Capitolo 5 - La biblioteca

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Prima di entrare, mi sarei aspettata di trovare al massimo due o tre persone, inclusa qualche vecchia bibliotecaria annoiata. Invece rimasi stupita: c'era parecchia gente, tra cui numerosi ragazzi. Ne riconobbi subito alcuni che avevo visto a scuola. 
Quasi immediatamente, Nick Hartman si separò dal gruppetto con cui stava parlando e si diresse verso di me. Guardai per un attimo quella camminata sicura e quei capelli a caschetto biondi che oscillavano sulla sua fronte ad ogni passo.
Imbarazzata, mi girai verso lo scaffale più vicino e presi un libro a caso, ostentando un finto interesse.
- Vita e abitudini degli ippopotami, eh? - esordì.
Lo fissai per un attimo confusa. Poi capii. "Oh no".
Riposi velocemente il libro nello scaffale e mi affrettai a cercarne un altro.
- Hey... Marika giusto? Stai tranquilla, non mordo mica.
Mi sentii improvvisamente stupida. Eppure non riuscivo a tranquillizzarmi. Lui invece mi fissava con una calma quasi innaturale. Forse era proprio questo a mettermi in imbarazzo. Era alto all'incirca una spanna più di me, e portava dei jeans sformati blu scuro ed una felpa di qualche università che non conoscevo. Si ravviò i capelli.
- Allora, che fai qui? - mi chiese con indifferenza. A dispetto del suo tono neutro però, sembrava che la mia risposta gli interessasse particolarmente.
In un primo momento esitai, poi decisi che magari lui poteva essermi d'aiuto.
- Vo... Volevo cercare qualche notizia sulla festa delle Nonne Piccole - cominciai.
Al sentir pronunciare quel nome però, la sua espressione mutò improvvisamente. Sembrava quasi arrabbiato. Non disse nulla per qualche secondo, poi recuperò apparentemente la calma.
- Non è una festa.
- Come? - dissi confusa. - Ma Dave mi ha detto che...
- Se ti ha detto che è una festa, ti ha detto una bugia. La Grande Notte delle Nonne Piccole è una gara. Una gara spietata. E faresti bene a prenderla sul serio - mi interruppe.
- Beh sì, mi ha detto all'incirca così.
Non volevo che Dave passasse per bugiardo. In effetti era più o meno ciò che mi aveva detto lui. E proprio come Nick, anche lui si era rabbuiato al solo parlarne. Nick annuì e basta. Era assorto nei suoi pensieri.
Nel frattempo, mi accorsi che gli altri ragazzi avevano smesso di parlare, e stavano ascoltando la nostra conversazione. Da quella distanza non potevano sentire molto, ma notai distintamente le loro espressioni concentrate. A quel punto il mio senso di inquietudine cominciò ad aumentare.
- Okay senti... Ti dispiacerebbe spiegarmi una volta per tutte perché diventate strani quando parlate di questa gara?
Lui continuò a fissarmi assorto. Infine, sollevò le spalle.
- Mi dispiace - si limitò a dire. - Non credo troverai qualcosa di interessante comunque. Nessun libro parla della G.N.D.N.P.
"Perfetto" pensai sospirando, mentre Nick girava sui tacchi e tornava dagli altri. Appena si accorsero che li stavo guardando, ricominciarono a parlottare tra loro come se nulla fosse. Solo uno continuò a guardarmi, un ragazzo basso e magrissimo con i capelli a spazzola.
Qualcuno lo chiamò. "Adam?". Lui si girò e riprese a parlare, continuando a lanciarmi un'occhiata ogni tanto. Aveva un'aria molto triste. 
Mi sentivo piuttosto sola e demoralizzata. Decisi che già che ero lì, avrei comunque provato a dare uno sguardo. Cercai un reparto "folklore" o qualcosa del genere. Poi provai tra i libri di storia, e chiesi persino alla bibliotecaria se avesseroun archivio o qualcosa del genere. Lei rispose di no, troppo intenta a guardare insistentemente l'orologio per prestarmi attenzione. Evidentemente non vedeva l'ora di chiudere.
Alla fine decisi di arrendermi e mi diressi verso l'uscita. Ebbi giusto il tempo di fare qualche passo fuori dall'edificio e, mentre mi stringevo le braccia per il gran freddo, mi sentii chiamare.
- Ehi! Marika?
Mi voltai. - Sì? - chiesi.
Il ragazzo smilzo di poco prima, si avvicinò di corsa. Portava una giacchina leggerissima. "Almeno non sono l'unica a non aver azzeccato l'abbigliamento" pensai mentre lui si avvicinava. Al contrario di me però, non sembrava soffrire particolarmente il freddo.
Riprese fiato per un attimo, poi cominciò a parlare.
- Senti... Io non dovrei dirti nulla. I ragazzi non vogliono che ti metta in guardia, ma io non posso far finta di nulla. Ti voglio dare solo un consiglio: allenati. Lo dico per te, veramente. 
Sembrava sincero.
- Ma ancora non mi avete spiegato perché. Cos'ha di tanto importante questa festa?
- Non è una festa.
- Cielo! Cos'ha di tanto importante questa gara?
- Io... Non posso dirtelo. Ho promesso agli altri. Però ti sto comunque dando un consiglio. Ed è importante. Allenati. Fai qualche giro nel bosco, impara ad orientarti. Memorizza più sentieri e cose possibili. Lo so, non mi conosci, non hai motivo di fidarti di me. Ma nemmeno io avrei motivo di stare qui a mentirti.
Sembrava così sinceramente dispiaciuto che non me la sentii di rispondere ancora in maniera sgarbata.
- Va bene. Ci penserò. In ogni caso... Grazie.
Lui abbozzò un debole sorriso, poi si voltò e tornò verso la biblioteca, dagli altri. Io invece tornai verso casa, con molte più domande di quando ero arrivata. 

La maledizione delle Nonne PiccoleWhere stories live. Discover now