Capitolo 8.

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Capitolo 8.


Giada aprì gli occhi dopo essere stata tormentata per un po' di minuti dai raggi del sole nascente in quella nuova mattina.
Era passati alcuni giorni e gli Ittiti ancora non si erano fatti vivi, i più speranzosi pensavano che avessero ripiegato mentre altri sostenevano di averli visti accampati non lontani dalla città.
Achille non era accanto a lei, la sera prima le aveva anticipato che sarebbe andato ad allenare Telemaco all'alba sotto richiesta di Ulisse.
La ragazza si lasciò preparare dalle ancelle e cominciò a passeggiare senza meta nel palazzo, non aveva granché da fare ma pur di evitare di tessere per l'ennesima mattina avrebbe volentieri camminato per tutta la giornata.
Si ritrovò davanti ad una tenda talmente impolverata da nascondere tutto ciò che c'era dall'altro lato.
Giada conosceva bene quella tenda, perché dietro di essa c'era quella che una volta era stata la camera di sua madre, perché come da consuetudine Elena e Menelao dormivano in stanze separate.
Giada la considerava una cosa snaturata per due persone sposate.
Con cautela scostò la tenda e si ritrovò in quella stanza così piena di ricordi, dove il tempo sembrava essersi fermato.
Quella stanza aveva visto l'unione delle carni dalle quali Giada era nata, aveva visto sbocciare l'amore di sua madre per Paride, quella stanza era stata testimone di troppe cose.
Ma nulla sembrava cambiato dal giorno in cui Elena l'aveva lasciata per giungere a Troia.
I gioielli nello scrigno sul tavolo di legno erano ancora lì, coperti da un fitto strato di polvere, e il letto aveva le stesse coperte di lana intessute anni prima.
Senza rendersene conto Giada scoppiò in lacrime mentre osservava un mosaico fatto dagli artisti di palazzo, che ritraeva sua madre in tutta la sua bellezza.
Pianse per quella donna così uguale a lei, da cui probabilmente aveva ereditato molto più degli occhi azzurri o dei tratti morbidi del corpo.
Pianse perché la voleva accanto a sé, voleva sentire le sue favole in cui una donna del popolo sposava un bellissimo imperatore, voleva stare stretta al suo seno e sapere che ogni giorno avrebbe avuto il suo lieto fine.
Pianse perché quella madre che tanto voleva l'aveva abbandonata e non era giusto, non lo meritava.
Pianse perché non sapeva tante cose di lei che invece avrebbe voluto conoscere.
Pianse perché non sapeva dov'era, se era viva o morta, se le importava ancora di sua figlia.
Pianse perché aveva paura che prima o poi il tempo inesorabile avrebbe potuto farle dimenticare tutto ciò che ancora ricordava di sua madre.
Le calde lacrime, che scivolarono lungo il mento dopo aver lasciato una scia amara sulle guance, caddero poi sul dipinto che aveva tra le mani.
E da quelle lacrime, magicamente, si sollevò un bagliore innaturale e ancora una volta Afrodite la fronteggiò con uno sguardo comprensivo, più bella di ogni altra donna o dea.
Giada, ormai meno stupita, alzò lo sguardo verso di lei, con gli occhi chiari pieni di lacrime.
"Perché...? Perché mi ha lasciata qui da sola...?" chiese la principessa in un sussurro, con il labbro inferiore che tremava.
Afrodite continuò a guardarla senza dire nulla per qualche altro istante, poi come per magia le lacrime scomparvero dal viso della ragazza.
"Perché se fosse rimasta qui sarebbe morta asfissiata da un uomo che non l'amava. Si fanno delle scelte, piccola mia. Ma non c'è giorno in cui tua madre non pensi a te, io lo so"
Giada tirò su col naso, cercando di ridarsi un contegno.
"Lei ha chiesto aiuto a te per scappare, non è vero?" domandò titubante la principessa.
Afrodite annuì senza esitazione.
"Ha pregato affinché le dessi un consiglio, io non potevo di certo vedere mia figlia in quelle condizioni. Così ho lasciato che l'amore tra lei e Paride scoppiasse più forte* e lei si convinse a partire... Ho solo fatto il suo bene, non immaginavo le conseguenze che ciò avrebbe provocato, Zeus mi ha già adeguatamente punito per aver causato quella guerra."
La ragazza abbassò lo sguardo, sorridendo amareggiata.
Nessuno aveva pensato a fare il suo, di bene.
Per lungo tempo un silenzio riposante avvolse le due donne poi Giada si alzò dal talamo su cui si era seduta, poggiandoci sopra il ritratto che teneva tra le mani.
Camminò fino alla toeletta e ci si sedette, scostando con il palmo della mano la polvere dalle pietre preziose, vedendo sulla loro superficie quasi limpidamente il proprio riflesso.
Afrodite fluttuò alle sue spalle.
"Cosa vedi, Giada? Io vedo una delle più belle donne greche, di nobile famiglia, principessa della più potente delle città, innamorata del più grande dei guerrieri. Sii fiera di ciò che sei ora, tesoro, sii felice di questo presente" le disse dolcemente, accarezzandole i boccoli biondi.
"Ho bisogno di sapere, Afrodite. Ormai conosco fin troppo bene ciò che è successo quando mia madre se n'è andata, ma ora devo sapere dov'è. Mi hai fatto capire che è viva. Dove si trova? E' ancora con Paride?"
La dea della bellezza, posizionata alle sue spalle, allungò la mano fino allo scrigno dei gioielli e cominciò a rovistarci dentro.
Scelse una bellissima collana, simile ad un collare, formata da tanti ghirigori in oro battuto.
La prese tra le proprie mani e il gioiello, a quel contatto, parve riacquistare un po' della sua antica lucentezza.
Mentre la fissava al collo di Giada con delicatezza, iniziò a parlare.
"Paride è morto da un po' di mesi, maledetto da Atena"
"E mia madre? Atena ha punito anche lei?"
Afrodite accennò una piccola risata, mentre faceva vagare nuovamente la mano nello scrigno sul mobile intagliato nel pregiato legno d'ulivo.
"Non può, mia cara. Tua madre è pur sempre una semidea ed è mia figlia, non conviene ad Atena farle del male. Elena è al sicuro, insieme ad una ninfa del mare"
Non ci volle molto prima che Giada districasse il filo del discorso.
"Una ninfa del mare? Non vorrai mica dirmi che lei è...-"
"A Ftia, con Teti. E' stata proprio la madre del tuo bel guerriero a richiedere di conoscere Elena, colei che ha messo al mondo la donna di cui suo figlio si è tanto invaghito"
La principessa arrossì leggermente.
Non immaginava che Teti avesse il dono dell'occhio onnisciente. Afrodite chiarì i suoi dubbi.
"Nel caso tu te lo stia chiedendo, a quanto pare è Achille che le parla spesso di te, tesoro"
Finalmente, dopo minuti di sconfinata tristezza, un timido sorriso si fece largo sul viso di Giada, che però tornò subito a concentrarsi su sua madre.
"Da quanto è lì?"
"Da quando i sovrani sono giunti qui a Sparta. Lei sa tutto Giada, sa tutto ciò che hai fatto ogni singolo giorno da quando è andata via, Cassandra* viaggiava con lei e le mostrava ogni cosa. So che per te è difficile non avercela con lei, ma sappi che non ha mai smesso di volerti bene"
La bionda annuì silenziosamente, la dea aveva cominciato ad adornarle la testa con dei particolari ferretti per capelli che prima erano appartenuti ad Elena.
"E ora che succederà? Non la rivedrò mai più?" chiese, distogliendo lo sguardo dal proprio riflesso e girandosi verso Afrodite, che le sorrise.
"Al momento giusto potrai riabbracciarla. Il mio tempo qui è scaduto, Giada, ma tu non dimenticare le mie parole"
"No aspetta, ho altre cose da chiederti...!"
Ma ormai la dea era sparita, lasciando dietro di sé un aroma di fiori freschi.
Pochi istanti dopo la tenda della camera da letto venne scostata nuovamente e l'imponente figura di Achille si fermò sotto l'arco, poggiato alla parete.
"Eccoti finalmente! Ti ho cercata ovunque"
"Scusami, avevo bisogno di pensare un po'... Andati bene gli allenamenti?"
Il ragazzo si avvicinò a lei, accovacciandosi alla sua stessa altezza poiché era ancora seduta sullo sgabello.
"Sì, tutto bene, ma tu? Sembri strana"
Giada non gli parlò né del primo incontro con la dea né di quell'ultimo, non sapeva se fosse contro il volere di Afrodite, ma gli espresse comunque i suoi dubbi.
"Pensavo a mia madre... tu hai sentito la tua, ultimamente?"
La ragazza non chiedeva mai ad Achille di Teti, sotto certi aspetti la temeva, molti dicevano che odiasse gli esseri mortali.
"La vedo ogni notte, mi appare in sogno, ed io le parlo. Le parlo anche di te, a dire il vero"
"E lei? Non le piaccio?" chiese Giada, con una leggera punta di panico nella voce.
Achille accennò un sorrisetto.
"A mia madre non piace nessuno. Ma dice di aver visto l'amore che brucia in noi, che proviamo l'uno per l'altro e che non può opporsi ad un sentimento del genere"
Anche la principessa si lasciò contagiare da quel sorriso, ora molto più rilassata.
La prospettiva che una ninfa del mare, una delle creature divine più privilegiate dopo gli Dei, potesse odiarla non l'allettava particolarmente.
"Mi ha anche detto di volerti conoscere meglio, le avevo proposto di incontrarci ma lei mi ha detto che non intendeva quello. Non ho ben capito di cosa parlasse, ma mia madre è così, quando dice tutto vuol dire niente" commentò lui, con un'alzata di spalle.
Giada invece sapeva bene a cosa si riferiva, all'ospitare sua madre a Ftia, ma non disse nulla, se Teti non voleva farglielo sapere un motivo ci sarebbe stato.
"Ora forza, usciamo da qui. Non ci vorrà molto prima che tuo zio metta sottosopra il palazzo per costringerti ad un pomeriggio con le ancelle"
"Che lo faccia pure. Credo proprio che a quell'ora mi troverà in giardino a leggere storie d'amore a Telemaco e Patroclo per il solo divertimento di vederli disgustati" ribattè Giada compiaciuta, scoppiando a ridere poco dopo.
Achille scosse la testa divertito ed insieme lasciarono la stanza di Elena.
Ancora una volta il servo di Agamennone li osservava nell'ombra.











NOTE:
– Ricordiamo anche che Afrodite fece innamorare Elena del principe troiano perché aveva promesso a Paride che, se l'avesse votata come più bella delle dee nella sfida contro Era ed Atena, gli avrebbe dato in sposa la più bella delle donne mortali.
– Cassandra è una delle figlie di Priamo, dunque sorella di Paride, ed aveva il dono della preveggenza ma la maledizione di non essere creduta da nessuno. Io l'ho citata solo per la sua capacità divina.

La principessa di Sparta [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora