Capitolo 1

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Una sensazione di pace mi attraversava tutto il corpo. Faceva freddo. Ma era un freddo piacevole, come quando si beve una bevanda ghiacciata in piena estate: ti si riempiono i polmoni di una brezza impetuosa, che cerca di scacciare via il caldo afoso tendente ad appesantirsi secondo dopo secondo. Perdendomi nei pensieri mi accorsi che al freddo si stava sostituendo un bruciore al petto che si stava facendo sempre più intenso.

Ancora qualche secondo.

Ancora qualche secondo.

Poi allo stremo delle forze mi lasciai andare in superficie. Non appena emerse la mia testa dall'acqua inspirai energicamente. Vita nuova si diffondeva nel mio organismo e mi sentivo come purificato. Mi avvicinai al bordo vasca e fermai il cronometro: 3 minuti e 28 secondi. Rimasi un po deluso, di solito resistevo molto di più. In realtà non mi importava molto del tempo, la cosa essenziale per me era immergermi e sentirmi tutt'uno con l'acqua. Mi faceva sempre stare bene e dava un risvolto positivo alle mie giornate. Però da quando Jake ha assistito per la prima volta ad una mia immersione ha insistito affinché annotassi i miei risultati.

"Pensaci amico, potresti battere i record mondiali!!" aveva esclamato entusiasta "Sarò io il tuo coach, così diventeremo famosi insieme!!" peccato che poi non si svegliava mai in tempo e gli allenamenti mattutini li facevo per la maggior parte da solo. Jake era il mio migliore amico, lo conoscevo praticamente dalle scuole materne. Abbiamo stretto amicizia dopo una lite furiosa piena di calci e morsi, iniziata (non a caso) per aver rotto la testa al mio modellino di Action Man. Subito dopo ci siamo riconciliati nell'infermeria della scuola, dove lui dispiaciuto mi offrì una caramella. Una disgustosa caramella aggiungerei, non aveva la minima traccia di zucchero e quando l'assaggiai feci una smorfia che lo fece ridere tantissimo. Ora viviamo nello stesso isolato e spesso facciamo la strada insieme per andare a scuola.

Mentre stavo rimuginando sui vecchi ricordi, la porta della piscina si scostò di qualche centimetro, per lasciare intravedere una faccia assonnata e dei capelli arruffati. Strinsi le labbra per trattenere una risata e mi impegnai profondamente a trovare un tono normale.

"Strano che non ti ho trovato all'entrata stavolta!" esordii con un lieve sorriso. Il suo sguardo era davvero divertente, sembrava un orso appena uscito dal letargo, senza contare l'impronta di cuscino che ancora dominava sulla sua guancia destra.

Dopo un lungo sbadiglio mi salutò con un soporifero "Buongiorno" per poi sedersi sulla prima sedia che capitava. "Allora come è andata stamattina?" "3,28" risposi senza esitare "Mmm niente male direi, anche se sai fare meglio" "Sai non sei per niente incoraggiante come allenatore, sai fare di meglio" ribattei. Colto alla sprovvista dalla mia ironica accusa si imbronciò, cancellando ogni traccia della sua espressione assonnata.

Strofinandomi i capelli con vigore indossai i miei occhiali e mi preparai per uscire ad affrontare un modesto vento di fine stagione.

"Corri Noah sennò perdiamo il pullman!!" si alzò di scatto ed iniziò a correre rendendosi conto dell'orario, allora controllai anche io, 7:35, il pullman sarebbe passato a momenti. "Cavolacci marci! non faremo mai in tempo" sussurrai, ma Jake mi sentì lo stesso. "Sembri mia nonna quando dici queste cose" e rise.

Giunti sul ciglio della strada ci fermammo ad annaspare l'aria, evidentemente quella mattina non eravamo così in forma. Eh, no proprio per niente. In quel momento un pullman giallo nuovo di zecca, con la scritta scuolabus dipinta sulla fiancata a caratteri cubitali, sfrecciò davanti a noi, senza fermarsi, sollevando un enorme polverone. Da un finestrino aperto dell'autobus si intravedeva il faccione di Gordon Rogers, il capo della squadra di football della nostra scuola, che ci guardava con aria compiaciuta. Quella si che era una cattiva notizia, ci mancava solo Gordon per completare la mia giornata. Mentre Jake imprecava in maniera sconsiderata, fissavo il pulmino andarsene via, ignorando la strana sensazione che mi faceva formicolare le mani.

Mi chiamo Noah Knight e quel giorno arrivai tardi a scuola.

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