12. 'Sì, adesso siamo una famiglia'

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L'aria non troppo fredda di inizio aprile mi picchiettò sul viso, facendomi letteralmente rabbrividire. Camminai piano tenendomi in pancione con una mano mentre con l'altra tenevo la borsa. Justin era a lavoro e mi aveva assolutamente vietato di muovermi di casa dato il mal tempo, ma non ascoltai i suoi consigli perché primo, avevo fame; secondo, mi sentivo piena di energie e volevo camminare e terzo, volevo preparare una cena speciale per Justin dato che non avrei potuto preparargliene altre nei prossimi giorni. Ero agli sgoccioli della gravidanza e a breve avrei partorito, sapevo che quelli che vivevo con Justin erano gli ultimi momenti che passavamo insieme da soli e volevo viverli al meglio. Avevo deciso di partorire col cesareo dato che mi era sembrato più sicuro, mi avrebbero ricoverata due giorni prima -quindi il lunedì successivo- e poi avrei partorito mercoledì undici aprile duemiladiciotto. Mi sentivo troppo su di giri sapendo che nel giro di una settimana sarai diventata mamma.
Mi strinsi nel cappotto quando una folata di vento mattutino mi trafisse le ossa. Era venerdì e Justin avrebbe finito di lavorare alle tre per poi andare con Ryan al negozio dove avevamo ordinato le culle per i gemellini siccome non erano ancora arrivate. Avevo tutto il giorno per cucinare e non mi sembrava abbastanza, ero così impacciata nei movimenti che anche per vestirmi ci mettevo trenta minuti. Avere dentro di sé due bambini non era così semplice come pensavo, ma non mi ero mai fatta prendere dall'ansia o dalla paura di non farcela perché Justin era sempre al mio fianco, pronto a sostenermi. Inoltre, durante gli ultimi giorni riuscivo a respirare di più perché la pancia si era notevolmente abbassata. La cosa che più mi stancava erano le piccole contrazioni che ogni tanto avevo, inizialmente erano lievi ma negli ultimi giorni stavano diventando più frequenti e dolorose. Pensavo fosse normale dato che ero alla fine della gravidanza ed ero decisa ad aspettare due giorni invece di chiamare il ginecologo che, povero, durante gli ultimi mesi mi aveva sentita molto spesso.

Dopo la cena di Natale, io e Justin avevamo deciso di trasferirci al più presto nella nostra nuova casa. Era una villetta accogliente ad un solo piano ma con la mansarda e composta da tre camere, una cucina, due bagni, il salotto che fungeva anche da sala da pranzo, uno sgabuzzino, il garage e un grande giardino. La sentii subito mia. Da quando ci eravamo trasferiti lasciando definitivamente le nostre vecchie vite, mi sentivo tutt'altra persona. Mi sentivo più matura e responsabile, mi sentivo capace e sicura. Era Justin la mia sicurezza.
Avevo deciso di vendere la casa di mia madre ma di tenere tutto ciò che era suo per poter tener vivo il suo ricordo ed ero contenta di questo, perché dopo quella scelta mi sentii subito più leggera. Anche se i miei nonni non erano stati molto d'accordo con la mia scelta, ero io la padrona dell'edificio e decidevo io cosa fare. Loro non mi erano mai stati presenti e, per quanto li volessi bene, avevano un campo d'azione limitato. Mio padre, invece, mi aveva appoggiata e aveva deciso di starmi vicino durante la scelta di ogni mia decisione. Negli ultimi quattro mesi avevamo stretto un rapporto bellissimo, un vero rapporto padre/figlia. Veniva a trovarmi spesso e ogni qual volta mi vedeva, salutava prima i suoi nipoti e poi me. Inutile dire che facevano lo stesso anche Ryan e Chaz.

"Baby?" mi girai di scatto sentendo la voce di Mitchell.
"Mitch!" gracchiai saltandogli al collo.
"Che ci fai qui?" mi chiese chinandosi per darmi un bacio sulla pancia.
"Cosa posso fare in un supermercato?" gli chiesi a mia volta ridendo leggermente. Mitchell mi guardò sbuffando e mi prese sotto braccio.
"Justin uccide prima me e poi te se scopre che sei uscita"
"Casa nostra è dall'altra parte della strada" mormorai, guardando tutto ciò che avevo scritto sulla lista della spesa. "Sono due giorni che non esco. Mi sento chiusa in trappola"
"Lo so, ma sei anche al nono mese di gravidanza e Justin è super in pensiero per te" mi strinse leggermente la mano sorridendomi.
"Non mi sono mai sentita così carica, Mitch. E' una cosa che non posso spiegare! Respiro meglio dopo mesi e mi sento in grado di muovermi per ore. Pensa che stamattina ho pulito tutta la casa e ho anche preparato la borsa che mi servirà quando mi ricovererò. È assurdo, non trovi?" presi distrattamente un pacco di farina dallo scaffale e lo inserii all'interno del cestino che avevo preso poco prima. Cercai di ignorare una contrazione che ebbi alla pancia e anche l'improvviso bisogno di andare in bagno.
"Sì, è assurdo. Penso di non aver mai visto una donna alla fine di una doppia gravidanza che ha voglia di muoversi" mormorò ridendo leggermente. Gli picchiettai il braccio e continuai a camminare sentendo il dolore alla schiena aumentare.
Non dissi nulla a Mitchell che, come Justin, pensava che fosse meglio per me restare a casa. Forse avevano ragione, ma allo stesso tempo non riuscivo ad ascoltarli. Sentivo il bisogno di camminare, non mi faceva pensare alle contrazioni e al mal di schiena, addirittura non pensavo nemmeno alle perdite gelatinose che avevo da un paio di giorni. Mi sentivo frastornata e non parlavo di questo con nessuno, lo avevo accennato solo a Pattie e mi aveva espressamente detto di stare tranquilla perché era assolutamente normale durante quegli ultimi giorni. "Vieni, ti accompagno a casa" mi disse Mitchell porgendomi il braccio che afferrai al volo. Mi prese le buste pesanti dalle mani e, lentamente, mi portò a casa.
"Posso offrirti qualcosa?" gli chiesi entrando in casa e prendendogli le borse che mi aveva gentilmente portato. Le poggiai sul tavolo in cucina e mi girai, trovando il fratello di Ryan indaffarato ad aprire un pacco di patatine. "Come se fossi a casa tua" mormorai scuotendo il capo, senza però smettere di sorridere.
"Questa è casa mia, baby" mi fece l'occhiolino, dopodiché continuò a mangiare.
Mitchell era diventato un po' come il mio fratellino minore, anche se in realtà aveva la mia stessa età. Mi trovavo bene in sua compagnia e mi piaceva tantissimo dargli consigli su come conquistare le ragazze della sua scuola, dato che lui andava ancora a scuola. Ryan, invece, era diventato parte di me, così come lo era diventato Chaz. Erano i miei migliori amici, i miei body-guard, gli zii per eccellenza. Li amavo, ma non come amavo Justin. Be', lui era il mio tutto e basta.

Sta per nascere un..Where stories live. Discover now