07. Quanto vorrei che fossi tu.

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"Ho delle belle notizie. Sembra che sia tutto apposto, dall'ecografia non noto nessuna anomalia. Non c'è nessuna gravidanza extraeuterina o problemi di altro genere, vedo che sta andando tutto bene" strinsi la mano di Pattie sorridendo e sospirai eliminando ogni traccia di frustrazione. "Adesso però devo prescriverti delle analisi per fare controlli più approfonditi"

"Sì, va bene" annuii e presi della carta per pulirmi il ventre. "Dottore, solo una cosa. Durante il giorno ho spesso momenti in cui devo vomitare, è normale? Si tratta di iperemesi gravidica?"
"Purtroppo molte donne ne soffrono. Il mio consiglio è di mangiare poco, spesso e sopratutto cibi sani. Con lo stress come stai messa?" mi chiese porgendomi un foglietto con su scritto chi esami che avrei poi dovuto fare.
"È un argomento delicato su cui deve ancora lavorarci" rispose Pattie al posto mio stringendomi la mano. Istintivamente, ricordai ciò che era successo il giorno precedente con Justin. Dopo essere rimasta chiusa in camera mia tutto il giorno, mi aveva chiesto di dargli un'altra possibilità ed io, completamente pazza di lui, avevo accettato. Speravo che dopo quella piccola tregua, potessi sul serio stare meglio.
"Devi cercare di stare tranquilla, va bene?" annuii. "Bene, allora ci sentiamo per prenotare la prossima visita"
"Arrivederci dottore" Pattie strinse la mano al medico ed uscì dalla porta.
"Grazie, a presto" gli strinsi anch'io la mano e gli sorrisi.
"Mi raccomando, ricorda quello che ti ho detto. Buona giornata signorina Jackson"
"Certo, buona giornata anche a lei" salutai con un gesto della mano il dottore e raggiunsi Pattie che stava aspettando l'ascensore.
La mia prima visita ginecologia era andata. Mi sentivo più sicura sapendo che non c'erano complicazioni e che tutto sarebbe andato per il verso giusto se avessi seguito i suoi consigli. Ero ancora giovane e il dottor Bexlaham aveva capito quanto nuovo e difficile fosse la situazione che si era creata, infatti mi parlava in modo dolce, rassicurante, come se stesse parlando con sua figlia. Avevo fatto bene ad ascoltare il parere di Pattie e di andare dal suo stesso ginecologo.
Dato che eravamo a London, ci volle circa un'ora per tornare a Stratford. Non fu facile non pensare a mia madre durante il viaggio, eravamo addirittura passati fuori il posto dove lavorava e quasi mi sembrava di averla vista ma era impossibile, alle nove e cinquanta lei era seduta nel suo ufficio e non a bere il caffé con i colleghi. Piuttosto che tornare a casa, chiesi a Pattie di portarmi al negozio. Justin mi aveva assolutamente vietato di andare a lavoro per riposarmi ma non volevo perdere otto ore di lavoro solo per una visita. Infatti, quando varcai la porta d'entrata, rimase colpito nel vedermi.
"Afrodite, ti avevo detto di rimanere a casa" mormorò Justin smettendo di fare qualunque cosa stesse facendo per avvicinarsi. "Com'è andata la visita? Ti ha detto qualcosa?" mi chiese subito prendendomi le mani e incrociando i nostri occhi.
"Sto bene, non c'è bisogno che io rimanga a casa" gli sorrisi rassicurante.
"Ha detto il medico che va tutto bene ma che deve cercare di stare più tranquilla e di tenere sotto controllo lo stress" disse Pattie al posto mio. "Forse per stare più tranquilla dovresti sul serio fare come mi hai detto ieri, tesoro.." Justin corrugò le sopracciglia e mi guardò intensamente come per chiedermi spiegazioni.
"Cosa le hai detto?" mi chiese, quasi impaurito da una mia possibile risposta.
"Che avevo pensato di andare da mio padre ma non ne sono sicura, io..-"
"Voi due non fate altro che litigare, è normale che questo porti pressioni e di conseguenza stress al bambino. Se per stare meglio l'opzione sarebbe allontanarvi, allora penso che non bisogna scartarla a priori" Pattie poggiò su entrambi una mano sulla spalla. "Io non voglio cacciarti, assolutamente. Mi piace averti con me e sai che ti voglio bene come se facessi parte della famiglia. Ma non voglio che il bambino subisca pressioni a causa delle vostre continue litigate"
"Mamma, io e Afrodite ci siamo già chiariti. Le ho detto che mi sarei impegnato per comportarmi meglio. Che motivo c'è di andar via, addirittura in un altro stato dove ci sono tre ore di fuso orario? Lei ha la sua vita qui." Justin abbassò lo sguardo sulle nostre mani ancora strette. Lo sentii tremare.
"Per adesso voglio pensarci ancora un po'." mormorai prendendo il mento di Justin in modo tale da alzargli il viso. "Non ho ancora deciso nulla e non voglio prendere decisioni affrettate." gli sorrisi come per rassicurarlo.
"Voi due mi farete impazzire" mormorò Pattie abbracciandoci contemporaneamente. "Vado a lavoro, ci vediamo questa sera" disse per poi dileguarsi senza nemmeno aspettare che ricambiassimo il saluto.
"Adoro tua madre" mi allontanai da Justin per timbrare al computer la mia entrata con user name e password.
"Lei adora te" Justin tornò a sistemare le corde ad una chitarra che era appena arrivata. "Sono contento che sia andato tutto bene. Temevo che dopo ieri e l'altro ieri fossero sorte complicazioni"
"Justin, ti avevo chiesto di dimenticare ieri e l'altro ieri" mormorai cercando a mia volta di non pensarci.
"Non so come tu faccia a non pensarci, Afrodite, io se chiudo gli occhi rivedo il momento in cui ti ho presa e.."
"E niente" mi abbassai per arrivare alla sua altezza, gli presi il viso tra le mani e gli accarezzai gli zigomi. La sua pelle era liscia, morbida al tatto, praticamente perfetta. "Justin, non pensarci più. È stato solo un momento di debolezza che non accadrà più. So che non mi farai più del male fisico, voglio crederti quando mi dici che sei dispiaciuto e ti prego, continua a dimostrarlo. Mi fido di te, capito?" gli sussurrai cercando di non pensare ai brividi che il contatto con la sua pelle riusciva a darmi. Il nostro scambio di sguardi fu talmente intenso che tutto scomparve intorno a noi.
Mi fido sul serio? continuavo a chiedermi e sapevo che forse stavo sbagliando, ma non potevo vivere per sempre nella paura che ciò che era successo potesse succedere ancora una volta.
Dopo quelle mie parole, Justin non rispose. Mi guardò serio e avvicinò la sua mano al mio viso. In un primo momento ebbi l'istinto di allontanarmi ma quando mi resi conto che voleva solo accarezzarmi, lasciai che mi toccasse. Chiusi gli occhi sotto al suo tocco delicato, aggraziato, dato quasi con paura. Chiusi gli occhi e lasciai che la sua mano scendesse lungo il mio collo, passò per la spalla, percorse l'avambraccio, raggiunse la mia mano e la strinse. Scariche di elettricità circondarono noi e lo spazio circostante. Eravamo il nucleo dell'atomo che formava la nostra storia un po' pazza, un po' fuori dal comune, la nostra storia inesistente fisicamente ma esistente, segretamente, nei nostri cuori.
Odiavo e amavo il modo in cui mi faceva sentire quel ragazzo dai capelli biondi e gli occhi ipnotici. Lo odiavo perché mi faceva sentire uno schifo, perché mi prendeva in giro, perché si faceva perdonare solo attraverso una stupida stretta di mano ed io ancora più stupida ci cascavo sempre e completamente. Però lo amavo. E lo amavo perché nonostante fosse menefreghista e insensibile, riusciva a rendermi felice anche solo attraverso un sorriso o uno sguardo.

Sta per nascere un..Where stories live. Discover now