10. You & I

19.4K 788 51
                                    

"I'm glad. At least, in my life,
I've found someone that may
Not be here forever, to see me
Through, but I found strength
In you".

Ho sempre odiato le terre di mezzo, le mezze misure. O è caldo, o è freddo. O è bianco, o è nero. O si è felici, o si è tristi. O si ama, o si odia. Ma il fatto che le persone continuino, imperterrite, in ogni caso, a fare uso delle vie di mezzo mi irrita particolarmente. Soprattutto perché è segno di indecisione. E, se c'è una cosa che non posso proprio sopportare, sono le persone indecise. Tuttavia, andando contro tutti i miei principi, l'autunno, una stagione di transizione, è la mia preferita. Non saprei dare una motivazione precisa a questa scelta, anche perché non mi ci sono mai soffermata per troppo tempo. Mi piace che di giorno ci sia ancora quel leggero tepore dovuto agli ultimi raggi di sole estivi, e che di sera faccia così freddo da necessitare di cappelli e cappotti pesanti. Adoro seguire l'ondulante percorso compiuto da una piccola fogliolina appassita, che precipita giù dal ramo di un albero a causa del vento, e che viene, piano piano, trascinata sul fondo, fino a ricoprire la strada di uno strato di tappeto - scricchiolante sotto le suole dei miei scarponcini - assieme alle altre foglie. Forse a quel tempo mi sentivo una foglia in autunno anche io: non avevo uno scopo preciso, nella vita; non avevo per nulla le idee chiare, seppure detestassi le persone indecise, e non sapevo per niente se fossi destinata a vivere o, semplicemente, a essere. Ero una contraddizione vivente. Ero una roccia indistruttibile, poi mi sgretolavo alla prima folata di vento. Ero testarda come un mulo, eppure bastava qualche parola dolce in più per farmi cedere. Preferivo di gran lunga i fatti alle parole, e poi mi facevo lusingare dai bei discorsi fatti con malcelata convinzione. Avevo il disperato bisogno di sentirmi parte di qualcosa, ma non volevo appartenere a nessuno. La mia testa era un casino di pensieri e di idee contrastanti, e solo qualcuno con la mente malata - e forse addirittura più contorta della mia - sarebbe potuto riuscire a capirci qualcosa. Ma non ci capivo niente neppur io, figurarsi se avrebbe potuto qualcun altro. La battaglia contro me stessa e il mio stesso cervello era dura. Nonostante tutto, c'è stato chi n'è uscito vittorioso. Ma è meglio non bruciare le tappe e tornare a dov'ero rimasta. So che ti sono sempre piaciuti i racconti dettagliati. Come dicevo, era un mercoledì pomeriggio di settembre, e l'estate era proprio agli sgoccioli, ormai. Io e l'allegra combriccola eravamo seduti sul prato, al riparo sotto i rami di un alberello, nell'ampio giardino della Princeton University. C'era un venticello fresco che ci scuoteva i capelli e ci faceva venir voglia di stringerci maggiormente nelle nostre felpe con il logo del college (che avevamo comprato nel negozio apposito tutti insieme, sotto costrizione di Mike. Che, tra l'altro, era l'unico a mancare all'appello, anche se nessuno pareva essersene accorto). Lindsay e Abigail stavano ultimando i loro "compiti" per il giorno successivo, con la schiena dell'una poggiata a quella dell'altra, le gambe incrociate a terra, i quaderni sulle cosce e i libri sull'erba. Peter era assorto nella lettura di un libro che gli era stato assegnato da un suo professore, accostato con la schiena al tronco dell'albero secolare, con le sopracciglia corrugate, leccandosi, di tanto in tanto, un dito per svoltare pagina. Io ero seduta al suo fianco, intenta a informare Colin riguardo gli sviluppi dell'operazione "Brufolo Bill" (come avevo personalmente soprannominato lo scherzo che avevo ideato per Dave), quando la voce più che familiare di qualcuno mi sopraggiunse alle orecchie.

"Ce li ho, ce li ho, ce li ho!!" strillò Mike, in preda all'euforia, mentre correva a velocità supersonica attraverso l'intero cortile per raggiungerci.

Peter sollevò la testa di scatto dal libro, al sentire quelle parole, e si alzò in piedi a una velocità che non ritenevo neanche umanamente possibile, prima di quel momento, buttando poco garbatamente il volume a terra.

"Porca puttana, sei serio?" gli domandò, incredulo, e si passò le mani tra i capelli, aspettando che Mike ci si avvicinasse un po' di più per potergli parlare.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora