lo scaffale

10 0 0
                                    

Era arrivato il momento di escogitare qualcosa.
Non poteva restarsene lì inerme, il tempo scorreva e Ginny aveva sete.
La ragazza decise quindi di scoprire su quale supporto fosse legata e così iniziò a dondolarsi sui fianchi ,spingendosi prima a destra, poi a sinistra. Era una banalissima sedia scricchiolante.
Questa notizia le apriva chiaramente due strade di pensiero:
da un lato pensava di poter riuscire in qualche modo scappare dato che evidentemente il suo rapitore non doveva essere un grande esperto né un accanito omicida bensì una persona abbastanza comune non abituata a questo genere di cose. Riuscì infatti facilmente a ribaltarsi sul pavimento, per poi iniziare a strisciare al fine di trovare un qualcosa, qualsiasi cosa di fronte a lei.
D'altra parte,il pensiero che il rapitore fosse una persona comune la portava a riflettere sul motivo che egli o ella aveva avuto per farle una cosa simile; poteva trattarsi dello psicopatico di turno incontrato alla festa , o trovato per strada per puro caso durante il ritorno. O peggio: gli occhi erano spalancati nel buio, e l' agghiacciante sensazione che Ginny ebbe in quell'istante la spinse a sospettare che si trattasse di una persona molto vicina a lei, un conoscente che per un motivo o per un altro l'aveva incastrata e trascinata lì per fargliela pagare. Ma chi sarebbe mai arrivato a tanto? Gli screzi compiuti da Ginny e le sue amiche negli anni, avevano portato a rischiare la loro stessa vita in più occasioni, ma raramente a compromettere quella altrui. C'era stata quella volta in cui decisero di rubare al vicino casse ed amplificatori per poter dare una festa non autorizzata a casa propria, con fiumi di alcool e musica fino a tarda notte, finendo quindi con la polizia alla porta a scusarsi, pregando loro di non avvertire i propri genitori. C'era stata invece quella volta in cui Ginny aveva scavalcato i cancelli che circondavano la casa sulla spiaggia di una persona molto facoltosa,solo per poter bere champagne nella sua piscina. Scott era con lei ed insieme avevano deciso di tentare una di quelle follie epiche da poter raccontare agli amici. Ma questi ed altri motivi ancora, non sembravano di rilevanza tale da spingere qualcuno a rapirla,legarla al buio per ore ,mezza nuda, al freddo.
Era a terra e cercava qualcosa che potesse aiutarla a liberarsi, anche una scheggia o un pezzo di ferro, così aveva visto nei film.
Il pavimento le sembrava molto vecchio,era ruvido e polveroso, l'odore era di fogna. Sentiva solo delle gocce battere a terra una alla volta ,ritmicamente, evocando da un angolino un suono che rimbombava nella stanza. Cercò di dirigersi in quella direzione nella speranza di scorgere uno spiraglio nel soffitto che le mostrasse dove si trovava. Ma pur continuando a strisciare con l'aiuto del braccio, sembrava non arrivare mai da nessuna parte. Quel corridoio sembrava infinito e vuoto. Il terrore iniziò dopo poco ad impadronirsi di Ginny: quella sensazione di panico , di rischio non l'aveva mai coinvolta prima a tal punto. Non sapeva come gestire se stessa, oltre a gestire la situazione in cui si trovava. Pianse a lungo e per Ginny questa non era una cosa semplice. Odiava piangere, odiava dover accettare una parte di se così fragile ed insicura. Non lo era. Non avrebbe dovuto lasciarsi andare e così, smise di colpo e continuò a scalciare con i piedi legati spingendosi davanti e di lato.
La sua testa colpì qualcosa.
Era come uno scaffale in legno sul quale sembravano poggiarsi diversi elementi in metallo che, al movimento del supporto, stridevano urtandosi fra loro. Forse si trovava in un'officina o in un garage. Forse era stato davvero il vicino. Non si può mai dire cosa sia nascosto all'interno della psiche di una qualsiasi persona. Poteva trattarsi di uno psicopatico, anche se non se ne era mai resa conto. Era così gentile nonostante quanto avesse subito a causa sua negli anni, Franco era un adorabile signore sulla cinquantina dai capelli ricci e chiari, una persona molto a modo e soprattutto molto tradizionale. Viveva da solo, sua madre era morta da poco e non era riuscito ancora a trovare la persona giusta con cui costruire una famiglia.Ma forse non ne voleva una, probabilmente era sempre stato uno psicopatico e stava progettando tutto ciò da svariato tempo.Ginny si stava convincendo di ciò.
Erano passate delle ore e la ragazza oramai stanca, oltre che a colpire in tutti modi possibili quello scaffale non era riuscita ad ottenere altro. Aveva provato a tirarsi su per prendere qualcosa , ma una serranda sembrava coprire interamente il contenuto di quelle mensole.
Tutto ad un tratto un lontano rumore di passi sembrava frastornarle i timpani: erano sempre più vicini e sembravano battere su un fondo bagnato. Non credeva di trovarsi nel garage di Franco, a meno che non avesse un altro luogo nascosto , remoto così putrido e disgustoso, magari lontano da casa sua ; magari non era suo,era solo un sotterraneo abbandonato. Ginny vedeva soltanto il buio davanti a se.
Il rumore di una chiave che si inseriva nella filettatura di una porta e poi lentamente girava facendo scuotere tra loro le altre chiavi del mazzo, la travolse con un lungo brivido lungo la schiena. La porta si aprì , ma Ginny non vide alcuna luce:
la sagoma di una persona alta e abbastanza robusta parve chiara alla ragazza solo nel momento in cui questa accese una torcia dalla luce labile, che non le consentiva di vedere altro. La nuova presenza si avvicinò ed osservò Ginny accasciata sul pavimento per qualche secondo,impassibile.
Dalla bocca di Ginny uscivano soltanto dei suoni distorti, confusi, come stesse implorando pietà al suo rapitore ; in realtà avrebbe voluto soltanto dire: " Chi cazzo sei".

Il confronto Where stories live. Discover now