26.

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«Ragazzi». Ximena si schiarì la voce, mentre ci voltavamo tutti verso di lei, occupata a scendere le scale. «Posso chiedervi una cosa?».

Alzai un sopracciglio, curiosa di ciò che doveva dire.

«Certamente».

Gli altri annuirono alle mie parole e lei si avvicinò, torturandosi le dita con i denti.

Abbassò lo sguardo. «Vi ricordate quando, in Sicilia, Rut ha proposto di cantare quella canzone nel bel mezzo del giardino e poi abbiamo dormito lì fuori, a guardare le stelle?».

«Sì». Med si mostrò confuso, esattamente come tutti.
Lei si limitò a fare un sorriso timido. «Mi chiedevo se vi andasse di rifare una serata simile, a cantare qualche canzone, guardare le stelle e dormire fuori».

«Per noi non ci sarebbero problemi, ma tu sei per metà umana e patisci il freddo come loro. Lì fuori ci saranno solo dieci gradi al massimo». Rut aggrottò la fronte. «Non voglio farti venire l'influenza».

Sussurrai qualcosa come "che carino, ti preoccupi per lei" con tono cantilenante e mi alzai per andare a prendere ciò che poteva salvare il desiderio di Ximena.

Quando tornai, iniziò a saltare entusiasta. «È la soluzione adeguata?».

Erazm sorrise. «Sei un genio».

Rut si alzò, sfregando i palmi tra di loro a velocità e iniziò a salire le scale. «Io mi occupo di trovare la maledetta cassa Bluetooth!».

«Io prendo le coperte e i cuscini». Med salì le scale come un fulmine.

Ximena indicò Erazm con un gesto della testa. «Noi due ci occupiamo di prendere della legna per fare un piccolo falò».

«E di trovare un accendino perché non ho intenzione di fare il troglodita medievale!». Erazm la seguì e io ridacchiai per quella frase.

Il mio sorriso si spense quando finì su Dantalian. «Immagino che noi due dovremmo occuparci delle tende».

«A quanto pare». Alzò le spalle. «È stata una scelta tua».

Camminò in direzione del retro della casa, in quel cortile molto meno bello del giardino che avevamo in Sicilia, ma abbastanza accogliente, con le sue pietre incastonate sul terreno, delle siepi attorno all'intera casa per non far vedere l'interno, molti fiori sui vasi attorno al contorno e un dondolo a tre posti beige.

Montare le tende da campeggio non erano esattamente la cosa più facile da fare, con le istruzioni quasi incomprensibili date in dotazione e la difficoltà di non sapere quale pezzo incastrare con un altro.

Con le mani tentativo di tenere la parte di tessuto lontana dai perni che Dantalian doveva incastrare, ma era tutto reso difficile dal fatto che la tenda si auto chiudesse da sola. Allargai le gambe per mettere un po' più forza sulle mie braccia, sperando di riuscire finalmente a tenere aperta la tenda.

Neanche a dirlo, il massimo che riuscì a resistere fu circa un minuto, prima che si chiudesse di scatto e ci ritrovassimo a terra dopo aver perso l'equilibrio.

Il mio corpo era sopra quello di Dantalian, con le gambe sul suo petto e la faccia sulle sue ginocchia, una posizione veramente ambigua e scomoda.

«Dio mio!». Urlai. «Ci vuole una laurea per montare la tenda da campeggio!».

Il suo sguardo si spostò dal suo corpo al mio, poi alla mia faccia e poi alla tenda sotto di noi. Senza il minimo preavviso, iniziò a ridere a crepapelle. «È-». Non riuscì a pronunciare parola.

Aggrottai la fronte. «Ma che diavolo ti prende?».

«È-». Si tenne la pancia dal troppo ridere. «È stato troppo divertente vederti in quel modo!».

FatumWhere stories live. Discover now