21.

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«Aprite questa cazzo di porta!». Tuonai, con un braccio di Dantalian posato sulle spalle e l'altro su quelle di Rut, dopo il viaggio in macchina più veloce che avessi mai affrontato.

La porta si aprì un secondo dopo, con la testa di Med che sbucava da dietro di essa, e lo superammo in fretta per portare Dantalian sul divano. Rut cominciò a togliergli di dosso i vestiti, tenendogli solo le mutande, e si risolve a Ximena.

«Prendi degli asciugamani e bagnali con l'acqua più ghiacciata che il lavandino riesce a darti». Lei corse via, al piano di sopra, e lui si rivolse a me.

«Dobbiamo abbassargli la temperatura prima di tutto».

Annuii, mentre cambiavo i guanti neri che aveva portato Rut per non venire a contatto con il veleno e me ne infilavo un paio nuovi di zecca, usando un panno per lavare via quello che restava dal suo corpo ormai quasi pulito. Il grosso lo avevamo tolto appena era arrivato in nostro soccorso.

Med prese i guanti e qualsiasi cosa fosse venuta a contatto con la sostanza verde, usando sempre dei guanti. «Vado a bruciarli».

Annuii ancora una volta, non riuscendo a fare altro, con la mente annebbiata dal panico e Rut lo notò, per cui si avvicinò a me e mi strinse una spalla.

«Ehi». Si abbassò leggermente per potermi fissare con i suoi occhi blu cobalto, così diversi da quelli che avrei voluto vedere. «Andrà bene».

«Sì, andrà bene». Ripetei, ancora all'interno di quella nebbia spaventosa.

Prese il telefono e si allontanò, mentre Ximena tornò da noi e mi passò gli asciugamani fradici e molto freddi per Dantalian.

Li presi, iniziando a tamponarli sulla sua fronte bollente e madida di sudore, aggrottata per via del dolore che sapevo stesse provando perché lo sentivo, rinchiuso in una stanza che non avevo intenzione di aprire per non permettergli di rendermi debole. Lo lasciai lì, posato sulla sua pelle, nella speranza che potesse raffreddare la sua temperatura troppo alta perfino per un demone e mi occupai di tamponare il resto del corpo con gli asciugamani rimasti.

«Vanne a fare altri, per favore». Sussurrai.

Ximena annuì, più in panico di me, e corse di nuovo sù, nell' esatto momento in cui Rut tornava da me con il telefono ancora poggiato sull'orecchio. «Okay, lo faremo. Tu sbrigati però!».

Posò il telefono in tasca e venne al mio fianco.

Mi irrigidii. «Che succede?».

«Tutto okay, sta arrivando la strega che lo salverà».

Dopo una mia occhiata scettica, si affrettò nello specificare. «È una mia amica, è fidata. Mi ha detto che non dobbiamo assolutamente farlo dormire».

Buttai fuori l'aria che non mi ero resa conto di trattenere e mi voltai verso il viso sofferente e sudato del mio demoniaccio, che mai avrei pensato di vedere disteso su un divano, nel sottile filo tra la vita e la morte, dopo avermi salvato per la milionesima volta.

Mi ero resa conto in auto che si era sacrificato, per me, per non essere io quella al suo posto in questo dannato divano, a soffrire e a combattere. Con la maggiore delicatezza che potevo trovare in me, mi avvicinai.

«Dantalian».

«Mh». Emise un verso a malapena udibile.

Gli accarezzai i capelli scuri. «Dantalian, devi stare sveglio». Scosse la testa con lentezza, come a dire che non poteva riuscirci. «No Dantalian, devi farlo. Non mi interessa se è difficile, devi combattere, è chiaro?». Voltò la testa dal lato opposto e lo presi come un ulteriore negazione. «Dantalian-».

FatumWhere stories live. Discover now