il cuore mi doleva

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ATTO VI

In quella notte solitaria, mentre ero nel nostro letto vuoto senza te, ripensai a quando ti vidi per la seconda volta; ricordo che quella notte, focalizzandomi su di te, sentii come se una mano mi stesse stritolando il cuore, come se i miei organi...

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In quella notte solitaria, mentre ero nel nostro letto vuoto senza te, ripensai a quando ti vidi per la seconda volta; ricordo che quella notte, focalizzandomi su di te, sentii come se una mano mi stesse stritolando il cuore, come se i miei organi fossero risucchiati da un tornado in me.

Dopo il nostro primo incontro non ti rividi per molto tempo. Rammento che uscii da quel bar qualche minuto dopo che lo facesti tu, ma non c'era nessuna traccia di te e della tua eleganza; tra tutte quelle persone che ingombravano il marciapiede ti persi d'occhio, così m'accesi un'altra sigaretta e tornai dentro il locale.

Avevo un feroce e innato desiderio di osservare ancora i tuoi occhi tristi e renderli gioiosi, non ambivo ad altro.

Ogni sabato mattina, dopo aver fumato la mia solita sigaretta poggiato al solito albero del solito parco, era mia abitudine andare a visitare i musei, quelli pieni d'arte, di storie intrise nelle tele. Quella mattina di quel solito sabato mi stavo incamminando con la mia Mustang nera in uno dei tanti "contenitori di vita", così li chiamavo io. Con la musica a tenermi compagnia guidavo nel traffico della città, osservando quella fottuta natura morta che erano quei dannati mortali; sbuffavo a osservare la monotonia delle loro azioni e parole. Non li capivo proprio quelli.

Dio, come fumavo tanto in quei giorni! Ma ero immortale, cosa sarebbe stata un po' di tosse e i polmoni otturati di malinconia? Parcheggiai la macchina, spensi la sigaretta e la buttai lontano dalla mia immorale persona, poi salii i gradini che mi avrebbero condotto all'entrata di uno di quei contenitori di vita, dove la gente si affollava per osservare la storia di qualcun'altro; era ché loro non erano abbastanza interessanti per potersi permettere il privilegio di stare al posto di quei quadri, così parlavano della vita e delll'arte di qualcun'altro. Come biasiarli!

Quella mattina era un solito sabato di un anno sconosciuto, dimenticabile, frivolo. Dopotutto ho vissuto troppo a lungo per ricordare un simile dettaglio insignificante. Affondai la mano sinistra nella tasca dei pantaloni e nascosi il mio viso con il cappello che portavo ogni mattina; odiavo la gente, odiavo che mi stessero vicino, che mi osservassero senza pudore. Cosa guardate? Ho solo un po' di lenticchie sotto il mare che sono i miei occhi, e non osservate i miei capelli dal colore della pece. Oh, come mi fate sentire a disagio! basta, vi prego! Era costantemente questo il mio pensiero.

Conoscevo tutti i dipinti esposti, tutti. Li avevo visti nascere, e vederli lì appesi a un muro insignificante mi rattristava, mi logorava il petto, quindi me ne stavo poggiato a un pilastro in stile barocco a tener loro compagnia. Alle volte alzavo il cappello e osservavo la gente passare, chè lì non mi avrebbero visto, io però vedevo, oh eccome se vedevo, osservavo tutto io.

Quella era la mattina di un solito sabato, eppure non divenne così solito quando come per magia vidi il tuo corpo; drizzai le spalle e dalla foga mi tolsi il cappello per portarlo al petto. Cosa avrei dovuto fare? Oh, cosa diamine avrei dovuto fare? Tu eri lì, bella come non mai, con un tubino nero a fasciarti il corpo, che però pareva volersi liberare al più presto di quegli stracci, mentre io ero immobile, sbigottito, con gli occhi posati sulla tua figura; mi prendesti di sprovvista presentandoti lì. Era il mio posto e tu me lo stavi rubando.

Avevo bisogno della mia nicotina e in quei contenitori di vita non era permesso dar sfogo ai propri malesseri, così uscii da quel posto, che improvvisamente mi sembrò esser diventato minuscolo, e fumai poggiato alla mia Mustang.

Aspettai finché non ti vidi oltrepassare l'uscio e quando lo facesti diedi un lungo tiro alla sigaretta per chiedere un po' di coraggio a quella nicotina amara, e una volta che i miei polmoni bruciavano pieni di fumo mi accostai a te - meglio dire che ti bloccai il passaggio con il mio corpo. Ti camminavo attorno, ti salutai con uno strano inchino stravagante e tu sorridesti, oh ti feci sorridere, che soddisfazione fu! Io invece non sapevo farli, i sorrisi, non ero abituato. Te l'ho detto, io non sono il tipo da smancerie, ma quando ti rividi il cuore iniziò proprio a farmi male e quel tuo piccolo sorriso mi scaldò l'animo, temevo di star male, tanto il cuore mi doleva.

Ti offrì una sigaretta, ma gentilmente rifiutasti, così ti chiesi se volessi un caffè e annuisti un po' imbarazzata. Il mio cuore era imbizzarrito alla vista di te con le guance arrossate ma gli occhi coraggiosi, forse i miei brillavano, non riuscivo a controllare i miei battiti, né le mie amozioni, questo sì che mi fece andare nel panico.

Salisti sulla mia macchina e io non potevo fare altro che fumare e guardarti di sottecchi mentre la musica faceva da sottofondo ai nostri pensieri. Eravamo diretti al bar dove ti vidi per la prima volta. Capiamoci, ancora non conoscevo neanche il tuo nome e tu eri titubante nei miei confronti, tuttavia io non riuscivo a evitare né di guardarti e né di tenere a freno la mia curiosità; così per non risultare invadente ti raccontai una barzelletta, una squallida che non faceva ridere, o meglio a me divertiva, ma non a chi la raccontavo, era ché non capivano il mio senso dell'umorismo. Tu però mi precedesti nel finale, io ti guardai stupito e tu ridesti di gusto a quella barzelletta di merda o forse solo alla mia reazione. Inaspettatamente mi sfuggì un sorriso. Il cameriere dietro al bancone smise di prestare attenzione al cliente e ci guardò con occhi severi, stavamo facendo troppo chiasso, tu ti scusasti e poi mi sussurrasti che non potevi trattenerti a lungo: ti stava aspettando qualcuno a casa; così fuggisti di nuovo dal mio sguardo.

Quel giorno ti vidi per la seconda volta ma fu per la prima volta che ti vidi sorridere mentre tentavi di scansare la tua malinconia un po' più in là.

Ti persi di vista ancora una volta e mi persi un po' anch'io.

Cenere sui tuoi occhiWhere stories live. Discover now