Capitolo 10: 𝑆𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑞𝑢𝑖𝑙𝑖𝑏𝑟𝑖

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Non permisi alla paura di prendere il sopravvento.
Mi aveva trovata, è vero.
Avevo disobbedito, è vero.
Ero a conoscenza delle conseguenze, è vero.

Eppure, ricordai a me stessa il mio potere in tutta quella storia. Ricordai a me stessa che senza di me il suo piano non si sarebbe potuto compiere. Ricordai a me stessa quanto valeva la mia reputazione.
A volte per tenere a bada le emozioni basta veicolarle e manipolarle con i pensieri.

«Avreste dovuto capirlo che non amo le restrizioni e gli ordini.» dissi con tono mellifluo. Lui si addentrò nel veicoletto ed io indietreggiai. Dargli potere e tenermene un po'. Questione di bilanciamenti, equilibri sottili, talmente sottili e impercettibili che bastava uno sguardo, un rimbecco o alzare il capo, perché il potere fosse a favore di uno anziché dell'altro. Era una partita di strategia a cui non avevamo dichiarato apertamente di giocare, ma ormai lo facevamo dalla prima occhiata.

«Oh non ci vuole molto a capirlo. In questo modo, però, mi costringete ad utilizzare le maniere forti.» disse con una nota di compiacimento che mi colpì direttamente allo stomaco.

«Sono certa che al mio posto vi comportereste allo stesso modo, Principe. Non è facile essere educati ed ubbidienti, quando non riesci ad ottenere ciò che vuoi.» rimbeccai.

Lui mi squadrò e nonostante il buio di quel punto, vidi le stelle nei suoi occhi fiammeggiare e accendere il buio della notte.

«E che cosa vorreste? La libertà?» sbuffò una risata perfida.

Mi bloccai e lasciai che lui si avvicinasse a me. Ad ogni passo sentivo le scintille pungermi la pelle e il cuore battere più forte.

«Perché in tal caso, Ingannatrice, devo proprio ricordarvi che senza aver portato a termine il vostro compito non potrete andarvene da Hodr.» disse arrestandosi di colpo ad un palmo da me. Sentii il suo respiro bruciarmi la pelle delle guance. I nostri occhi si intrecciarono ed io avvertii quella scarica elettrica, una scintilla inconfondibile, percorrermi il corpo con lentezza.

«Principe Tenebris, io posseggo ogni briciola della mia libertà.» affermai divertita «Se l'avessi voluto, me ne sarei già andata di qui, senza il vostro inutile consenso.»

Lui alzò il viso mettendo il risalto il collo prominente e la mascella squadrata contratta. «E allora cosa vi trattiene?»

Mi sfuggì un sorrisetto sinceramente divertito. Mi trovavo nell'angolo più remoto di tutto il pianeta vivente, senza poteri e in pericolo; se avesse voluto, il Principe avrebbe potuto uccidermi con un solo schiocco di dita e nessuno l'avrebbe mai saputo. Dovevo avere paura, dovevo essere terrorizzata. E forse lo ero. Ma non era paura quella che stava facendo battere il mio cuore, non era il terrore che rendeva il mio respiro tanto ruvido.
Non mi ero mai sentita tanto in viva come in quell'istante.

«Sapete bene cosa mi trattiene qui» sibilai.
«Non potete biasimarmi. Nessuno fa nulla per nulla. Mi serve una leva per potervi spingere a fare ciò che voglio.» replicò.

«E se vi dicessi che onorerò la mia parte dell'accordo? Insegnerò al vostro piccolo esercito l'arte di sparire nelle ombre.»

Lui alzò le sopracciglia in un miscuglio inconfondibile di divertimento e sorpresa.
«Quindi mi state dicendo che dovrei fidarmi di voi sulla base del...nulla?» trattenne una risata.

«Stringiamo un Patto di Sangue.» buttai fuori tutto d'un fiato.

Il suo viso si adombrò. Avevo appena fatto la proposta più pericolosa che ci fosse. Il Patto di Sangue era un accordo. Non un accordo semplice, scritto sulla carta o stipulato sulla parola. No. Un Patto di Sangue si incideva sulla pelle e garantiva che entrambe le parti rispettassero il loro compito. Definito di 'sangue', perché era una ferita aperta per l'eternità, o almeno fino a quando non si fosse portato a termine il proprio compito. Di 'sangue' perché utilizzare l'inganno per concludere prima e uscirne dalla situazione faceva sanguinare la ferita fino a prosciugare anche l'ultima goccia di sangue nel corpo. Di sangue perché la vita dell'uno era irrimediabilmente legata a quella dell'altro. Se uno fosse stato ferito, l'altro avrebbe sentito lo stesso dolore. Se uno fosse stato ucciso, l'altro sarebbe morto allo stesso modo, nello stesso momento. Ed ecco perché era proibito usare quella formula di magia nera.

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