🎆 3. Sei mesi dopo

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La Punto blu entrò nel vialetto, urtando, come al solito, lo gnomo da giardino. Quindi si sentì il rumore di un freno a mano tirato bruscamente e la porta del conducente si aprì per far uscire una ragazza e una soffocata imprecazione.

Serena fece il giro per davanti alla macchina, asciugandosi gli occhi offuscati dalle lacrime, quindi raggiunse lo gnomo e gli diede una controllata come se avesse steso un cerbiatto. No, non è che fosse preoccupata di avergli fatto del male, ma se l'avesse rotto avrebbe dovuto ripagarlo e quello sì che avrebbe fatto male, specialmente al suo portafogli. Fortunatamente, a parte lo smacco sulla punta del piede risalente ancora all'ultima volta, era tutto a posto, per cui lo risistemò in posizione eretta e tornò alla guida della Punto.

Percorse tutto il vialetto fino ad entrare nel patio e lì si fermò, indugiando nell'abitacolo con il motore acceso per qualche secondo. Guardava il volante con la vista sempre più appannata, una mano sulla chiave e una appena sotto agli occhi, pronta ad asciugare qualche lacrima sfuggevole.

Alla fine decise che era inutile fingere di stare bene, quindi spense il motore e scese dalla macchina. Nemmeno a dirlo, qualcuno si era già accorto del suo arrivo e le aveva aperto la porta.

"Serena?"

La ragazza faticò a trattenere un singhiozzo; essere lì, sentire certe voci e vedere certi volti le faceva così male che l'immagine del cerbiatto investito di poco prima non era nulla a confronto. Si avvicinò alla porta, senza nemmeno tentare di nascondere il suo malessere.

"Sei solo tu?" domandò alla ragazza sullo stipite e lei, dopo un'occhiata guardinga alla nuova arrivata, annuì.

"Che è successo?"

Serena si limitò a scuotere la testa, gesto che la padrona di casa interpretò correttamente decidendo di farla accomodare: "Entra, dai."

La casa era quella dei Lucich, famiglia rispettata della città, nucleo di quattro elementi che in un modo o nell'altro avevano sempre fatto parte della vita di Serena. C'era Antonio Lucich, il capostipite, rinomato allenatore di rugby all'italiana, ossia il rugby che predicava il fair play, ma la cui struttura intestina era peggio della mafia. Antonio era sempre stato, per usare una metafora, il padrino della società; stimatissimo e temutissimo anche a livello regionale, e a tempo perso, pure avvocato. L'avvocato che aveva seguito il divorzio dei genitori di Serena. Francesca Lucich era la moglie perfetta di Antonio; gran cervello, gran carisma e anche gran fondo schiena. Era la dirigente scolastica dell'istituto che aveva frequentato anche Serena e che tutt'oggi continuava a ricevere premi per mille motivi: Francesca era davvero impeccabile, non solo nel lavoro, ma anche nella vita privata, che affrontava mania dopo mania. Tipo girava la voce che avesse una domestica a cui faceva pulire il divano almeno tre volte al giorno, però shh, nessuno doveva saperlo.

Antonio e Francesca avevano due figli: Sandro e Nicole. Su Sandro, Serena preferiva non dire nulla, addirittura non pensare a nulla, mentre per Nicole era tutta un'altra storia. Nicole aveva ereditato l'intelligenza della madre e la furbizia del padre, ma era anche molto giovane, quindi non incuteva per niente terrore, al contrario dei genitori. Era simpatica; lei e Serena si erano prese a cuore a vicenda, come due amiche e non solo come cognate.

Serena aveva sette anni in più di Nicole, ma non aveva faticato a costruire un legame con lei: aveva una singolare simpatia e una sensibilità che spingeva a dare fiducia. Erano le qualità che l'avevano fatta correre da lei, quel giorno, prima che da chiunque altro, nonostante fosse il suo stesso fratello maggiore la causa di ogni male.

"Siediti, dai, ti porto un bicchiere d'acqua." le disse la ragazza, indicando a Serena il famoso divano delle manie di Francesca.

Erano stati Antonio e Francesca a presentare a Serena il loro scapestrato primogenito, non meno di ben sei anni prima, dopo che i suoi genitori si erano separati e lei aveva confessato all'avvocato di sentirsi molto sola. Così Antonio ne aveva parlato a Francesca e Francesca, che aveva un fiuto naturale per le ragazze a modo e dalle alte performance scolastiche, era stata più che felice di accoglierla in famiglia per alzare il livello di miserabilità della sua prole. 

Invischiati per le festeOn viuen les histories. Descobreix ara