parte 9- solo un pò di tempo 🍂

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Dopo circa un minuto iniziò a parlare.

Sami: sti figli di puttana non sanno nemmeno fare il loro lavoro, almeno glielo insegnamo noi.

Io: Sami che cazzo vuoi fare?.

Non rispose quindi decisi di passare alle maniere più forti.

Io: ferma la macchina.

Lo fece senza farselo ripetere due volte, anche perchè non avevo intenzione di farlo.

Io: ora parla.

Sami: Arbi stai tranquilla, tu dovrai solo stare a casa ad aspettarmi.

Io: e secondo te sapendo che sei in pericolo dovrei stare tranquilla e pure a casa? Scordatelo Sami. Parla, ora.

Sami: ho solo trovato un modo per farli uscire, non sarò in pericolo.

Io: nono certo, ma quale pericolo.

Dissi ovviamente ironica.

Sami: Arbia cazzo ti ho detto fidati quanto cazzo ci vuole a fartelo capire? Lasciami stare e non mi rompere il cazzo.

Disse guardandomi negli occhi per poi fare ripartire la macchina, facendola andare il doppio più veloce di prima.
Non dissi più una singola parola perchè se parlavo il nodo che avevo in gola si scioglieva in un pianto.

Guardai tutto il tempo fuori vedendo i paesaggi bui passarmi davanti con una velocità indescrivibile, per un attimo pensai che la macchina stesse iniziando a volare di quanto andava veloce.

Appena arrivati a casa scesi dalla macchina sbattendo lo sportello e senza nemmeno aspettarlo salii a casa, presi dei vestiti a casa e mi chiusi in bagno con lo sguardo dispiaciuto di Sami addosso.

Chiusi la porta del bagno a chiave e mentre la vasca lentamente si riempiva di acqua bollente mi sedetti sul gabinetto appoggiandomi le mani sulla faccia e iniziando a sciogliere il nodo che avevo in gola.

Iniziai a piangere fregandomene di tutto.
In realtà non sapevo nemmeno io il motivo per cui stessi piangendo.
Sapevo che Sami era una persona responsabile e che sarebbe stato attento.
Probabilmente le parole che mi aveva detto mi avevano toccato particolarmente.
E pure non aveva detto niente di tanto grave, perchè mi fa questo effetto?.

Stavo impazzendo.

Il pianto iniziò ad aumentare.
Il respiro iniziava a mancare e
la vista lentamente si impagliava sempre di più.

Pov's Sami.

Mi sedetti sul letto pensando alla reazione esagerata che avevo avuto. Non mi capita quasi mai di predermela così tanto specialmente di innorvosirmi così facilmente.

Sentivo l'acqua scendere ininterrottamente quindi decisi di alzarmi e provare ad aprire la porta quando, avvicinandomi, sentii un pianto letteralmente disperato.

Porca troia.

Io: Arbia, apri cazzo.

Arbia: lasciami in pace coglione.

Sbuffai, per la sua sfortuna però quella era casa mia e la conoscevo più di chiunque altro.

Andai nella stanza da letto e presi una scatola in fondo all'armadio con dentro la seconda copia di tutte le chiavi delle stanze presenti in quella casa.

Presi quella del bagno e tornai davanti la porta di essa.

Io: Arbia, sicura che non vuoi aprire?.

Chiesi più dolcemente, non volevo aprire quella porta se lei non voleva ma dovevo farlo, avevo sbagliato e avevo bisogno di scusarmi.

Arbia: Sami, per favore, lasciami in pace.

Infilai la chiave nella serratura della porta quando sentii il pianto di Arbia aumentare, mi fermai con la mano.

Io: Arbia, ho bisogno di parlarti.

Nessuna risposta.

Girai la chiave e aprii la porta.

La vidi con tutti i capelli scombinati, con la mia maglietta preferita e di sotto niente.
Quando l'aveva presa quella maglietta?.
Pensai.

Può essere che era bella in qualsiasi modo, appena sveglia, mentre piange, incazzata, felice. Sempre.

Io: Arbi, scusami.

Arbia: Sami.

Mi avvicinai a lei e gli accarezzandogli la testa dolcemente.

Io: dimmi.

Arbia: mi abbracci?.

Sorrisi spontaneamente e la abbracciai.
Non avevo mai dato un abbraccio così caloroso e sincero.

Era lei, l'unica che faceva battere il mio cuore freddo.

Mi lasciò un bacino sulla guancia dolcemente asciugandosi le lacrime e alzandosi per poi andare davanti allo specchio e aggiustarsi i capelli.

Pov's Arbia.

Io: ora puoi uscire?.

Mi girai verso di lui e lo guardai negli occhi.

Annuì, lo guardai negli occhi.
In questo momento i suoi occhi emanavano sensi di colpa, tristezza e paura.

Gli accarezzai dolcemente la guancia.

Uscii e richiusi nuovamente la porta per poi spogliarmi e infilarmi dentro la vasca, l'acqua era letteralmente bollente, ma in quel momento poco mi importava.
Cercai di dimenticare tutto quello che era successo beandomi la sensazione dell'acqua calda sulla mia pelle.

•revisionato

𝒜 𝒫𝓇𝒾𝓂𝒶 𝒱𝒾𝓈𝓉𝒶 - SackyWhere stories live. Discover now