suo sguardo. Venne accompagnato in una stanza abbastanza angusta, con le pareti di un anonimo grigio chiaro e del mobilio da quattro soldi, eccezion fatta per il tavolo che sembrava veramente robusto, era saldamente fissato a terra e sul piano c'era un'escrescenza alla quale fissare le manette dei detenuti meno collaborativi.

«Le assicuro che non è necessario» disse Martin al poliziotto che voleva chiaramente ammanettarlo al tavolo, «non ho intenzione di creare altri problemi».

Il suo tono calmo e pacato sembrò colpire l'agente. «Spero sia così. Sei un ragazzone, nessuno avrà da ridire se ti spariamo addosso in caso necessità» e dopo averlo scrutato attentamente, uscì dalla stanza.

Martin aveva visto abbastanza film e aveva avuto abbastanza esperienze simili per anticipare le loro mosse. Gli avrebbero chiesto di spiegarsi, di giustificare l'insano gesto, banalizzando l'aggressione subita e tirando l'acqua verso il mulino della polizia della contea.

Ma Martin non aveva alcuna intenzione di commettere passi falsi.

Tramite il vetro opaco, riusciva a distinguere tre figure alternarsi dietro la porta della minuscola stanzetta. Sembravano agitati, come se stessero tirando a sorte per decidere chi dovesse occuparsi di quella patata bollente.

Finalmente qualcuno si palesò.

«Buona sera signor Argenti» disse accomodandosi. «Sono il commissario Lancaster».

«Buonasera commissario, piacere di conoscerla. Mi perdoni se sembro indiscreto, ma prima di tutto ciò, stavo andando a prendere mia moglie. Non mi entusiasma l'idea di saperla fuori da sola di sera, sarebbe possibile contattarla o chiamarle un taxi? A mie spese ovviamente».

Il commissario lo scrutava intensamente, era come i suoi occhi stessero eseguendo una radiografia.

«Non si preoccupi di questo, sua moglie è già stata avvisata e sta venendo qui».

«Magnifico» rispose Martin con un sospiro di sollievo.

«Bene signor Argenti, veniamo a noi» continuò poggiando un portfolio sul tavolo. Poi indossò un paio di occhiali da vista e iniziò a comunicare informazioni che Martin già conosceva e alle quali rispose solo con un cenno. «Lei è un pompiere da svariati anni, nessun precedente, nessuna macchia, solo qualche multa per divieto di sosta...»

«Mia moglie...» lo interruppe, «le multe le ha prese tutte mia moglie. Io rispetto sempre il codice della strada».

«Bene, quindi possiamo eliminare anche le multe» proseguì Lancaster, togliendosi gli occhiali appena indossati e sprofondando nella sedia.

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