al calar della notte

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ATTO VII

su questo tetto, anziano anni luce, di questa baracca in montagna, assaporo, con tutta la passione che le mie viscere amare possiedono, la pace della tanto voluta notte

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su questo tetto, anziano anni luce, di questa baracca in montagna, assaporo, con tutta la passione che le mie viscere amare possiedono, la pace della tanto voluta notte.

qui i miei vecchi nonni abitavano ed è qui che li ho visti assopirsi lentamente, così come tutta la mia amata dinastia; è il prezzo da pagare per esser immortale.

in questa notte solitaria, con il cuore strappato dal petto, ritorno in questa baita dopo aver fatto furore tra le tue mura. finalmente qui ritrovo la mia pace, il mio posto nel mondo; questa baita invecchiata come il vino, quello che tanto ti piace e quello che tanto amo assaporare dalle tue labbra, è il mio posto in questo mondo ipocrita e frivolo.

al calar della notte, quando i padroni di essa, i gufi, suonano la loro canzone e i grilli si fanno rumorosi, io mi dirigo da qualche parte in Italia, tra i colli, a inebriarmi del profumo della notte. mentre i miei pensieri si fanno distanti e la tua figura, che tanto soffrire mi fa, si allontana, si dissipa nei meandri della mia mente, mi faccio trasportare dal sole calante in una realtà dove io posso essere felice. e lo sono! ci crederesti? lo sono!

su questo tetto malandato, in questa notte di primavera, sono finalmente sereno; i miei pensieri si sono allontanati seguiti dalle preoccupazioni e hanno lasciato spazio alla quiete, ma domani sarà una nuova realtà e chi può dirlo che sarò come questa serena e solitaria notte?

ho vissuto tante vite per un tempo indeterminato e posso affermare che al sorgere di una nuova alba sarò tornato quello di sempre, pieno d'un insano amore e colmo d'un ispiegabile ira. ecco perché assaporo questa quiete con me stesso e me soltanto, perché in caso contrario non sarebbe più mia e non sarebbe più così tanto silenziosa. se decidessi di condividere la mia serenità incontrollata, penso si trasformerebbe in un'incontrollabile ira, sì perché io non so amare; non so provare quel sentimento amabile che voi chiamate amore, e se lo faccio, lo faccio male. so solo provare rabbia, lealtà e alle volte serenità.

la serenità è la notte che, con i suoi suoni e la sua mezza luna sorridente superba dall'alto, mi culla e si prende cura nella mia anima ferita da lame talmente sottili da lacerare tutti gli organi che mi popolano, ma sorrido ad occhi chiusi giacché le fasce che curano le mie ferite sono intrise di quel sentimento che chiamiamo pace.

su questo tetto lugubre giaccio, osservando il manto stellare che si estende sul mio viso e mi beo senza pudore della meraviglia che è la serenità.
sono egoista e la voglio tutta per me.

Cenere sui tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora