Capitolo 4 - Il dubbio

1 0 0
                                    


Quando finalmente tornai a casa ero sfinita. Nonostante fosse una piccola scuola di periferia, le lezioni erano toste e gli insegnanti esigenti.
- Sono a casa! - gridai non appena fui entrata, ma nessuno rispose.
"Strano" pensai. "Devono essere ancora al lavoro".
Mio padre, Philip Sixthman, si occupava di ristrutturazioni. Non c'era da stupirsi se avesse trovato una serie di importanti progetti proprio lì a Greyvalley. La casa più recente doveva avere almeno cent'anni!
Approfittai della solitudine e del silenzio per rilassarmi un po'. Preparai il mio sandwich preferito, con la gelatina di frutta e il burro di arachidi. Poi salii in camera ed ascoltai un po' di musica. Solitamente, mi piaceva stare sul letto con gli occhi chiusi ad ascoltare la musica con il mio Walkman. Avevo decine di cassette, ma le mie preferite erano quelle delle Spice Girls. Odiavo ammetterlo, mi faceva sembrare una ragazza comune. Ed io odiavo essere comune. Quella sera però non riuscii a concentrarmi. Dopo un po' rinunciai ad ascoltare la musica e provai a suonare la pianola.  Neppure quello però mi riuscì. Continuavo a ripensare alla faccenda delle nonne piccole. Sul momento mi aveva fatto ridere, lo avevo trovato buffo. Sembrava una di quelle cose sciocche che si dicono per far sorridere i bambini. Dopo aver visto l'espressione serissima di Dave però, avevo continuato a pensarci e mi ero resa conto che aveva un che di inquietante. In quel momento, ricordai che prima di trasferirci, i miei avevano cercato informazioni sulla città per mesi e mesi, raccogliendo un'enorme quantità di libri, carte geografiche, articoli di giornale e fotografie di Greyvalley.
Avevano anche fatto vari viaggi di ricognizione, alternandosi per far sì che uno di loro potesse rimanere a casa con noi. Ma in quel momento erano i libri ad interessarmi maggiormente. Una festa così caratteristica e popolare, doveva sicuramente essere citata da qualche parte.
Scesi di sotto, rovistai un po' nei cassetti e finalmente trovai una torcia. Era una vecchia pila a batterie, di quelle che fanno poca più luce di una candela, ma decisi che me la sarei fatta bastare.
I miei avevano portato tutti gli scatoloni contenenti i libri su in soffitta. Avevano intenzione di ricavare lassù il loro studio nelle settimane successive.
Al momento però, la mansarda non era altro che un luogo caldo, umido, pieno di polvere e senza luce.
La scala che conduceva di sopra era ancora più scricchiolante dell'altra. Ad ogni passo sollevavo migliaia di granelli di polvere, che luccicavano in maniera bizzarra sotto il fascio di luce della mia torcia. Aprii la porta e cominciai a guardarmi attorno. Non mi ci volle molto per trovare gli scatoloni: erano stati lasciati proprio a qualche metro dall'entrata.
Portarli di sotto sarebbe stato un lavoraccio. Inoltre non volevo che i miei genitori mi facessero domande, così mi rassegnai a condurre la mia ricerca in quel luogo sinistro e polveroso.
Guardai sospirando i miei jeans ancora puliti, poi mi sedetti sul pavimento e cominciai ad aprire il primo scatolone.
Fu solo col terzo che ebbi fortuna. Era lo scatolone dei libri e altro materiale su Greyvalley. Scartai qualche rivista di architettura, una mezza dozzina di vecchi giornali ed alcune foto, e finalmente trovai i libri. Ce n'erano diversi, ma tanto per essere sicura decisi di cominciare dal più grosso. Mentre lo aprivo trattenni il respiro per non sentire il forte odore di muffa emanato dalle pagine.
"Come si fa a riempire un volume così grosso parlando unicamente di questa città?" mi chiesi mentre scorrevo il dito sul glossario.
Mentre proseguivo la mia ricerca con scarsi risultati, fuori il sole era calato quasi del tutto. Quando sentii la porta d'ingresso aprirsi al piano terra, decisi di rinunciare, almeno per il momento. Chiusi piano la porta della soffitta e scesi le scale stando attenta a fare meno rumore possibile.
Mia madre volle sapere come era andato il mio primo giorno di scuola. Mi mantenni vaga e dopo un po', fingendo noncuranza le chiesi - Mamma, tu sai qualcosa della festa delle Nonne Piccole?
Lei, che stava armeggiando con le stoviglie, si fermò per un attimo. Poi riprese come se nulla fosse. - No, non ne so nulla.
Lanciai uno sguardo all'orologio a forma di gufo appeso alla parete. Mia madre aveva una vera e propria ossessione per i gufi. Era ancora presto, avevo il tempo di andare in biblioteca.
- Vado a fare due passi! - annunciai, e prima che mia madre potesse avere il tempo di ribattere mi precipitai fuori.
L'aria era piuttosto fredda, e mi maledissi per non aver preso il giubbotto. Ricordavo che la biblioteca si trovava non lontano dalla scuola. La città a quell'ora aveva un aspetto ancora più tetro.
Pochissime case avevano le luci accese ed i lampioni erano piuttosto radi, tanto che tra l'uno e l'altro rimaneva uno spazio completamente buio. Finalmente vidi la biblioteca, uno dei pochi edifici illuminati. Feci l'ultimo tratto di corsa, un po' per riscaldarmi, un po' perché non vedevo l'ora di entrare in un posto luminoso e popolato.

La maledizione delle Nonne PiccoleWhere stories live. Discover now