16. consapevolezze

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Beatrice si trovava nel giardino principale della casetta, seduta sulla panca e stretta in un plaid rosso che aveva recuperato prima di uscire dalla casetta. Era sola e regnava il silenzio più assoluto, dovuto anche al fatto che fossero circa le due di notte.
Tutti dormivano, come anche lei avrebbe dovuto fare poiché l'indomani ci sarebbe stata la puntata, ma non riusciva proprio a prendere sonno.

Inoltre pensava anche al messaggio che le aveva mandato con molto ritardo suo padre, dicendole che aveva visto il daytime e che, nonostante tutto, lui ci sarebbe sempre stato per lei e Davide. Ancora, gli dispiaceva che il rapporto, come aveva detto a Maria, fosse inevitabilmente cambiato.
Anche a lei dispiaceva, soprattutto perché un tempo, prima dei litigi, della separazione e della leucemia, erano una famiglia felice, alcuni perfino invidiavano il fatto che fossero così uniti. E poi tutto era finito.
Ciononostante Bea non aveva alcun rimpianto o rimorso, e anzi era orgogliosa di come lei e suo fratello si fossero fatti forza e si fossero presi cura a vicenda, venendo su piuttosto bene.
Oramai avevano trovato un loro equilibrio.

E così era sgusciata via dal letto e, facendo attenzione a non svegliare nessuno, aveva deciso di prendere una boccata d'aria, con la promessa che sarebbe rientrata dopo cinque minuti, ma oramai era passata mezz'ora e non sembrava intenzionata ad entrare.

Improvvisamente i suoi pensieri vennero interrotti da un rumore, quello della porta che veniva aperta e richiusa. Bea non si girò per capire chi fosse, ma fu una folata di vento che le venne in aiuto, facendole inspirare un profumo di menta e tabacco che sentiva spesso quando si avvicinava ad una persona. Joseph.

«Ao Bea, che stai a fa'? So' le due» usò un tono di voce quasi preoccupato, credendo che fosse successo qualcosa o che stesse male.

Lei si girò verso di lui, stretto nel grande giubbotto che aveva infilato poco prima di uscire. «Non riuscivo a dormire — disse semplicemente — Ti siedi qui?» domandò con quell'ingenuità che lo mandava ai matti. Era di una purezza che non si riusciva a spiegare.

Non se lo fece ripetere due volte e si sedette al suo fianco, puntando lo sguardo verso il cielo privo di stelle a causa delle nuvole.
Ci fu silenzio per qualche secondo, e fu lei a romperlo dopo un po'. «Quando io e Davide eravamo piccoli, ci divertivamo a giocare con le nuvole. Nel senso che davamo loro delle forme, a volte erano davvero assurde — sorrise al ricordo — Un giorno lessi un libro, non ricordo quale, in cui l'autore scriveva che le nuvole rappresentano due tipi di persone: quelle che dentro hanno tanto, solo che lo trattengono e ad un certo punto esplodono perché non riescono più ad incassare, e quelle che sono capaci di far uscire il sole nella vita di qualcuno che ha vissuto nel buio per troppo...» si perse nei ricordi e nel racconto, mentre guardava in alto.

Al suo fianco Holden l'ascoltava senza fiatare, troppo preso da ogni parola che le usciva dalla bocca. Ogni cosa che diceva catturava il suo interesse e lui trovava intrigante da far schifo Beatrice, il suo modo di essere, i suoi modi di fare, di parlare.
Gli piaceva il fatto che fosse simile a lui, che fosse un'acuta osservatrice e che fosse molto delicata anche nei rapporti. Soprattutto con lui. Non aveva mai detto una parola di troppo, si erano rispettati a vicenda e stavano costruendo un legame bello, un qualcosa su cui entrambi avrebbero potuto fare affidamento.
Stava davvero entrando in punta di piedi, lei.

Poi pensò alle sue parole e si rese conto che, stando a quanto detto, lei era una nuvola.

Beatrice era realmente in grado di portare il sole nella vita delle persone e non lo faceva solo con lui. Era evidente a tutti che fosse un'anima buona, capace di far stare bene tutti.

Nuvola.

Improvvisamente Bea parve ritornare con i piedi per terra. «Scusa, non volevo annoiarti con 'ste storie».

NUVOLA | HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora