34.

9.8K 588 174
                                    

Canzone consigliata:
Chasing  Cars - Sleeping At Last

Dantalian

«Arya!». Urlai, inginocchiandomi vicino al suo corpo steso per metà a terra, tra le braccia di suo padre quasi in lacrime, se avesse l'onore di poterle fare straboccare.

Scossi la testa come un forsennato, con le mani occupate a scuoterla per farla risvegliare, per farle aprire quei occhi così pieni di luce da aver illuminato perfino la mia oscurità.

La mia luce si stava spegnendo e per la prima volta mi resi conto di avere un cuore, perché adesso al suo posto sentivo il vero vuoto.

Quando i suoi meraki iniziarono a prendere delle vere sembianze animali, staccandosi dal suo corpo e diventando creature a metà tra il mitologico e l'infernale, seppi che non c'era più niente da fare. Si drizzarono, pronti a combattere fino all'ultimo esile respiro di Arya, morendo poi con lei, e si scagliarono contro alcuni Moloch.

Una prova in più che mi fece capire che quelli erano i nostri ultimi momenti che il destino ci concedeva.

Beelzebub mi dedicò un' occhiata di puro odio, spostando lo sguardo tra me e la battaglia dietro di noi, fino al momento in cui non spinse il corpo debole di Arya all'interno delle mie braccia.

«Non mi piaci, per niente, ma dalla tua sofferenza posso intendere il fatto che ti sia almeno pentito».

Puntò lo sguardo sui Moloch e su Baal. «Per questo motivo tu starai qui, fino al suo ultimo respiro, mentre io e gli altri ci occupiamo di radere al suolo ogni creatura in questo luogo. Mia figlia non si sacrificherà invano».

Mentre il suo corpo rigido si allontanava verso l'ulteriore battaglia in corso alle mie spalle, io strinsi la mia luce al petto fino a soffocarla.

Volevo soffocarla con il mio amore, farle capire che qualcuno oltre suo padre ed Erazm la amasse, che la amavo così tanto da decidere di mettermi contro mio padre, così tanto da mandare il mondo terreno in fiamme pur di salvarla.

La osservai con occhi lucidi, sentendo la gola bruciare di un emozione a me nuova, ma terribile.

«Dan-tal-ian». Mormorò piano, per quanto il suo dolore glielo permettesse.

Le accarezzai le guance, la schiena, i capelli, con la speranza di frenare il suo dolore, di mettere in mezzo una diga e farlo smettere.

Non potevo. «Ehi, sono qui. Sono qui con te, non vado da nessuna parte, mai».

Sbatté le palpebre più volte. «Ora- sono-». La sentii deglutire a fatica. «forte».

Ci misi un po' a capire, prima che la conversazione avuta tempo prima mi tornasse in mente come un fulmine a ciel sereno.

«Una volta un mio amico mi ha detto che essere forti significa accettare le nostre debolezze, accettare che abbiamo bisogno di qualcosa», avevo detto quel giorno, costringendola a guardarmi.

«Tu sei entrambe per me. Tu sei forte, Arya?», poi le avevo chiesto. E lei aveva trattenuto il respiro con forza, prima di rispondere di no.

Il mio cuore non aveva mai pesato più di così. «Hai visto...».

Il mio corpo venne scosso dalla gelida paura. «Sei crudele, Arya Buras, te l'ho sempre detto. Mi stai lasciando da solo, senza la mia luce, senza il mio sole».

Dovetti sussurrare quelle parole, perché le mie corde vocali non erano più in grado di superare quel tono di voce senza tremare.

Volevo farla ridere, solo per sentire ancora un ultima volta quella melodia celestiale, quel tono di voce che mi gonfiava il cuore di orgoglio, perché non ero pronto a capire di non poterla più ascoltare.

FatumDove le storie prendono vita. Scoprilo ora