Capitolo 4

4 2 0
                                    

Un pomeriggio di inverno, io e Robert eravamo andati con i nostri genitori alla "casa di Babbo Natale", un piccolo edificio che allestivano nella piazza di Gettysburg insieme alle bancarelle natalizie. Dopo aver chiesto a Babbo Natale il regalo che volevamo quest'anno, io e Robert ci eravamo allontanati dalla folla di persone che girovagava tra le bancarelle, passeggiando sulla strada poco più avanti. Tutto era imbiancato dal soffice manto della neve ed io osservavo ogni cosa con il sorriso. Amavo quell'aria magica che si respirava nell'aria mentre si avvicinava il Natale. 

I nostri genitori si stavano conoscendo per la prima volta e questo mi faceva molto piacere. Li vidi chiacchierare calorosamente lungo la strada opposta. Sembravano andare d'accordo, nonostante appartennessero a due famiglie completamente diverse fra loro. Pensai che la simpatia e l'educazione venissero prima dei soldi e del ceto sociale a cui si apparteneva grazie ad essi.   

Camminando, io e Robert trovammo un gattino infreddolito e coperto dalla neve, con il musino nero e gli occhi verdi come i miei. Il cucciolo tremava tutto. Aveva le zampe percosse da continui spasmi e la testa che sembrava vibrare come la suoneria di un telefono. La stranezza di quel gattino è che aveva degli occhi davvero troppo grandi per il suo visino tenero. Era spaventato e confuso e si impaurì ancora di più quando ci avvicinammo a lui. 

Lo presi in braccio e dissi: "Piccino, si sarà perso."

"Non ha nessun collare.", notò Robert.

"Hai visto che occhi che ha? Sono così strani...", pensai: "Dovremmo portarlo da quel dottore che cura gli animali..."

"Il veterinario?"

"Sì, quello. Ne conosci uno, per caso?"

Robert scosse la testa dispiaciuto. Io presi il micetto e lo strinsi a me per dargli calore. Lo accarezzai per tranquillizzarlo e lo coccolai fino a quando non smise di tremare. Lui iniziò a farmi le fusa, solleticandomi il collo con la sua codina soffice e lunga, ed io ne risi. Notai che Robert mi fissava.

"Che c'è?", gli chiesi. 

"Sei molto carina...", disse lui timidamente.

Io arrossì, sentendomi infiammare le guance all'improvviso. Un soffio di vento gelido ci venne incontro e pensai che questo avrebbe raffreddato il calore che sentivo sul viso. Poi mi venne in mente che forse avrei dovuto lasciare quel gattino per terra, ma non volevo assolutamente farlo. Poverino, non sarebbe sopravvissuto un altro giorno in preda al freddo e ai pericoli che c'erano in strada. Avrei tanto voluto portarlo a casa con me, ma mamma avrebbe detto sicuramente di no. Lei era allergica al pelo degli animali.

"Puoi tenerlo tu? Almeno fin quando non troviamo un veterinario...", chiesi a Robert, porgendogli il gattino.

Lui si allontanò di poco: "Mamma dice che non posso toccare gli animali che si trovano per strada. Potrei prendere le malattie."

"Non è affatto vero.", dissi io con voce sciocca, anche se papà mi diceva esattamente lo stesso: "Ti prego, Robert, tienilo tu. Casa tua è molto grande. Se potessi lo prenderei io, ma mamma è allergica. Per favore, non voglio lasciarlo di nuovo al freddo. Guardalo, trema ed ha bisogno di un rifugio caldo in cui stare."

Lo guardai supplichevole. Anche il gattino gli fece gli occhi più dolci che avessi mai visto. Così facendo riuscimmo ad incantarlo e a convincerlo. Robert annuì arrendevole e si decise a prenderlo in braccio. Sorrisi dolcemente mentre lui lo accarezzava, prendendo confidenza con il tenero cucciolo che sembrò adorare il suo nuovo padroncino. 

Avrei voluto scattare una fotografia, erano troppo carini insieme.   

"Che cosa mangiano i gatti?", mi chiese Robert.

Continua a sorridereWhere stories live. Discover now