Capitolo 1

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"Male che vada, tu continua a sorridere.", ce lo ripeteva sempre nostro padre quando eravamo tutti riuniti a tavola. Non perdeva occasione per ricordarcelo e per incoraggiarci ad essere di buon umore. 

La nostra situazione economica non era rose e fiori. In famiglia eravamo sette: lui, la mamma, i miei quattro fratelli ed io. Lavorava soltanto papà, mamma era disoccupata. Papà faceva l'operaio in una fabbrica che costruiva grucce ed appendine per i vestiti. La paga non era delle migliori, il padrone certe volte non pagava i suoi dipendenti per settimane intere. Papà voleva licenziarsi, lavorare per dodici ore senza venire retribuiti era una vergogna secondo lui. Poi però tornava a casa e ci vedeva. Vedeva me e i miei fratelli che lo aspettavamo, ognuno con le sue necessità, bisognosi di essere sfamati e cresciuti come si deve. Così sospirava, stringeva i denti e continuava ad andare a lavorare in quella fabbrica.

È lavorando lì che ha imparato questa frase. Noi tutti annuivamo e sorridevamo, all'inizio solo per prenderlo in giro. Poi crescendo abbiamo capito quanto significato avessero quelle parole. 

A tavola c'era sempre spazio per una bella risata in famiglia. A capotavola sedeva papà che, sebbene fosse stanco dalle troppe ore di lavoro, ci chiedeva comunque come ci fosse andata la giornata e ci ascoltava interessato. Era un bell'uomo, se li portava bene gli anni che aveva. I capelli erano castani, fluenti e spettinati, gli occhi di un azzurro tendente al grigio che mamma adorava. Erano stati quelli ad averla conquistata la prima volta che si erano conosciuti. 

Mamma sedeva dall'altra parte del tavolo e lo guardava con ammirazione. Adorava il fatto che si preoccupasse sempre per noi, anche quando si vedeva che era troppo debole per farlo. Mamma aveva lunghi capelli biondi, lisci e luminosi. Gli occhi erano verdi come i miei e tutti dicevano che io ero la sua copia.

Accanto a papà, sulla sinistra, sedeva Phil, nostro fratello maggiore. Lui aveva gli occhi di papà, chiarissimi ed ammalianti, ma possedeva il carattere determinato della mamma e la sua stessa simpatia. Sognava di diventare ricco e di trovarsi un lavoro che gli avrebbe fatto guadagnare così tanto da poterci viziare tutti. 

Mamma alzava gli occhi al cielo quando Phil le prometteva che le avrebbe regalato i migliori gioielli sul mercato senza badare a spese. 

Papà rideva e diceva: "Arrivi troppo tardi, figliolo. I migliori gioielli sul mercato glielo già regalati io a tua madre.", ed alludeva ad una battuta che soltanto lui, la mamma, Phil ed Emily capivano.

Mamma lo rimproverava con un'occhiataccia: "Walter, i bambini!", ed indicava Lillian, me e Benny.

Emily, la secondogenita, aveva ereditato il buon umore, la pazienza e la forza di volontà di papà, ma nascondeva un carattere piuttosto ribelle e sfrontato. Aveva i capelli biondi come quelli di mamma, ma i suoi erano più scalati e meno luminosi. Aveva un sacco di doppie punte che le rovinavano quelle bellissime ciocche dorate. Mamma pensava sospirando che doveva portarla dal parrucchiere al più presto, ma quello era uno "sfizio" che non potevamo concederci spesso. C'erano sempre tante altre spese più importanti da fare per permetterci anche il parrucchiere. 

Sapendo ciò, Emily scrollava le spalle e si pettinava le doppie punte per cercare di nasconderle, legandosi poi i capelli in un'alta coda di cavallo che ondeggiava ad ogni suo movimento. Per me era più bella con i capelli sciolti. Con o senza imperfezioni, Emily era comunque bellissima di suo. Aveva degli occhi stupendi. Erano di un verde scuro talmente luminoso che brillavano al sole. Molti ragazzi si innamoravano di lei facilmente e le fecevano spesso la corte. Ed io pensavo che crescendo avrei tanto voluto somigliarle. 

"Se Bill si ripresenta con un mazzo di rose giù al portone, prendo la scopa di mamma e gliela tiro in testa.", le diceva papà, pizzicandole una guancia. 

Continua a sorridereWhere stories live. Discover now