Come tutto continua: Capitolo 2

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7 mesi dopo:

Il sole splende alto in cielo come non ha mai... non ha mai cosa? Ripenso ancora a quella sera, Jasmine mi aveva ritrovata sul pavimento del bagno in lacrime, o forse era il ghiaccio sciolto sul mio viso. Non lo so, o forse lo so.
Perché ero in lacrime? Questo temo di non saperlo. E invece si.

PRATICAMENTE dopo aver incontrato quel ragazzo bellissimo di cui non ricordo il nome (spero non si chiami Mauro), ho capito che la mia vita non ha senso. Non ho trovato risposta alla sua domanda. Dopo avermi detto parole dolci come "senti ritardata, io me ne devo andare. Se ti vedo un'altra volta giuro che sparo a vista", sono scoppiata in lacrime perché con questa frase ho capito che ci sarà una prossima volta, erano lacrime di gioia.

La mia vita non aveva senso già da prima, sono solo una segretaria di un'azienda di moda. In questo momento sono seduta alla mia scrivania, mentre penso a quel ragazzo seducente con lo zucchero a velo su tutta la faccia. La mia collega Emily non fa altro che aggiustarsi il trucco, qui non vuole lavorare nessuno.
Improvvisamente sento Miranda, la mia capa, che esce dal suo ufficio, mi guarda il maglione ed esclama con uno sguardo disprezzante: "Quello che non sai, è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo."
Io sentii gli occhi pizzicare, avevo la congiuntivite. Non avevo capito nulla di ciò che aveva detto, però sembrava un discorso toccante. Capii che il mio maglione andava bruciato, era il momento di cambiare. Non sono più una commessa da quattro soldi (come Jessica), che si fa mettere i piedi in testa... ora sono io che li metto in bocca agli altri. Letteralmente.

Le mie mansioni? Portare il caffè alla boss, senza proferire parola o mi sfracella sul muro; portare i suoi cani fuori a cagare e pisciare dove capita. Due chiwuawa maledetti, figli del diavolo.
Una volta mi hanno cagato contemporaneamente sulle scarpe nuove di Prada. Il diavolo veste prada, effettivamente. Non ne posso più di questa vita.

I miei genitori sono morti. Entrambi, in un incidente stradale in cui io ero alla guida.
Avevo 6 anni, ma questo non è rilevante. A loro divertiva, erano due tossicodipendenti in preda all'euforia... volevo renderli felici. Loro pensavano che fossi abbastanza matura e talentuosa per guidare una Jeep.
Il burrone 500 metri più avanti non la pensava allo stesso modo. Io mi sono salvata solo perché sono la protagonista di questa storia, con un passato burrascoso e una vita di merda.

Abito da sola, con il mio gattino patatino di nome Lucas in un appartamento a New York. Questa storia è ambientata in Giappone, ma questo non è rilevante. Come lo so? Non lo so, o forse lo so. Chi lo sa? IO. Suppongo.

La mia casetta è piccola, accogliente ed è sempre profumata di uovo bollito, lenticchie e Lady Million. Un mix di odori che rendono il mio appartamento un cassonetto. A me piace, io sono umile, umida, zozza, lurida, bastarda, figlia di tro-
Mentre penso a mia madre, qualcosa richiama la mia attenzione. La boss mi guarda e con atteggiamento stufo mi chiede: "Che diamine ci fai ancora qui, ti ho chiesto un doppio caffè macchiato e un ginseng alle verdure, subito!"

Non riesco più a starmene zitta, la mia pazienza ha un limite. Ho passato anni, mesi, giorni a subire le sue lamentele e il suo atteggiamento arrogante, quasi come se fosse lei il capo.
Sono stanca di questa società capitalistica che si basa sull'arricchimento di pochi potenti sulle spalle di operai che lavorano in loro funzione. Sono stanca di questa separazione tra classi, della privatizzazione dei mezzi di produzione e di un'economia basata sui sistemi tossici di domanda e offerta. Ma io sono solo la protagonista stupida, quindi cambiamo discorso.

Ritornando alla boss, ho deciso di servirle un'amara vendetta: le portai UN solo caffè, senza zucchero. Il ginseng glielo portai comunque, non voglio esagerare. La mia diabolicità ha un limite dopotutto.

Finito il turno a lavoro, torno con uber nel mio bellissimo appartamento. Lucas miagola perché ha fame. Sto cazzo di gatto obeso non fa altro che chiedermi cibo, mi sta svuotando il frigo, le tasche, la carta di credito, l'anima, il corpo, la mente... tutto. Non so perché non l'ho ancora abbandonato. Forse perché sono sola, abbandonata a me stessa e mi piacciono gli animali.

COMUNQUE la mia coinquilina mi saluta con un sorriso. Suellen è una ragazza dolcissima. Come lo so? Non lo so. Buona serata a tutti.
L'ho conosciuta in un momento della mia vita in cui avevo toccato il fondo. Tocchi il fondo e torni a galla, ti innamori degli abissi e ti divorano i pesci palla. Ci incontrammo proprio in questa casa, per puro caso. Io abitavo da sola, lei mi stava svaligiando l'appartamento che avevo arredato con cura e dedizione, spendendo tutti i miei risparmi. C'era anche il vaso di mia nonna. Dove? Temo di non saperlo.
Ipotizzo.

"SUELLEN!" esclamai piena di gioia ed impaziente di raccontarle la mia giornata. Di solito lei si mette i tappi da sughero dentro i timpani, proprio al punto da farsi uscire sangue. Dice sempre che è meno doloroso di sentirmi parlare, ma io so che lei scherza, è proprio una burlona.

"Ecco, la giornata stava andando fin troppo bene" sussurra in modo da non farmi sentire (ho sentito tutto). "ormai che sei qui, ti racconto un po' di cose. Ho scopato con un ragazzo bellissimo. Cioè, era buio e non vedevo nulla ma immagino fosse bello".
Io, devo dirlo, ho provato un po' di invidia. Non avevo mai nemmeno sfiorato il corpo caldo di un essere vivente, nemmeno quelli dei miei genitori perché erano già morti. E freddi.

Suellen continua il suo racconto: "ci siamo conosciuti ad un raduno di motociclisti. Non ti chiedere perché mi trovavo lì, stavo uscendo dall'eurospin e mi sono ritrovata in mezzo ad un covo di persone poco raccomandabili... in poche parole i miei tipi ideali. Una gang giapponese di tutto rispetto. In mezzo a loro, ubriaco marcio, ho intravisto lui. Bello come il sole, misterioso come la luna. Mi vide spaesata, confusa dalla situazione e con una busta della spesa in mano da cui facevano capolino due birre Moretti da mezzo litro.
Mi fece un segno con la mano, poi un segno della croce, un segno di diniego, un senso di approvazione e infine un disegno. Io, tremendamente a disagio, mi avvicinai a lui chiedendomi cosa stesse architettando nei bassifondi della sua mente e della sua anima, con quello sguardo maestoso e penetrante come un trapano.

Lui mi chiese: "ti sei persa, baby girl? Per caso sei caduta dal paradiso? Perché assomigli a Satana". Con quella frase mi conquistò all'istante. E quindi siamo finiti a letto. Cioè nel parcheggio dietro l'eurospin. Dopo ci siamo fatti le due birre e ci siamo scambiati i numeri di telefono. Infine sono tornata a casa a piedi perché non voleva accompagnarmi, doveva finire un lavoro con una certa organizzazione che lavora soprattutto la notte. non ho idea di che lavoro faccia. Credo faccia il netturbino."

Suellen finisce di raccontare la sua avventura ed io rimango ammaliata dal romanticismo, dal pathos e dal modo in cui i suoi occhi brillano quando parla del suo misterioso ragazzo.

"In tutto questo non mi hai ancora detto come si chiama" dissi con tono curioso.

"Tony... si chiama Tony" rispose sussurrando. "E stasera viene a cena qui da noi"

TO BE CONTINUED...

Una storia mafiosaWhere stories live. Discover now