Tutto ciò che non voglio rimpiangere

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Non sapevo per quale ragione avessi chiesto al tassista che avevo chiamato dopo aver lasciato la stanza di Ryan di accompagnarmi lì. Gli avevo detto di lasciar correre il tachimetro ed ero rimasto seduto sul sedile posteriore, a fissare dal vetro del finestrino il palazzo di Marianne. Potevo vedere l'auto dei due agenti che la sorvegliavano ferma davanti all'ingresso.


Avevo fornito a Ryan il nome che ci serviva.

Ray Dwight.

Me lo ricordavo bene, non avrei potuto dimenticarlo. Così come ricordavo il suo viso, il suo corpo robusto, muscoloso. I suoi tatuaggi sparsi ovunque. Sul collo, sulle braccia, sotto le orecchie, sulle mani.


Eravamo rimasti d'accordo che l'indomani mattina sul presto ci saremmo recati in centrale e avremmo raccontato tutto ad Hart Miller, ed io gli avrei consegnato il ciondolo. Avevo lasciato la sua stanza e sarei dovuto tornare al mio appartamento per tentare di dormire almeno un paio d'ore, e invece mi ero fatto accompagnare sotto casa di Marianne.
Gli eventi che mi avevano coinvolto mi erano serviti a riflettere. Avevo pensato a me stesso e a lei, e al modo in cui la vita aveva deciso di prendere una direzione piuttosto che un'altra. Avevo pensato alla seconda occasione di cui mi aveva parlato Ryan, quella che non per forza avrei dovuto avere. Ed ero lì.

Volevo vederla. Ne avevo bisogno.

Pagai il tassista, scesi dall'auto e mi avvicinai all'ingresso del palazzo di Marianne. Subito, i due agenti mi raggiunsero e mi chiesero di identificarmi. L'avevo previsto. Mostrai loro i documenti e dissi che ero un amico di Marianne, ma non mi diedero il permesso di salire. Mi dissero che avrei potuto telefonarle e così feci, anche se temevo che avrebbe risposto Fabian.
Invece, la voce di Marianne si fece sentire dopo quattro squilli.

<<Ethan... lo sai che ore sono?>>
<<Ciao, Marianne. Sì, lo so, è tardissimo. Ma ho bisogno di vederti. Sono sotto casa tua, e gli agenti non mi lasciano salire. Riesci a scendere per qualche minuto? Devo parlarti.>>
<<Ethan, dannazione. Che cosa ti sta succedendo? Perché ti comporti in questo modo? Credevo di essere stata chiara. Non...>>
<<Ti prego, Marianne. Ti sto chiedendo soltanto cinque minuti. Cinque minuti e poi me ne andrò.>>
Lei sospirò, sbuffò e infine accettò di vedermi.

La aspettai al freddo per dieci minuti buoni, poi il portone si aprì e lei uscì. Indossava un cappotto blu e si era messa un paio di jeans. Era bellissima anche così. Senza trucco, vestita in modo improvvisato. Disse agli agenti che era tutto ok, poi mi lasciò entrare all'interno del palazzo e ci sedemmo sugli scalini che conducevano agli ascensori.

La guardai, abbassai gli occhi e pensai a tutto ciò che avrei voluto e dovuto dirle.
Lei mi restituì lo sguardo con aria interrogativa, confusa.

<<Ethan, Fabian è di sopra. Sa che sono scesa per vedere te. E non è felice per questo, ma non ha detto nulla. Non ho intenzione di fare in modo che lui pensi che...>>
<<No, Marianne, non lo penserà. Credo che tu sia stata abbastanza chiara anche con lui su di me e su tutto ciò che non abbiamo più in comune. Ma volevo vederti. Sono stati giorni difficili ed io... io ho cercato di evitare di pensare a te. Ma non ci sono riuscito, non come avrei voluto.>>
<<Perché devi continuare a...>>
<<Lasciami finire, Marianne. Sto cercando di dirti che tutto quello che è successo a New York... il modo in cui ho lasciato che il mio lavoro prendesse il sopravvento sul resto... le parole che non sono più riuscito a dirti... e quelle che tu non hai voluto sentire... beh, non doveva andare così, Marianne. Non doveva, e ho sbagliato tutto con te. Ma adesso sono qui perché credo davvero che ciò che c'è stato tra di noi sia qualcosa di troppo grande per poter svanire in questo modo. Non...>>
<<Basta, Ethan, ti prego. Abbiamo avuto la nostra occasione, ed è finita come sappiamo. Il resto non conta>> rispose con un filo di voce, smettendo di guardarmi.
<<Conta, invece. Conta se tu ci hai creduto come ci ho creduto io. Le persone possono cambiare. Se non provassi a fare ciò che sto facendo, so che avrei un rimpianto enorme per il resto della vita. Perché tu mi manchi da morire, e io non posso credere che non ci sia anche un solo modo per rimettere tutto a posto.>>


Marianne si alzò, mi diede le spalle e iniziò a salire gli scalini che l'avrebbero condotta all'ascensore.
Mi alzai anche io, la seguii, mi fermai ad un passo da lei. I suoi occhi, adesso, erano diventati lucidi. Sapevo che non le succedeva con facilità.
<<Ethan, davvero. Fabian mi sta aspettando. Non ha...>>

Mi avvicinai ancora di più a lei, appoggiai entrambe le mani contro il muro dietro le sue spalle e senza darle il tempo di dire altro la baciai.

Il resto del mondo scomparve.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora