3. (Non editato)

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Non riusciva a respirare, era come se qualcuno le avesse infilato una mano dentro il petto e stesse bucando i suoi polmoni con dei chiodi. Anche prendere un singolo respiro si stava rivelando una fatica enorme. Più cercava di respirare, più sentiva le forze venirle meno. Le aveva esaurite tutte per colpirlo e temeva che non gliene sarebbero rimaste abbastanza per restare in piedi.

Si stringeva il petto in maniera spasmodica.

«Leo» annaspò in preda all'affanno, guardandolo sulla soglia della porta del bagno che non si era ancora chiuso alle spalle.

«Cosa c'è? Ti senti male?» Leonardo provò a mantenere un certo distacco, ma non poté fare a meno di studiare con apprensione il suo volto contorto dal panico.

Cat annuì serrando con forza le labbra screpolate.

Mi sta facendo a pezzi e non glielo posso permettere.

«Vai tu, per me non è urgente» mormorò, cedendole il posto da cavaliere.

Fece per uscire dal bagno e andarsene, quando le gambe di Cat capitolarono all'improvviso, quasi qualcuno le avesse dato una martellata su entrambe le ginocchia. Il piedistallo che l'aveva sorretta fino a quel momento si era accartocciato su se stesso. Si aggrappò alla maniglia della porta in tempo, mentre Leo la agguantò di riflesso per i fianchi per impedirle di cadere. La vista le restituì un'immagine un po' distorta della sua espressione allarmata.

Il ragazzo le adagiò la mano sulla fronte. «Forse ti è tornata la febbre?» ipotizzò.

Lei scansò la sua mano.

«Sto bene» replicò in fretta. Era stato solo un capogiro, un calo di zuccheri al massimo, poteva farcela.

Si raddrizzò da sola, perché non era fragile e non le serviva il suo aiuto ̶ né quello di nessun altro ̶ per stare in piedi.

Non poteva cedere, non in quel momento.

Non lo avrebbe lasciato vincere.

Leonardo la studiò di sottecchi per accertarsi che non sarebbe caduta di nuovo, cercava di non dare a vedere la sua preoccupazione, ma invano: non era bravo a cancellare dal proprio viso tutti i suoi sentimenti come Adriano.

Prima che potesse aprire bocca, Cat approfittò della distrazione dell'equipaggio e gli artigliò la maglietta per spingerlo a tradimento dentro il bagno.

«Ma che cazzo ti prende?» le inveì contro l'altro, preso alla sprovvista dal gesto.

«Dobbiamo parlare» sentenziò lei categorica, chiudendo a chiave la porta. Non era quella l'inflessione che avrebbe voluto dare alla sua voce: forse si era solo dimenticata di disattivare l'impostazione "crudeltà" usata per parlare con Adriano.

Per la prima volta da quando si erano visti in aeroporto poté osservarlo faccia a faccia, senza più ostacoli tra loro.

Aveva il viso un po' sbattuto e i capelli più spettinati che mai. Era così bello, così trasparente rispetto ad Adriano...

Perché non poteva cancellare quel bastardo dalla sua mente solo guardandolo? Aveva rifiutato un ragazzo che aveva avuto il coraggio di dirle le cose come stavano per paura di mancare di rispetto a un verme che si divertiva a giocare con le persone.

Leonardo non l'avrebbe condannata a chiedersi cosa diamine provasse, a studiare il suo viso, il suo linguaggio, a difendersi, a ferirlo per non essere ferita.

Si era pure preoccupato di parare il culo ad Adriano, quando avrebbe potuto lasciare che lo vedesse e tirare l'acqua al proprio mulino. Aveva pensato prima a lei e al suo amico che a se stesso. Adriano non l'avrebbe mai fatto al suo posto, avrebbe raccolto subito l'arma e trucidato senza pietà chiunque fosse stato così sconsiderato da gettargliela ai piedi.

Ira. La Sindrome di Didone (Vol.3)Where stories live. Discover now