Capitolo 47

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Non mi reputo una persona fortunata, non l'ho mai fatto nemmeno da bambina.

Ogni pomeriggio mi trovavo al parco con i miei amici, quelli che mantengo tutt'oggi. Ogni giorno facevamo giochi diversi, e mai una sola volta mi è andata bene. Mattia trovava quadrifogli ogni volta, gli altri ne trovavano uno di tanto in tanto, io mai uno nella vita. Una volta Andrea me ne ha regalato uno che aveva trovato lui, vedendomi triste per la mia sfortuna. Lui è stato tanto carino, peccato che sul gambo ci fosse una formica rossa che mi ha punta, e poi mi ha fatto infezione. Non starò poi a raccontare di come ogni volta che si giocasse con una palla, questa mi finisse sul naso, ma temo che i medici del pronto soccorso locale si ricordino ancora di me.

Insomma, ho passato la mia infanzia con lo sguardo verso l'alto per guardare il cielo. Peccato che al suo posto, riuscissi soltanto a vedere quella fastidiosa nuvola di Fantozzi che mi ha sempre seguita come la mia ombra.

Nemmeno crescendo mi è andata meglio. Voglio dire, in occasione della mia prima sbronza mi sono trovata a vomitare ai piedi di un agente di polizia che ha minacciato di denunciarmi per oltraggio a pubblico ufficiale, poi sono stata colta in flagrante dai miei genitori che ancora adesso mi prendono in giro rinfacciandomi quella poco piacevole vicenda. Giusto per dirne un'altra, mi sono innamorata del figlio di una coppia di spacciatori, il quale ha poi deciso di seguire le orme dei genitori fino a ritrovarsi in carcere con un figlio non desiderato in arrivo. Sì perché, parliamoci chiaro, quanto alte sono le probabilità che un profilattico si rompa e comporti l'arrivo di un bambino alla tenera età di vent'anni? E quanto sono alte quelle di vedere il padre del proprio futuro bambino incarcerato prima ancora della sua nascita? Certo, probabilmente sarebbe rientrato nella percentuale di giovani padri scappati in Messico per sfuggire alle proprie responsabilità altrimenti, e non so quale delle due opzioni sia la meno peggio.

L'unica cosa buona che mi è successa, probabilmente questa è stata la nascita di Filippo, nonostante sia nata da un'ennesima dimostrazione della mia tragicomica sfortuna. Filippo è sempre stato un bambino sveglio, simpatico, persino bello. Non potevo chiedere di meglio, davvero. Ad ogni modo, non penso che questo abbia a che fare col mio livello di fortuna o sfortuna, ma con quello di mio figlio che, a differenza mia, è fortunato in ogni azione lui compia. Giusto due giorni fa, ironia della sorte, ha trovato ben due quadrifogli nel cortile della scuola.

Nonostante tutto, però, sono fermamente convinta che tutti abbiano diritto ad avere la propria rivincita prima o poi nel corso della propria vita.

Ora, non sto dicendo che tutta la mia mancata fortuna in qualche modo debba riversarsi in una grandissima felicità, anche se sarebbe legittimo pensarlo o per lo meno sperarci. Però, mentre mi sveglio e mi trovo avvinghiata a un corpo esile, che riconosco appartenere a un ragazzo di nome Ermal Meta, inizio a pensare che la mia rivincita consista proprio nell'aver incontrato lui.

Perché sì, è vero che la percentuale di probabilità che potesse capitare ogni sfiga che ha bussato alla mia porta è sempre tendente allo zero, ma anche quella che uno dei tanti ospiti che incontro ogni giorno in hotel si rivelasse ciò di cui avevo fortemente bisogno (pur non essendone consapevole) è altrettanto irrisoria.

Quando l'ho visto entrare da quella porta, insieme al suo amico che ho scoperto più tardi chiamarsi Marco, non avrei mai pensato che, soltanto un anno più tardi, mi sarei trovata a dormire con lui e poterlo definire il mio ragazzo. Non che mi sarei mai aspettata di avere un altro ragazzo dopo il trauma di Gabriele, sia chiaro. Ad ogni modo, sorrido sempre quando mi viene in mente quel momento. Dal primo sguardo ho provato una sorta di simpatia nei suoi confronti, vedendolo vestito con dei jeans neri e una giacca di pelle dello stesso colore, con quei capelli sparati da tutte le parti, il piercing al sopracciglio, e tutti quei piccoli dettagli che lo contraddistinguono e che in quel momento stonavano così tanto con l'atmosfera dell'albergo di classe in cui lavoro. Lui stonava proprio come me lì dentro.

L'altra metà || Ermal MetaOnde as histórias ganham vida. Descobre agora