Capitolo 4

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Emily aveva bisogno di aiuto e dovevo usare tutto il tatto possibile per non mostrarle la mia incredulità.

«Emmy, è del tutto legittimo che ti faccia questa domanda. Se tutto ciò che hai detto corrisponde a verità, allora non ha senso che tu sia ancora qui. Hai conosciuto un uomo che ti piace, anche se è strano forte. Hai un lavoro, una casa, o comunque un posto in cui dormire. Non riesco a capire il motivo della tua permanenza tra noi.»

Mettendomi nella sua ottica (e solo facendo questo terribile sforzo potevo farle credere di avere accettato quella storia assurda), non aveva senso rinunciare a tutto quello che le era stato offerto e continuare a vivere quella stupida esistenza in quella stupida e inutile città, dividendo l'appartamento con me e arrabattandosi con i lavori più disparati. Non che Emily fosse povera, tutt'altro. Il suo lavoro, o meglio i suoi innumerevoli lavori che svolgeva le servivano a provare a se stessa di valere qualcosa e di non dipendere economicamente da quanto le aveva dato suo padre prima di buttarla fuori di casa.

Carl Sommers aveva sposato in seconde nozze una ragazza dell'età di sua figlia e non poteva essere altrimenti dato che si trattava della compagna di banco di liceo di Emily. Aveva messo immediatamente in chiaro che non aveva intenzione di farsi ridere dietro sposandosi la diciottenne e continuando ad avere sua figlia dentro casa. Le aveva chiesto se le andava di chiamare «mamma» la sua amica Ingrid ed Emily aveva fatto fagotto.

Due anni prima di questa decisione, Emily aveva portato la sua amica Ingrid a casa per il fine settimana. Era prevista un'interrogazione per il lunedì successivo e avevano intenzione di prepararsi decentemente. Ingrid aveva fatto qualche moina al padre di Emily, che del resto era un uomo abbastanza giovane, ma null'altro. Carl Sommers era rimasto solo con Emily da quando sua moglie era morta per un incidente d'auto. Emily all'epoca aveva più o meno nove anni e, in genere, un uomo con a carico una bambina si risposa presto. Emily lo aveva messo in conto che prima o poi suo padre avrebbe ripreso moglie, ma mai avrebbe immaginato che sarebbe stata Ingrid, la sua compagna di banco da molti anni.

Come previsto, Emily se ne andò di casa con un bel gruzzolo per l'epoca. Comprò l'appartamento che in seguito avrebbe diviso con me e iniziò a lavorare. Diceva che non poteva permettersi l'Università, che i tipi come lei dovevano lavorare e non imbottirsi la testa di cose stupide e inutili. Era una brava ragazza, ma quando diceva queste cose la odiavo. Si riteneva una vittima e in fondo le dispiaceva che suo padre non fosse una persona normale, di quelle che mandano i figli all'Università e che, orgogliosi di loro, ne parlano con amici e parenti. Probabilmente si era già immaginata il giorno del diploma, con suo padre fiero di lei sebbene triste per il fatto che sua moglie non fosse lì a vedere che riuscita avesse fatto la loro figliola.

Emily aveva molto sofferto per questa esperienza e per il fatto di essere stata privata di una famiglia. Aveva odiato Ingrid con tutte le sue forze e per mesi le aveva augurato ogni sorta di calamità e anche di più. Col tempo, però, aveva compreso che se proprio di qualcuno doveva essere la colpa quel qualcuno era certamente suo padre. Ingrid aveva approfittato dell'occasione, ma non era stata lei a buttarla fuori di casa. Emily in ogni modo aveva tentato di far ragionare suo padre, ma Carl Sommers non era uomo da lasciarsi convincere da una diciottenne, a meno che non avesse le tette di Ingrid e i suoi buoni argomenti. Perciò Emily aveva tirato avanti. Conoscere me credo che sia stata una cosa buona per lei, se non altro dal punto di vista economico. Non procuravo problemi, mi comportavo bene e a fine mese pagavo la mia parte, anche se come ho anticipato certi mesi era davvero un dramma. Con quei soldi Emily pagava le bollette e faceva la spesa, ma anche lei si dava parecchio da fare. Era troppo pigra e poco ambiziosa per impegnarsi in un lavoro serio e duraturo, ma a lei non importava. Secondo il suo cervello nella vita o si sfonda oppure ci si siede. Era la morale del tutto e subito, del facile e redditizio. Tuttavia, le sue erano solo parole. Se veramente fosse stata di quell'avviso si sarebbe messa in cerca di qualcuno che la mantenesse e credetemi non le mancava certo l'aspetto per farlo. Eppure, non lo aveva fatto, segno che alla fine aspirava a una vita come molte altre, fatta di gioie e di dolori, di amori e di litigi. Insomma, più o meno la vita che ho avuto io della qual cosa non so se ringraziare il cielo o prendermela col suo primo cittadino. Comunque, qualcosa mi diceva che Emily non sarebbe finita come me o come tutti noi. Qualcosa nei suoi occhi annunciava che lei avrebbe avuto un destino diverso.

EmilyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora