𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 55

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"𝐋𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞, 𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐢𝐚𝐥𝐨𝐠𝐚𝐧𝐨,

𝐦𝐨𝐧𝐨𝐥𝐨𝐠𝐚𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐬𝐞 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐟𝐚𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨𝐬𝐢 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐚 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐭𝐚."

(𝐉𝐞𝐚𝐧-𝐏𝐚𝐮𝐥 𝐌𝐚𝐥𝐟𝐚𝐭𝐭𝐢)

『♥』

Ero dopo Sarah. Mi fecero provare la coreografia un paio di volte, davanti a me avevo tutti i professori, compresa la maestra che sapevo già mi avrebbe dato un voto basso. La spalla non faceva male, ma ovviamente il fastidio c'era, ero così nervosa e arrabbiata con me stessa che iniziai a mangiarmi l'interno della bocca durante quasi tutta l'esibizione. Avevo fatto schifo, mi bastava guardare l'espressione di Emanuel Lo per capirlo, mi sentivo in completo imbarazzo. Sapevo di non essere brava e portata per certi stili, e da una parte lo accettavo, ma dall'altra avevo questa costante voglia di voler essere brava e perfetta in tutto. Il mio ingenuo egocentrismo, la parte più nascosta del mio pensiero, mi diceva che io ero capace di fare qualunque cosa, forse anche meglio di altri, fino a quando non mi mettevo davanti alla realtà dei fatti, e capivo che non era affatto così.

Ripassai anche diversi compiti arretrati, compreso quello che sapevo per certo mi avrebbero chiesto in puntata, così andai a cambiarmi ritornano in studio in culotte, maglietta corta a maniche lunghe, a piedi nudi e con le ginocchiere (e il tutore, ovviamente). Fare quel compito, con Sebastian, davanti ai miei compagni e Joseph, era ancora più imbarazzante che provare EXES con la sedia vuota fingendo un bacio immaginario con l'aria.

『♥』

Quando le prove generali finirono e ci mandarono in casetta, presi tutta la mia roba mettendomi il sacco rosso sulla spalla sana e uscii in silenzio dallo studio fermandomi in sala relax, con gli altri ragazzi che entrarono dopo di me. Lasciai il sacco sopra un tavolo e andai in bagno chiudendomi in uno dei tre box, volendo rimanere da sola. Mi sedetti sul gabinetto chiuso e immediatamente la mia testa venne inondata da quella vocina interiore che non smetteva di farmi sentire in colpa, per non parlare dei continui giudizi e della pessima figura che avrei sicuramente fatto il giorno dopo durante la registrazione. Tre settimane che arrivavo prima in classifica e poi, di colpo, ultima, sapevo sarebbe andata così, il mio sesto senso non sbagliava mai.

Come se non bastasse, con che coraggio avrei detto a Joseph, "mi sono sentita ignorata e messa da parte", quando lui stava dedicando tutto se stesso nel finire quel maledetto inedito di cui era anche in ritardo con la consegna? Ero una pessima fidanzata e mettere a tacere il mio egoismo, in quel momento di sconforto, era dura.

Restai lì dentro una decina di minuti, continuavo a passarmi le mani sui viso stropicciandomi gli occhi, il naso iniziò a gocciolare e la vista appannarsi.
Strappavo della carta dal suo contenitore per soffiarmi il naso, poi, rivolgevo lo sguardo in aria sperando che gli occhi si asciugassero da quelle lacrime che erano lì lì per bagnarmi le guance. Facevo diversi respiri profondi inspirando aria dal naso e buttandola fuori dalla bocca, con quella vocina in sottofondo che non smetteva di farmi sentire sbagliata e inadatta sia con me stessa che con lui.

Improvvisamente qualcuno bussò alla porta, riscuotendo il mio corpo con uno spavento. Rivolsi lo sguardo a terra vedendo un paio di scarpe da ginnastica, oltre la fessura sotto la porta, le riconobbi subito: erano quelle di Joseph.

«Sì?», dissi dopo aver deglutito il nodo che avevo in gola e asciugandomi gli occhi con la carta appallottolata che tenevo in mano.

«Tutto bene?», chiese col tono preoccupato.

𝔇𝔞𝔪𝔪𝔦 𝔲𝔫𝔞 𝔰𝔢𝔠𝔬𝔫𝔡𝔞 𝔭𝔬𝔰𝔰𝔦𝔟𝔦𝔩𝔦𝔱à ♥ 𝓗𝓸𝓵𝓭𝓮𝓷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora