CAPITOLO 18 - NUOVA VITA

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Iris quel mattino si svegliò con il battito cardiaco accelerato e madida di sudore. Avrebbe voluto affermare che il suo era solo un incubo e che nulla di ciò che aveva sognato era reale, ma sarebbe stata un'inutile menzogna. Si era ancora addormentata leggendo il diario di Zia Emma e aveva visto delle immagini mostruose durante il suo agitato dormiveglia. Ora conosceva buona parte della sua storia, aveva visto con i suoi occhi l'orrore dell'attacco al Castello, ma soprattutto il sacrificio di zia Emma. Aveva un altro figlio, il soldato che quella notte l'aveva risparmiata. Iris rifletteva a quanto accaduto e si domandava se la zia con il suo intervento avesse semplicemente sventato un tentativo di rapimento.

Come potrebbe essere umano un soldato della Tetra Armata?  Il suo era forse stato un gesto di compassione? No, è zia Emma che mi ha salvato. Forse lui mi avrebbe consegnato a Ulktor in persona.

La giovane si mise a sedere e scostò il lenzuolo. Zia Emma e i suoi segreti, zia Emma e le sue bugie. Zia Emma e il suo dolore. Cercò di scacciare quel pensiero, doveva calmarsi e pensare a lei e a casa non l'avrebbe aiutata.

Era sola nell'appartamento, Candice era sempre a lezione all'Accademia a quell'ora. Iris viveva con lei da poco più di un mese e dormiva nel divano letto che ripiegava ogni mattina per non dare fastidio, nonostante l'amica le avesse detto che non ce n'era bisogno. Quello di Candice era davvero un appartamento a sua immagine e somiglianza, la sua passione si rifletteva in ogni dettaglio. I cuscini del divano di ogni colore, forma e dimensione, le tende multistrato, le stampe eccentriche che ricoprivano le pareti, tutto aveva un senso dietro quella apparente confusione. 

Vi era inoltre un piccolo angolo della cucina dove l'amica dava vita alle sue idee, approfittando della luce che filtrava dall'enorme porta finestra che dava accesso a un simpatico balcone pieno zeppo di materiale creativo accatastato a casaccio. Vi erano cavalletti, telai e vecchie latte di colore ormai arrugginite.

Iris ammirava tutto ciò da lontano, aveva raramente toccato un pennello in vita sua. L'immaginazione di sicuro non le mancava, ma ciò che la frenava era il pensiero di condividere il suo mondo interiore con qualcuno. Il corso d'arte a scuola era sempre stato un supplizio, perché la ragazza aveva un blocco che non riusciva a superare. Aveva conosciuto Candice proprio durante una di quelle ore di tortura. La ragazza avendola vista in difficoltà aveva preso posto accanto a lei e con il suo sorriso contagioso l'aveva incoraggiata a concentrasi sul divertimento che poteva scaturire dalla sperimentazione di tecniche e materiali. Avevano legato così molto naturalmente come due adolescenti qualunque davanti a una serie infinita di disegni mal riusciti. Candice era stata la sua prima vera amica.

Zia Emma aveva sempre imposto alla nipote una sorta di barriera emotiva, probabilmente nel tentativo di proteggerla dal mondo. Iris doveva essere discreta, silenziosa, non vestire mai in modo appariscente. Le aveva insegnato a nascondersi dietro ai finti sorrisi e alla riservatezza. Ora però la ragazza iniziava a pensare che forse essere vulnerabili non significava per forza essere deboli. Aveva voglia di cadere, rialzarsi, sperimentare e sbagliare.

Iris prese inconsciamente una matita e si mise seduta al tavolo da disegno di Candice, la sua mano iniziò a vagare sul foglio bianco, lasciandosi guidare dall'immaginazione, creando linee e forme morbide. I tratti si fecero via via più precisi, fino a quando Iris si sentì stordita davanti a quello scarabocchio. La giovane posò la matita, prese il disegno tra le mani per guardarlo più attentamente. Era una figura completamente nera, impossibile distinguere alcun tratto del suo viso. Il suo cuore accelerò il battito in maniera fastidiosa e un pensiero fugace le attraversò la mente.

Era turbata, così prese quello schizzo, lo appallottolò e lo gettò nel bidone li accanto. Doveva smetterla di pensare alle pagine di quel diario.

Tornò in salotto, aprì la finestra e prese una boccata d'aria.

Forse dovrei tornare a casa o semplicemente scriverle.  Probabilmente una lettera sarebbe più prudente.

Iris era finalmente libera, ma non riusciva a godere appieno di quella sua indipendenza. Si sentiva adulta, perché aveva trovato un lavoretto, stava imparando a gestire un piccolo budget e soprattutto ad adattarsi, ma assurdamente si sentiva persa e sola, senza l'ala protettiva di zia Emma.

La ragazza aveva iniziato a versare una parte di affitto, grazie allo stipendio che guadagnava come cameriera nel locale dove già lavorava l'amica nel weekend per pagarsi gli studi.

L'Eden era un birreria simpatica dalle tavole e le sedie di legno, frequentato quasi esclusivamente da giovani che frequentavano la stessa Accademia di Candice. Era luogo di ritrovo di aspirati artisti e si respirava un'aria di leggerezza, proprio ciò di cui aveva bisogno Iris. Non era a suo agio con la gente, ma faceva del suo meglio per essere sorridente e meritarsi la paga. Gli sguardi dei ragazzi la mettevano sempre a disagio, ma cercava di convincersi che fosse solo a causa della rigida educazione di zia Emma. C'era però un cliente in particolare che la infastidiva con le sue occhiate e i suoi apprezzamenti impertinenti, il ragazzo allampanato che aveva incrociato la sera del suo arrivo in città.

La vita di Iris trascorreva senza troppe difficoltà, ma la sua prima festa in maschera all'Eden ebbe il potere di mandarla in crisi. La ragazza era di turno al locale, ma avrebbe dovuto trovare un travestimento. Non aveva mai partecipato ad alcuna festa, era una situazione completamente nuova per lei. Ciò che la preoccupava di più era la scelta del capo da indossare, aveva poche idee e pochi soldi. Si confidò con Candice e questa si offrì con entusiasmo di aiutarla a trovare qualcosa di adatto all'evento nel suo immenso armadio senza spendere un centesimo. Per fortuna le due ragazze facevano all'incirca la stessa taglia.

Dopo un pomeriggio di prove, Candice si convinse di aver trovato la tenuta perfetta. Iris si infilò gli stivali neri e si alzò dal letto diretta allo specchio.

<<Ecco ora sei perfetta>> disse l'amica su di giri battendo le mani.

La ragazza avanzò incerta per poter finalmente esaminare il frutto di più di un'ora di tortura sotto le grinfie dell'amica. Candice l'aveva truccata, pettinata e vestita come se fosse una bambola e sembrava davvero fiera del risultato.

Iris squadrò il suo riflesso da capo a piedi e faticò a riconoscersi nella figura longilinea di fronte a lei. Una sconosciuta, fasciata in un provocante corsetto nero e rosso e un paio di attillati pantaloni in pelle ricambiava il suo sguardo sconcertato. La ragazza strabuzzò gli occhi, non riusciva a credere a ciò che vedeva. Non si era mai accorta di avere una vita così stretta e delle gambe così lunghe. Arrossì e imbarazzata si morse il labbro inferiore. Si vedeva per la prima volta bella.

Zia Emma aveva sempre fatto in modo che passasse inosservata, sconsigliandole capi d'abbigliamento troppo femminili e solo di fronte ai suoi ribelli ed appariscenti capelli rossi si era arresa. Quando era piccola glieli tagliava corti corti da maschietto, Iris odiava quel taglio così anonimo e crescendo, dopo tante suppliche, era riuscita ad arrivare a un compromesso con la zia. Avrebbe potuto farli crescere, ma avrebbe dovuto tenerli  legati in una ordinata coda di cavallo. Da quando il branco era entrato nella sua vita, aveva deciso di non sottostare più a quella stupida regola, non aveva più cercato di domarli. Zia Emma non perdeva occasione di osservarla con le sue labbra increspate e il suo sguardo severo, ma lei rispondeva con un sorriso di sfida. La sua chioma rossa cresceva libera e selvaggia, proprio come lei.

Per quanto riguardava l'abbigliamento, fino ad allora Iris aveva indossato jeans, magliette, felpe sformate e comode scarpe da ginnastica, ma forse era arrivato il momento di cambiare anche quella abitudine e disfarsi dei vecchi vestiti e della sua corazza.

Candice le porse una mascherina nera e un cerchietto con orecchie da gatto per completare il suo look.

Se solo tu potessi vedermi zia.

<<Aspetta, devi togliere il ciondolo>> disse Candice.

<<No>> disse poggiando la mano sul suo medaglione. <<Questo no>>.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now