09. I'm A Mess

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"Oh, I'm a mess right now,
Inside out. Searching for
A sweet surrender, but
This is not the end".

Faticai un po' a riaprire gli occhi, quando la debole luce dell'alba mi accarezzò il viso, irrompendo dalla finestra alla mia destra, priva di una tendina per riparare dai raggi solari. Avevo il collo e la schiena indolenziti, e mi facevano un gran male, così come la testa. Mi stropicciai le palpebre con le dita e sbadigliai, per poi cercare di mettere a fuoco il luogo in cui ero. Pensai che di sicuro non era la mia camera. C'era una pila di vestiti che formava una Torre di Pisa su una delle due sedie accostate alla scrivania, e alcuni panni erano anche caduti sul pavimento. C'erano dei poster di vari cantanti appesi alle pareti, e i due letti erano completamente intatti. Solo in quel momento realizzai di essere seduta sul pavimento. A pochi centimetri da me, sulla moquette blu, c'era una macchia - ormai secca - con ancora qualche foglio di carta igienica su di essa. Provai a stiracchiarmi, e mi resi conto di avere un braccio di qualcuno attorno al busto. Mi voltai lentamente verso sinistra, e i miei occhi si sbarrarono per lo stupore, quando mi accorsi che, addormentato, con la testa appoggiata al materasso del letto e la bocca aperta, c'era Peter Poole, con una bandana blu in testa e i capelli tutti spettinati. Avevamo entrambi tutti gli abiti addosso, quindi, non so dire se con sollievo o meno, concretizzai che non era successo niente. Meditai sul fatto che quella dovesse essere la sua stanza. Avevo l'orrendo odore di vomito addosso, mentre il suo profumo mi stava a dir poco soffocando. Abbassai lo sguardo sulla mia maglietta, e notai che c'era una piccola chiazza bianca sull'orlo. Avevo rimesso davanti a Peter, e quella macchia sul pavimento l'avevo procurata io. Mi diedi dell'idiota. Cercai di riassumere nella mia mente gli avvenimenti della serata precedente, ma con scarsi risultati: tutto ciò che riuscivo a rammentare era il mio ingresso in un bar (di cui, naturalmente, non ricordavo il nome). Sbuffai e tentai di rimuovere con cautela la sua mano dal mio fianco, poi mi feci forza al suolo con i palmi, per darmi una spinta e riuscire ad alzarmi. Ma fu una pessima, pessima trovata. La testa cominciò a girarmi vorticosamente e caddi su uno dei letti, emettendo un lamento che era un misto tra dolore e frustrazione. Chiusi gli occhi per qualche attimo e, quando li riaprii, vidi Peter scostarsi dal materasso e massaggiarsi il collo con una mano, mentre sbadigliava. Mi sollevai sui gomiti e ignorai momentaneamente tutte le fitte che avevo più o meno ovunque. Lo vidi guardarsi attorno spaesato, grattandosi la testa, poi si voltò verso il letto su cui ero caduta e incrociò i miei occhi. Erano incredibilmente luminosi, i suoi, anche a prima mattina, seppure segnati dalla stanchezza. Si intonavano così bene a quella bandana blu... Mi fissò a lungo senza dire niente, e nemmeno io proferii parola. Solo i nostri respiri procedevano a ritmo, e i miei si fecero più intensi, quando si mise in piedi, pigramente, e si sedette a sua volta sul duro materasso. Il mio cuore perse un battito, quando mi sorrise debolmente, e quando la sua voce roca e stanca mormorò: "Buongiorno". Mi stava sorridendo, e mi stava anche rivolgendo la parola. Contemporaneamente e senza traccia di ironia. Cosa avevo fatto, la sera prima, per far sì che il suo atteggiamento nei miei confronti cambiasse da un verso all'altro, non ero capace di ricordarlo. Ma, in ogni caso, mi congratulai vivamente con me stessa per quegli sviluppi.

"Buongiorno" ribattei, sommessamente, con la voce impastata di un'idiota ubriaca appena sveglia.

Mi sorrise ancora, e il mio cuore reagì immediatamente a quel gesto. Successivamente, si alzò e allungò le braccia in aria per stiracchiarsi. Poi scomparì, in quello che in seguito appurai essere il bagno, riemergendone con un bicchiere colmo d'acqua e con una non ben identificata polverina bianca all'interno, proveniente da una compressa che si era depositata sul fondo del contenitore e che si stava pian piano sciogliendo. Mi porse il bicchiere di vetro e me lo avvicinò alle labbra, che io socchiusi, lasciando che il liquido mi scivolasse per la gola. Aveva un sapore terribile, ed era di sicuro tachipirina. Bevvi fino all'ultimo sorso, per poi assumere un'espressione più che schifata e farlo ridacchiare.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoWhere stories live. Discover now