Capitolo 2

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Quel giorno ebbi molto da fare ed Emily passò in secondo piano. Non pensai a lei se non verso le sette, quando rincasai e trovai un biglietto.
Era stata una giornata proficua. La signorina Lawertone, segretaria del preside, mi aveva proposto di lavorare qualche ora in biblioteca. La richiesta era che facessi da consulente, o una cosa simile. Io, per arrotondare lo stipendio, non avevo chiesto ulteriori specifiche e avevo accettato immediatamente: sarei stato disposto a pulire i gabinetti della facoltà tanto avevo bisogno di soldi. Mi spiegò che sarei stato utile qualche giornata in biblioteca, per seguire i laureandi che collaboravano con l'anziano bibliotecario. Non si trattava di guadagnare grosse cifre, tutt'altro, ma facendo due conti, quel lavoretto poteva permettermi di avere più tempo per me. Inoltre, pensavo, mi avrebbe fatto comodo rimanere in biblioteca qualche pomeriggio, perché avrei potuto consultare più facilmente i testi di cui avevo bisogno io stesso. Iniziai subito.

Il signor Jefferson, il bibliotecario, mi disse in cosa consisteva il mio compito, come se fossi un giovincello alle prime armi. Non lo informai del fatto che ai miei tempi, quando ero ancora studente, mi ero praticamente mantenuto gli studi lavorando nella piccola biblioteca della mia Università. Era chiaro però che Jefferson volesse conservare tutta la sua autorità rendendosi conto che una persona giovane ed esperta in quel settore poteva rappresentare un problema. Feci in modo di rassicurarlo che non ero lì per fargli le scarpe e che per quanto fosse precario il mio ruolo di assistente del professor Filkes al momento non rischiavo di ritrovarmi a spasso.

Gli studenti che lavoravano con il signor Jefferson erano bravi ragazzi e accolsero la mia presenza come una manna dal cielo. Uno di loro, Frank Pooltrow, disse che fino a quel momento non erano stati in grado di fare granché visto che nessuno aveva spiegato cosa dovessero fare. Mostrai loro gli schedari, che conoscevo come le mie tasche avendoli ripetutamente consultati e gli scaffali. Spiegai la necessità di aprire bene gli occhi: negli ultimi tempi erano spariti almeno quattro libri e questo per colpa di una schedatura distratta e frettolosa da parte degli studenti che li avevano preceduti in quel tirocinio. Mi piaceva la piega che stava prendendo. In fin dei conti, non era faticoso e poteva essere anche piacevole.

Quel pomeriggio mentre i ragazzi cercavano di applicare i primi insegnamenti, io distribuii dieci testi ed entro le sei e trenta avevo già terminato. Avevo incontrato Bill Dorson e a giudicare dall'occhiata furba che mi aveva lanciato quando era entrato in biblioteca dovevo averlo interrotto davvero in un momento delicato la sera precedente.

«Mi spiace Bill, non intendevo disturbarti» gli dissi sorridendo mentre gli consegnavo il romanzo che aveva richiesto, un mattone che sicuramente avrebbe finito col riassumere e spacciare per suo al compito di letteratura, come al solito.

«Niente di grave, ma ho faticato parecchio a spiegare chi fosse Emily» rispose afferrando il testo con un sorriso ammiccante. «Allora, dove si era nascosta?»

«Era uscita a fare due passi» mentii.

Bill m'indirizzò uno sguardo nel quale lessi pena e repulsione. Lui, di certo, non si sarebbe mai abbassato a chiamare una persona di sesso maschile per chiedere dove fosse la donna che gli interessava, ammesso che ce ne fosse una in particolare.

«Davvero?» chiese ironico.

«Davvero» risposi serio.

Bill stava evidentemente temporeggiando. Aveva avuto il suo libro, cos'altro cercava?

«Sei sicuro che non fosse nel bagno? O meglio, che ci fosse, ma che tu non l'hai...»

Bill aveva visto qualcuno che doveva aver risvegliato il suo interesse, perché si era interrotto facendo un cenno di saluto.

«Che dicevi Bill?» lo incalzai. Dorson scosse la testa e fece due passi indietro.

«Nulla. Scusa, c'è una persona. Sai, è a lei che ho dovuto rendere conto ieri sera» e con un movimento della testa accennò a una biondina che si era seduta accavallando gambe affusolatissime e chilometriche e che lo stava guardando con l'aria di una gatta in calore.

EmilyWhere stories live. Discover now