Capitolo 13.

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Capitolo 13


Quella mattina Achille e Giada si svegliarono abbracciati quando il sole era già alto nel cielo.
Il soldato acheo lasciò un bacio sulla fronte della ragazza, tirandosi a sedere al centro del grande letto a baldacchino.
"Non resti un po' qui?" gli chiese Giada, con il corpo nudo nascosto tra le lenzuola.
"Vorrei tanto, mia principessa, ma la pace non è ancora stabilita. Nestore farà arrivare qui a palazzo un vostro lontano cugino per assegnare il trono e vuole che parli con lui"
La ragazza annuì distrattamente, non vedeva l'ora che tutto finisse, così sarebbe potuta andare lontano insieme al suo bel guerriero.
Era stufa di quella guerra, era stufa di veder bruciare tutte quelle pire sulla spiaggia di Sparta.
Nessun altro sarebbe morto in favore di quella causa.
Achille si lasciò la stanza della ragazza alle spalle e scese al piano di sotto, dove gli altri generali lo attendevano.
Da quando Agamennone era morto i sovrani greci prendevano ordini da lui.
Ad Achille non piaceva quella posizione, non era fatto per comandare qualcuno che non fosse il suo esercito.
In verità nemmeno gli interessava di quel parente che Nestore gli stava presentando, un noioso e squallido principe della Tracia, lui voleva solo porre fine a quel teatrino e tornarsene a Ftia con Giada.
Ulisse interruppe la chiacchierata tra Achille, Nestore e il futuro sovrano spartano.
"Achille c'è Tabal alle porte della città, vuole sfidarti a duello... ha accettato la sfida!"
Un sorrisetto beffardo comparve sul viso del biondo: finalmente era giunta la resa dei conti.
Il soldato ci mise poco ad infilare l'armatura lucente e ad afferrare la spada forgiatagli da Efesto in persona.
Giada appena seppe dello scontro si precipitò immediatamente nel salone d'ingresso, poco prima che Achille mettesse piede fuori.
"Achille, aspetta!"
Richiamato dalla sua voce, il biondo si voltò indietro.
Osservò Giada scendere di corsa le scale, meravigliosa nella sua tunica color porpora con elaborati ricami dorati sulle spalle.
Appena furono abbastanza vicini la principessa prese il viso di Achille tra le mani e vi lasciò un bacio appassionato, mentre lui la teneva con un braccio stretta a sé.
"Mi raccomando, fa attenzione..."
"Non preoccuparti"
Lo seguì con lo sguardo, vedendolo attraversare le grandi porte del palazzo che si richiusero alle sue spalle, poi seguì i generali sul grande terrazzo per assistere allo scontro.
"Sta tranquilla Giada, nessuno è uscito vittorioso da un duello con Achille" la rassicurò Patroclo, facendole un occhiolino al quale lei rispose con un sorriso non del tutto convinto.
Achille era giunto alle porte della città, dove Tabal lo attendeva nella sua armatura bronzea.
"Finalmente hai il coraggio di affrontarmi senza i tuoi soldati!" lo beffeggiò Achille.
L'altro non sembrò colpito dalla provocazione.
"Il vincitore diventerà sovrano di Sparta" stabilì il principe ittita, già con la lancia alla mano.
Il biondo fece un sorrisetto.
"Quando avrò finito di te non resterà nemmeno la polvere!"
Entrambi lanciarono un grido e si scagliarono l'uno contro l'altro, dall'alto del palazzo Giada teneva il fiato sospeso.
Le lance si sfiorarono appena, entrambe erano fuori traiettoria.
Fu dunque il momento di estrarre le spade, che si scontravano tra loro producendo un forte rumore metallico.
In giro per Sparta non c'era anima viva, sembrava una città fantasma, nessuno voleva vedere un altro spargimento di sangue su quelle strade.
Ormai Tabal più che attaccare si limitava a parare i colpi di Achille con lo scudo mentre il greco non sembrava affatto stanco, che fosse davvero l'effetto della sua discendenza divina?
Il principe ittita, indietreggiando, inciampò su un sasso.
Un ricordo attraversò la mente di Achille come un lampo, riportandolo fuori le mura di Troia anni prima.
Qualche differenza?
Quella volta non gli importava affatto che una stupida pietra si prendesse la sua gloria.
Impugnò con sicurezza l'elsa della spada e diede un ultimo sguardo al viso contratto dal terrore del ragazzo che doveva avere l'età di Giada.
Tabal serrò gli occhi, pronto ad incontrare Ade.
Quando lì riaprì, un paio di secondi dopo, vide la luce del sole e il cielo azzurro.
Si chiese se si trovasse già ai Campi Elisi.
Poi girò leggermente a destra il capo e vide la spada di Achille conficcata nel terreno a pochi millimetri dal proprio orecchio.
Il soldato acheo lo sovrastava.
Dunque era ancora vivo!
"Ora va via da questa città e non farvi mai più ritorno, sono stato chiaro? La mia spada non sarà così generosa la prossima volta"
Giada, così come tutti gli altri, spalancò la bocca per lo stupore quando vide Tabal, molto provato ma vivo, attraversare zoppicando le porte di Sparta.
Achille aveva visto in quel ragazzo così giovane la possibilità di cambiare e di ricominciare in qualche modo: Giada gli aveva insegnato che c'era sempre una seconda scelta, che non bisogna fermarsi alle apparenze.
E dunque aveva deciso di risparmiarlo.
Grazie Giada, è merito tuo e del tuo amore se la mia spada non manderà quest'anima sulla barca di Caronte, pensò.
Gli spartani, curiosi, erano tutti affacciati alle finestre e semi-nascosti dietro gli usci socchiusi.
Achille si guardò intorno, alzò la spada al cielo, ed urlò: "Questa guerra è finita, spartani! Tenete ben a mente il nome di Achille, il vostro salvatore!"
In risposta i cittadini si riversarono in strada, strillando e festeggiando, poi tutta la città fu riempita da un coro di voci che invocava il nome del soldato mirmidone.
Il ragazzo però rivolse il suo sguardo alla sagoma lontana di Giada sul terrazzo principale. Ella aveva le labbra increspate in un lucente sorriso.
Era la consapevolezza che finalmente tutto sarebbe tornato alla normalità e loro avrebbero potuto vivere il loro amore alla luce del sole.
Quando Achille, alla fine dei festeggiamenti, tornò a palazzo, trovò Giada stesa sul suo letto.
Immediatamente sorrise.
La ragazza, avvolta ancora nella sensuale tunica color porpora, lo raggiunse e gli si piazzò davanti.
"Devo forse inchinarmi a questo mitico eroe?" scherzò, accarezzandogli il petto.
Lui la prese in braccio, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi color del mare e la adagiò nuovamente sulle lenzuola.
"Penso che a questo eroe spetti una ricompensa per la sua vittoria"
I loro nasi si sfiorarono, Achille la sovrastava ma spostò il peso sui gomiti ai lati del viso della ragazza per non farle male.
Giada era già inebriata dal suo profumo.
"Tutte le ricompense che vorrai..." gli sussurrò, unendo le loro labbra in un bacio pieno di trasporto.
"E tu cosa vuoi, Giada? Cos'è che desideri?"
"Desidero il tuo amore. Amami, Achille"
"Non puoi desiderare qualcosa che è già tuo"
Il sorriso che si venne a formare sul viso della principessa fu nascosto da un nuovo sfiorarsi di labbra, stavolta molto più dolce.
Ormai loro due si appartenevano.

La principessa di Sparta [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now