Capitolo 4: 𝑃𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑒 𝑇𝑒𝑛𝑒𝑏𝑟𝑖𝑠

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Questa volta mi fecero camminare, così ebbi modo di guardarmi attorno. Mi resi conto che più salivamo i piani, più ogni cosa prendeva una forma più lussuosa ed elegante. Da un certo punto in poi, il corridoio aveva un parquet in legno scuro foderato da un vistoso e morbido tappeto rosso bordeaux. E non c'erano più delle fiaccole posizionate di tanto in tanto, no. Pendevano dall'ampio soffitto a volta, dei lampadari maestosi. In ognuno vi erano almeno cento candele. Non illuminavano molto l'ambiente e mi accorsi passo dopo passo che per quanto fosse ogni cosa curata in uno stile elegante, l'avvolgeva un'ombra cupa. Il castello in effetti non aveva dei soffitti colorati di maestosi affreschi rappresentanti le divinità che ci proteggevano e ci guidavano. Le volte erano scure, quasi nere, come la pietra del sotterraneo da cui venivo.

Non c'erano dipinti affissi. Il che mi sembrò piuttosto strano. Il Re e la Regina di Gealyqui erano famosi per la loro vanità, si raccontava che erano disposti a pagare monete su monete d'oro purché li ritraesse il miglior pittore del mondo. Però, lungo il corridoio principale, che all'andata avevo percorso fra le braccia di un uomo, non vi erano quadri. C'erano statue, di pietra lunare. Donne bellissime avvolte da veli talmente fedeli alla realtà da sembrare stoffe di seta poggiate sui loro fianchi. Ai loro piedi le veneravano come divinità figure maschili. Uomini altrettanto belli con in mano gli strumenti di guerra. Una donna e un uomo stesi, dedicati nell'unione dei loro corpi esposti in alcuni punti e nascosti dai veli in altri, l'intimità si mescolava alla teatralità. Erano seducenti, ma celavano qualcosa sotto. Avvertii una sensazione di malinconia.

Non fu semplice percorrere quel tragitto, mi fermai più e più volte, rallentando la marcia che le due guardie che avevo davanti e le due dietro avevano sincronizzato. Le manette bruciavano, è vero, ma non tanto quanto prima, questa volta sembrava più solo un fastidio superfluo.

Arrivammo dinnanzi a due grandi porte in legno scuro intagliato, di fronte alle quali stazionava un uomo. Non uno qualunque. Quello che mi aveva portato a braccio fino al sotterraneo, senza emettere uno sbuffo di fatica. Né compresi il motivo, era di una stazza mediamente più grande. Non doveva essere umano.

Non aveva una divisa come le guardie, era avvolto in un abito nero, una tunica a due pezzi. I capelli corvini erano lunghi e laccati indietro.

«Finalmente, ci avete messo una vita.» sbuffò.
«Vi prego...» dissi alzando le mani «...toglietemi queste manette.»

Ricordai la sua ammonizione alle guardie sulle manette che mi avevano lasciato per l'intero viaggio. Lui mi squadrò, qualcosa gli balenò negli occhi, ma si spense subito.

«Se vorrà, lo farà lui.» disse asciutto. Si rivolse verso le due guardie a protezione della porta e queste ci aprirono il varco.

«In questo posto sembra che sia sempre il Re a dirvi quando e come mangiare, fare un bagno e ...» mi interruppi rapita dall'immensità della sala. Mi sentii improvvisamente molto piccola. Trascinai i piedi dentro senza guardare dove li stessi mettendo, probabilmente di lì a poco sarei inciampata.

C'erano enormi arcate in oro, sorrette da colonne di circonferenza grandi tanto quanto una casa di un contadino, anche queste di un colore molto simile alle spighe di grano. Il soffitto era altissimo e nemmeno stringendo gli occhi si riusciva a distinguere che cosa vi fosse dipinto, se non fosse stato per il pavimento. Era uno specchio che rifletteva ogni piccolo particolare presente nella sala. Così lucido da sembrare un lago in una notte estiva. Notte, ecco che cosa vi era dipinto sul soffitto. Il blu si addensava in una nebbia di sfumature e tante piccole lentiggini di varia intensità lo costellavano. A guardarlo dallo specchio mi sembrava un dipinto, ma alzando gli occhi mi parve di essere davvero sotto il cielo notturno.

Le finestre in alto non filtravano luce, pensai che ancora dovesse sorgere il sole.

«Davvero interessante questo posto.» commentai e la mia voce, per quanto in un sussurro, risuonò di qualche tono più alta.

Figlia del Caos - Darkness & DeceptionWhere stories live. Discover now