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Canzone consigliata:
Saturn - Sleeping At Last

Erazm

Un tempo amavo il silenzio.

Era il mio compagno di vita, ciò che cercavo durante le mie giornate, uno dei motivi per cui amavo essere un ragazzo solitario.

Poi avevo incontrato mia sorella, con cui anche il silenzio parla, e avevo imparato ad amare il suono della sua voce, la sua risata dolce, le sue battutine sempre pronte e l'affetto che io le avevo insegnato a mostrarmi.

Adesso che lei non c'era più il silenzio era ciò da cui scappavo, perché era in quel momento che la risentivo, come un eco nella mente che non mi lasciava. Un eco che mi spezzava da dentro.

Mi alzai di scatto, con una rabbia cieca che mi esplodeva dentro.

Dopo la sofferenza iniziale, la rabbia era sempre il secondo passo, il modo in cui la mente si occupava di proteggere il cuore. E io volevo, dovevo, sfogarla con l'unica persona che lo meritava.

Perché lo avevo promesso ad Arya, perché lo avevo giurato quando mi aveva salvato, che l'avrei protetta fino al suo ultimo respiro. E invece, ancora una volta, era stata lei a salvare me.

E questo mi uccideva, l'idea di non aver potuto portare a termine il mio compito, mi uccideva.

«Io ti ammazzo!». Tuonai, spingendo con forza quel ragazzo dai capelli neri e gli occhi gelidi, ghiacciati come il suo colore, che ci aveva rovinato la vita da quando aveva poi iniziato a farne parte.

Indietreggiò di qualche passo, con una smorfia sul volto. Sembrava quasi addolorato dal senso di colpa ma era tutta una bugia. «Erazm, io-».

«Tu?». Urlai. «Tu ci hai rovinato la vita!».

Gli mollai un calcio sullo stomaco, facendolo piegare di scatto in due.

Grugnì di dolore, ma non ricambiò l'attacco. «Mi dispiace, vorrei poter tornare indietro e-».

«Avresti dovuto pensarci prima! Quando la guardavi negli occhi mentre le sorridevi e le accarezzavi il volto, sapendo che saresti stato la causa per cui sarebbe diventato pallido e freddo!».

Il dolore di quella frase mi spezzò ancora di più, mentre gli mollavo un altro calcio sullo stomaco.

Cadde in ginocchio e, anche in quel momento, non ricambiò.

Scosse la testa fermamente, sgranando gli occhi. «Da quando ho capito che fosse lei la donna di cui la maledizione parlava, ucciderla o farle del male era il mio ultimo scopo, lo giuro!».

Alzò le mani, con lo stesso dolore che provavo io liquefatto nello sguardo di ghiaccio. «Te lo giuro, Erazm, avrei trovato un modo per uccidere Baal e lasciare vivi tutti voi. Non le avrei mai fatto qualcosa del genere».

«Non ti credo, Dantalian». Storsi il naso, schifato dal suo comportamento. «Hai fatto la cosa peggiore che si possa fare ad una persona: mentre lei ti amava, tu pensavi a creare il piano per ucciderla».

Si mostrò sfinito, con le spalle ricurve e lo sguardo vitreo. «Non è così. Mentre lei mi amava, io ero in cerca del modo con cui avrei reso il nostro destino possibile. Sarei andato perfino in paradiso, da Dio, per bruciare quella dannata pergamena e riscrivere il nostro fatum, pur di averla al mio fianco».

Alzai il mento. «Tu sapevi che si sarebbe sacrificata?».

«No!». Mi guardò sbigottito. «Se l'avessi saputo, non le avrei neanche permesso di mettere piede fuori dal nostro hotel. Ecco perché mi piace essere un cattivo, Erazm».

FatumWhere stories live. Discover now