L'amuleto

2 0 0
                                    


Ripresi conoscenza nello stesso punto dove avevo visto la luce. Era estate fuori, eppure ero stato via solo per mezza giornata. Forse, pensai, è stato tutto un terribile incubo. E invece no. Dallo specchio uscì una nube grigia. Era Arnoux. Doveva essere mattino, perché la "principessa Lavanda" stava ancora dormendo. Cercai di non far rumore mentre camminavo, ma fu un tentativo vano dato che il parquet scricchiolava ad ogni mio passo. Giunsi in salone. Lo spirito di Arnoux indicava il mobiletto con la matrioska sopra. Cercai di aprirlo, ma fallii miseramente. Lo spirito mi indico più volte la matrioska. La aprii e trovai una chiave bizzarra, con un teschio raffigurato insieme ad una strana pietra, simile allo zaffiro. Notai che la chiave combaciava perfettamente con la serratura. Un solo movimento di mano e gli sportelli si aprirono. Dentro c'era un grosso scrigno di bronzo, decorato in stile macabro, con raffigurazioni di teschi e ossa. Mi pervase una sensazione di freddo intenso appena lo toccai. Delicatamente, lo sollevai e lo appoggiai sul tavolino del salotto. Appena lo aprii, del fumo bianco e denso uscì. Dentro, c'era una pietra, esattamente come l'aveva descritta il signor Arnoux, completamente gelata. Decisi di non toccarla, per la mia sicurezza personale. Chiusi lo scrigno e lo riposi nel mobiletto, e riposi la chiave bizzarra nella matrioska. Mi sedetti sul divano e decisi di aspettare il risveglio di Madeleine, per raccontarle quello che sapevo. Ma il sonno mi sopraffece e decisi di schiacciare un pisolino.
Al mio risveglio trovai Madeleine, preoccupata, che mi guardava col suo solito sguardo enigmatico. Mi raddrizzai, chiesi un bicchiere d'acqua e lei corse in cucina. In un batter d'occhio ritornò con un grosso calice di cristallo con dell'acqua cristallina. Lo bevvi tutto d'un sorso. Lei mi guardò di nuovo. Disse: "Mi ero preoccupata, sai, sei sparito per ben sei mesi! Dove sei stato, e perché ti ho ritrovato appisolato sul mio divano?" Presi coraggio e le confessai tutto quello che era successo. Fortunatamente non mi prese per pazzo, anzi, si mostrò preoccupata, per me e per il mio coinvolgimento in questa situazione pericolosa. "Non ero a conoscenza" – mi disse – "che il mio più fidato servo, Victor Lacroix, abbia ucciso il mio caro Arnoux, e stia pensando di uccidere anche me." Si voltò verso l'ombra grigia che stava varcando la soglia del salotto "Non ora, Arnoux, e non fare il broncio!" Eppure io non riuscivo a vedere il suo volto. Le chiesi: "Signora Bernard!" – ma lei mi interruppe. "Oh, vi prego, chiamatemi Madeleine!" Mi corressi: "Madeleine, lei riesce a vedere Arnoux?" Lei si avvicinò, si sedette sul divano, e mi disse testuali parole: "Solo chi ama veramente uno spirito, riesce a vederlo". Volevo chiederle, anche, quanti anni avesse, ma mi sembrò molto scortese da parte mia.
​Mi invitò a restare a casa sua, quella sera, ma io rifiutai. Ero appena tornato da una "vacanza" in un ricordo di ben sei mesi, dovevo avvertire tutti che ero vivo. Cercai di non pensare a quello che era successo. L'unica cosa positiva era che il signor Arnoux mi aveva risparmiato dal vedere tutto il suo ricordo, ovvero le ultime ore della sua vita, dove il suo corpo si avvizzì, i muscoli si contrassero in un urlo di dolore e la vita che lo abbandonò, tramutandolo per sempre in un fantasma. Mentre lasciavo il palazzo, vidi dalla finestra la consueta, infernale danza che era diventata un rito, ormai, tra i due. E io li guardavo, sul marciapiede, quasi sognante, perché pensavo quanto fosse forte il legame che li univa, e riuscivano a superare tutto, nonostante entrambi fossero destinati allo stesso, tragico destino.

La Danza InfernaleWhere stories live. Discover now