🎭Capitolo 5🎭

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Mercoledì
Capitolo 5: Stranezze
Nevermore Academy

Cammino per i corridoi, stringendo i miei libri fra le mani.

Ma perché cazzo mi sento così bene?

Chiudo gli occhi, cercando di non tornare indietro e bere altro sangue, che più che sangue sembra qualcosa di estremamente buono.

Oh no, ma che doppi sensi mamma mia!
Si beh, non è che possa lamentarmi anche su quell'aspetto... ma che schifo!

Mi mordo un labbro, mi sembra di sentire ancora il sapore del suo sangue.

Lo squillo del cellulare mi fa sobbalzare.

«Pronto?» nessuna risposta, *soltanto il respiro pesante di qualcuno, «Pronto?» ripeto confusa, ma sempre respiri.

«Chi parla?» scandisco schioccando la lingua, infastidita.

Altri respiri.

«Pronto?!» ripeto ancora, ma senza risultati.
«Pronto?» roteo gli occhi, pensando ad uno dei soliti scherzi telefonici che si usano fare fra i giovani.

Io esclusa che domande.

Faccio per chiudere la chiamata, ma vengo preceduta dalla linea che cade.

Guardo lo schermo nero confusa.
Chi poteva mai essere?

«Mano, trova Tyler e digli che voglio vederlo dopo le lezioni vicino al lago. Fa presto» l'appendice obbedisce, sparendo dietro l'angolo.

Continuo a camminare fino ad arrivare alla mia aula.
Biologia, mi piace abbastanza dai.
Mi piace ma non ho proprio voglia di studiare adesso, anzi.
Sbuffo, sedendomi al mio solito banco, in prima fila.
Quando dico che il primo giorno sti bastardi dei miei compagni hanno rubato i posti in fondo.
Porca miseria.
Così sono rimasti solo quelli davanti.
Poggio la testa su una mano sbadigliando.
Probabilmente dormirò.
Si, sicuramente.

***

Dopo due ore di agonia riesco ad uscire da quella stanza che ormai stavo iniziando ad odiare.

Mano corre da me e io incrocio le braccia, in attesa di una sua spiegazione.

«Ha detto che va bene» alzo le spalle e gli raccomando di tenere le dita apposto e non seguirmi, se non vuole che le dita gliele amputi.

***

«Ciao» quando arrivo al lago noto che lui c'è già.
È seduto sotto un grosso albero a fissare il lago davanti a noi.

Mi siedo accanto a lui, «Ciao» ribatto, «Mano mi ha detto che volevi vedermi, sembrava agitato. È tutto okay?» chiede preoccupato accarezzandomi la guancia.

«Beh, prima di andare a lezione ho ricevuto una telefonata. È stato strano perché ho provato tante volte a chiedere chi parlasse ma dall'altro capo del telefono si sentivano solo respiri pesanti, come affannati» sgrana gli occhi, per poi guardarmi serio.

«Mercoledì, pensa bene prima di rispondere a questa domanda».
Wait, è inquietante il suo tono di voce.
«Si ma calmati, sembri posseduto» non risponde, «Le prime tre cifre del numero sconosciuto che ti ha chiamata, quali erano?» chiede scandendo ogni parola.

Ci penso su.
«Emh, ah sì! Uno uno zero. Perché?» «Oh cazzo» sussurra, «Oh cazzo!» batte un pugno sull'erba, frustrato.

Si volta e mi guarda, uno sguardo che non so ben decifrare.

«Mercoledì» mi prende il viso con entrambe le mani, «Cosa?» rispondo confusa, «Mi dispiace» una lacrima gli riga la guancia ma io non riesco ancora a capire.

Poker face (wednesday's story)Where stories live. Discover now