17. So Far Gone

14.9K 647 133
                                    

"Tell me the wars you're fighting.
Behind a smile you're hiding all
Of the things I know you want to say".

Fissai interdetta la mano che mi stava porgendo, indecisa su cosa fare. Principalmente perché non avevo ancora realizzato cosa fosse appena accaduto. Spostai lo sguardo dalle sue dita affusolate ai suoi occhi, già puntati su di me. La sua espressione era impenetrabile, e ciò mi impediva di capire come si stesse sentendo realmente o cosa stesse pensando. Dal suo tono di voce non ero riuscita a dedurre niente e, a quanto pareva, non avrei potuto neanche dai suoi occhi. Volevo chiedergli cosa c'era che non andava, cosa avevo detto per farlo reagire in quel modo. Sembrava quasi terrorizzato, fino a qualche attimo prima. L'unica cosa che avevo compreso era che Peter si chiudeva a riccio, quando non voleva far carpire agli altri cosa stesse passando per la sua testa. Il che era un grande svantaggio, per me. Non impiegai tutto quel tempo per decidere se andare con lui o meno, perché quello non era neppure da mettere in dubbio. Il problema era la reazione che aveva avuto, e il fatto che il mio cervello si fosse focalizzato solo su quella, incominciando a elaborare una marea di congetture o ipotesi sul perché si fosse comportato in quella maniera. Ma non potevo continuare a struggermi per cercare una soluzione a un'incognita senza nome, per cui congiunsi le mie dita fredde alle sue calde, e mi alzai da quella gelida e scomoda sedia di plastica blu. Mi strinsi maggiormente nel mio cappotto pesante (dal quale non mi ero mai separata neppure al chiuso, negli ultimi giorni, essendo diventata più freddolosa del solito), richiudendo la cerniera. Lui afferrò con l'altra mano quello che aveva precedentemente poggiato attorno allo schienale della sua sedia e il suo zaino, incamminandosi poi verso l'uscita della caffetteria. Non assunse un'andatura particolarmente veloce, il che mi fece rilassare, perché quando iniziava a correre o a marciare era davvero impossibile stargli dietro. Non aveva detto niente, non mi guardava nemmeno. Però seguitava a stringermi forte la mano. E quel semplice contatto, pelle contro pelle, mi faceva tremare le gambe ogni dannata volta. Forse era anche per quello che procedevo più lentamente rispetto a lui.

"Ti dà noia fare una passeggiata?" mi domandò, il tono di voce basso e grave, quasi come se in realtà mi avesse chiesto di che colore avevo le mutandine.

Scossi solamente la testa, e lui annuì, dopodiché si zittì ancora una volta. In realtà non avevo per niente voglia di fare una passeggiata: 1. Perché sono una delle persone più pigre che possano esistere a questo mondo - e lo sai anche tu -, quindi non mi andava molto a genio quell'idea; 2. Perché, di quel passo, se lui non si azzardava a fiatare neanche per sbaglio, io sarei rimasta da sola con i miei pensieri, e non sapevo fino a che punto mi sarebbe convenuto, in quel momento. Ma acconsentii lo stesso, perché non avevo la forza di contestare, e perché volevo capire quali fossero i suoi piani, e dove volesse portarmi. Faceva freddissimo, nonostante non fosse ancora inverno e, anzi, l'equinozio d'autunno sarebbe arrivato a breve. L'aria gelida mi pungeva le guance e mi faceva ghiacciare le mani. Me ne portai una in tasca e infoderai il collo nel cappotto, perché non avevo una sciarpa. Peter lasciò momentaneamente la mia mano per infilarsi il giubbotto, e tirò fuori da una manica un cappellino verde scuro, che si mise poi in testa. Sospirai, mi aggiustai lo zainetto in spalla, e ficcai anche l'altra mano in tasca, accogliendo con gioia il torpore della stoffa calda contro la mia pelle. Il cielo era sereno, anche perché, in fondo, era primo pomeriggio, quindi non sarebbe potuto essere altrimenti. Intorno a noi si sentiva solo il rumore di qualche automobile che sfrecciava a tutta velocità sull'asfalto, o quello che producevano le suole delle nostre scarpe scricchiolando contro le foglie secche per terra. Il silenzio che si era venuto a creare tra di noi mi stava dando un fastidio enorme. Per di più non avevo la minima idea di cosa dire, e ciò mi irritava ancora di più. C'erano, come al solito, troppe e poche cose di cui parlare, ma dalla mia bocca non ne uscì nessuna. Il tempo passava, il paesaggio attorno a noi scorreva, l'arietta fresca mi punzecchiava insistentemente le guance, e i piedi mi facevano sempre più male.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoWhere stories live. Discover now