24 @LeeRuMa - Elia

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Guardo il telefono, lo schermo bloccato e nessuna notifica che richiede la mia attenzione. Per anni quel piccolo trillo è stato sia la mia gioia sia il mio dolore. Ero felice quando mi scriveva, un po' meno quando mi raccontava del suo cuore. Le cose sono destinate a finire, non possono durare per sempre ricordo una conversazione che abbiamo avuto una sera, serve a mantenere l'equilibrio. Eppure questa nostra conclusione, questo non essere più quei due amici virtuali, mi rende un po' triste se ci penso, sebbene alla fine tutto quello che ho desiderato e che volevo si sia trasformato in realtà. 

Non avrei mai immaginato che un giorno potessi pensare prima a qualcuno e solo in un secondo momento alla mia musica, perché credevo che quel mio mondo fatto di note mi avesse inglobato così saldamente da impedirmi di provare quasi la stessa emozione per una sola persona. È un'altra forma d'amore, ma questa è più profonda, più pura, ma soprattutto solo e unicamente mia. 

«Di cosa vuoi parlarmi?». La voce di papà che entra in cucina mi fa sobbalzare sulla sedia. 

Lo guardo e poi arriccio un labbro in segno di protesta. Ancora non riesco a capire come faccia a sapere esattamente quello che penso. «Io e Filippo stiamo assieme». Perché ignorare la sua indagine sarebbe più stancante. 

«Lo sapevo». Un sorriso simile a quello che mi ha fatto quando gli ho detto che ero stato accettato al conservatorio illumina il suo viso. 

«Ti sentivi così sicuro?». Domando, iniziando a giocherellare con il bicchiere nel quale è rimasta un po' d'acqua. 

«Sì e no. Sono rimasto colpito dalle parole che ha scritto per candidarsi come assistente, sembrava racchiudessero molto di più di quello che non aveva detto e ammetto che quando l'ho visto in aula ho pensato che fosse proprio un bel ragazzo, cosa che non avresti di certo ignorato». Ride e a me non rimane che scuotere la testa.

«Immagino non mi dirai cos'ha scritto». 

«Non posso, fattelo dire da lui». Alza le spalle, passando la patata bollente a Filippo. 

Quando suonano alla porta so che è il mio ragazzo, mi aveva già detto che aveva del lavoro da fare in studio e un po' mi dispiace di non averlo avvisato d'aver confessato la nostra storia a papà, che proprio in questo istante gli sta aprendo la porta. Lo inseguo, giusto nel caso l'uomo che non si fa mai i cazzi suoi lo inizi a torturare. 

«Ecco qui mio genero». Lo saluta entusiasta, e un po', ma solo un po', mi diverto. 

«Buongiorno suocero». Non si tira indietro Filippo. 

Si sorridono e solo dopo aver chiuso la porta papà continua a parlare. «Questo non vuol dire che siccome rendi felice mio figlio avrai tutti voti alti, eh?». 

«Li avrò eccome». Gli risponde invece lui togliendosi il piumino. «Perché sono dannatamente bravo». 

Lo psicologo di casa scoppia a ridere e poi appoggia un braccio sulle spalle di Fil. «Andiamo a preparare la lezione». Gli dice, rubandomi quegli occhi grigi da sotto il naso, senza lasciarmi il tempo nemmeno di salutarlo. 

Sbuffo e poi torno di sopra a quello che era il mio unico amore prima di incontrare Bee nella vita vera. Suono, non so per quanto, ma mi alleno su passaggi difficili e poi su melodie più veloci. Suono per non pensare, per liberare la mente e sentirmi libero. Suono perché è quello che amo fare da quando ho ricordi. Non mi accorgo del tempo che scorre, come non sento i passi sulle scale, ma percepisco chiaramente il suo sguardo fisso sulla mia schiena. Non mi fermo, continuo a lavorare e solo quando le sue braccia circondano il mio torace e il suo mento si appoggia sulla mia spalla, rallento il ritmo, suonando qualcosa di più lento e dolce. 

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