Persefone e Ade

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«Che nessuno osi solo guardare mia figlia!» esclamò Demetra appena arrivò assieme a Persefone nella sala del Consiglio degli dei dell'Olimpo.
Persefone quel giorno si era messa il suo chitone più bello. Esso, di un pallido azzurro cielo, le fasciava delicatamente il corpo aggraziato e dalle generose curve seducenti, fluttuandogli attorno alle lunghe gambe.
Aveva lasciato che i capelli le venissero acconciati dalle abili dita delle ninfe più brave dell'Antica Grecia e si era messa i gioielli più preziosi che aveva nel suo scrigno. Erano gli oggetti di cui andava più fiera. Collane tempestate di rubino prezioso che si riflettevano sui suoi scarlatti capelli, fermati da fermagli d'oro e argento.
In altre parole, non si poteva non guardare Persefone.
Erano presenti tutti i dei più importanti dell'Olimpo oltre a varie divinità minori e, tra sposati e non, c'era un notevole numero di dei maschi che avrebbero voluto entrare nelle innocenti grazie della giovane prediletta di Demetra. Ma ad uno sguardo furioso della madre, tutti distoglievano lo sguardo, provando a non scappare a gambe levate.
Hermes volò letteralmente via con i suoi sandali alati.
Gli dei dell'Olimpo si riunivano ogni anno durante il solstizio d'estate per festeggiare il giorno più lungo dell'anno.
Elio, il titano del sole, era intento a fare gli straordinari nel cielo causando un gran divertimento tra i grandi dei.
I titani graziati dalle punizioni fisiche erano costantemente derisi e trattati peggio degli umani dagli dei vincitori e non si sapeva cosa fosse peggio.
Quando si diceva tutti i dei, significava proprio tutti e quindi anche il temuto Ade, dio degli Inferi, sarebbe giunto in cima all'Olimpo.
Persefone ne aveva sentite molte su Ade. Se ne stava sempre in quel posto tetro e buio a contare i morti, in compagnia delle creature più brutte mai esistite e ai lamenti di suo padre Crono, provenienti dal profondo Tartaro.
Doveva fare una vita assai orribile. E per di più era mal voluto da tutte le altre divinità.
Persefone si stava godendo le attenzioni dei presenti quando la presenza di Ade venne percepita da tutti.
Non era lo stesso freddo che si sentiva nei d'intorni di Borea, dio del vento del nord, era un freddo che veniva da sotto pelle. Un freddo da pelle d'oca.
Al centro della sala esplose una nuvola di fumo nero che creò un certo scompiglio tra i presenti.
Quando esso si diradò, Persefone riuscì a scorgere un uomo.
Era avvolto completamente da un mantello lungo e nero che gli copriva dalla testa ai piedi. Sembrava fatto di oscurità pura e si muoveva come se avesse vita propria.
La figura incappucciata liberò il proprio volto per mostrarlo ai presenti.
Una lunga chioma argentea brillò inaspettatamente sotto quel cappuccio nero.
La figura si voltò verso il trono principale, dove l' imponente sagoma di suo padre Zeus si era messa in piedi.
«Fratello. Buon solstizio d'estate.» disse l'uomo.
«Ade, fratello mio. È un piacere averti qui con noi. Goditi la festa!» esclamò il dio dei cieli particolarmente di buon umore.
Dopodiché le attenzioni si dispersero e tutti tornarono a chiacchierare e divertirsi.
Persefone perse di vista il nuovo arrivato, ma era proprio curiosa di vederlo con i propri occhi.
Riuscì a scovarlo mentre si allontanava dalla sala principale.
Lo seguì, spostando la tenda rossa che gli bloccava la vista.
Ade percorse un vuoto corridoio sorretto da bianche colonne marmoree e si fermò solamente quando giunse su un praticello deserto con al centro una fontana. Essa era sormontata da una statua di suo padre con la sua folgore in mano in tutta la sua nuda potenza.
«Perché mi hai seguito?» chiese Ade senza nemmeno voltarsi.
«Volevo conoscerti.» rispose Persefone senza esitazione.
A quel punto Ade si voltò verso di lei e Persefone rimase senza fiato.
Avevano sempre descritto Ade come un essere cupo e ombroso, inquietante e orribile. L'immagine che Persefone si era fatta di lui era una figura scheletrica dai capelli neri e un sorriso sadico, magari con un naso adunco e i denti marci. Ma Ade non era affatto così.
La chioma argentea di Ade era già di per sé una novità per Persefone, ma la realizzazione che avesse un volto così bello era ancora più sorprendente. Poi gli occhi. Non erano assolutamente abissi neri senza fondo. I suoi occhi erano di un rosso scarlatto che sembrava bruciare da dentro.
«Nessuno vuole conoscere il dio degli Inferi.» dichiarò lui.
Persefone arrossì senza una buona ragione.
«Sei la figlia prediletta di Demetra. Cosa ci fai così lontano da lei? Non è sicuro stare qui.»
«Perché? Dove ci troviamo?» chiese lei timidamente.
«Non è il luogo in sé a poter esser dannoso. Ma la persona con cui stai parlando. Non mi piace molto parlare con la gente. La gente viva.» precisò «Quindi ti chiederei di andartene e lasciarmi solo.» affermò Ade dandole di nuovo le spalle.
«Perché non permette a nessuno di avvicinarsi a lei?» chiese Persefone incuriosita e per nulla spaventata.
Non c'era nulla in questo mondo che la potesse spaventare. Lei era la figlia di Demetra e Zeus in fin dei conti.
«Basta guardarmi per capirlo, giovane dea.»
Dietro quelle parole Persefone sentiva una gentilezza che non aveva mai percepito in alcun dio. Normalmente, le divinità dell'Olimpo erano caratterizzate dalla fierezza, potenza e una sorta di crudeltà. Era rarissima la gentilezza o la pietà.
Ma in Ade c'era qualcos'altro. Una profonda tristezza. Una solitudine incompresa. Un buio che aveva un forte bisogno di luce. E tutto ciò Persefone lo percepiva chiaramente.
«Mi faccia vedere, allora.» sussurrò Persefone.
Lo sguardo scarlatto di Ade si posò nuovamente sull'innocente volto della dea protetta dalle angherie del mondo. Una dea così pura che non sapeva cosa fosse l'oscurità, la vera malvagità, la forma più naturale della crudeltà.
Negli occhi di Ade si accese uno sprazzo di interesse, un'interesse alimentato dalla curiosità di vedere una macchia di nero nel bianco. Un' interesse alimentato dalla corruzione che aveva sempre visto in molte anime maledette dei suoi Inferi.
Per la prima volta dopo tanto tempo, sul meraviglioso volto di Ade comparve un sorriso.
«Fatti trovare nel prato di primule gialle al calar della notte fra sedici lune e sette soli. Quel giorno ti farò vedere tutto ciò che vorrai.» dichiarò Ade. Poi scomparve in una nuvola nera.

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