Piume - Harry/Luna

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04/01/2011

One-shot composta in occasione del contest "Con Lui/Con Lei - Senza Lui/Senza Lei" indetto da EricaWeasley sul forum di EFP.

Introduzione: Scrivere su qualcosa che si conosce poco è terribilmente complicato. Spero di non aver fatto troppi danni. Ho usato il pdV di Harry, perché (sarò sincera) era forse più facile da gestire rispetto alla complicata personalità di Luna Lovegood. Siamo al settimo anno bis, ovvero dopo la guerra, Harry torna a scuola e inizia una storia con Luna, poi, come spesso accade, si lasciano. In questo momento Harry ripercorre i loro momenti insieme e si pone domande sulla natura del loro amore, e del dolore che prova. Incontra Hagrid e tra i due nasce una conversazione illuminante.

*

Piume

Una corsetta era esattamente quello che gli serviva in quel momento. Scaricare, scaricare, scaricare si ripeteva. Scaricare e dimenticare. Tirò fuori un paio di scarpe da jogging da sotto il letto. E le indossò il più rapidamente possibile, sempre tenendo fisso lo sguardo, fuori dalla finestra, verso il Lago Nero. L'avrebbe percorso lungo tutta la riva se fosse servito ad aiutarlo a scaricare quel peso che sentiva dentro al petto.

Si sentiva decisamente stupido. Tutto. Nella sua vita aveva sopportato e superato tutto – aveva perso i genitori a un anno, aveva vissuto con i suoi zii, tanto simili alla matrigna e alle sorellastre di Cenerentola, aveva affrontato il male e la morte migliaia di volte, e aveva battuto Voldemort. Aveva battuto il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi, un anno prima, nella Sala Grande che stava a quattro passi da lui. E adesso si sentiva vuoto.

Si sentiva stupido e vuoto, appunto. Stupido perché chi ha affrontato tutte quelle prove non dovrebbe farsi abbattere da una semplice, strana, folle ragazza. E vuoto perché quella semplice, strana, folle ragazza gli mancava da morire.

Lo aveva lasciato. Solo. Di nuovo. Lo aveva lasciato nel suo modo pacato e incomprensibile per gli altri; ma non per lui. Sembrava distante, e invece stava piangendo le stesse lacrime non versate, insieme a lui.

"Non è così che deve essere. Capisci, Harry?" E lui no, non voleva capire. Non avrebbe voluto capire. Non così, non in quel momento.

Correre. Correre. Correre. Dimenticare quelle parole, il suo sguardo nero e sofferente. Correre, sempre più rapido, sempre più al limite. Prendere la scopa e volare lo avrebbe liberato. Ma lui no: voleva sudare, voleva soffrire. Voleva correre.

Gli tornò in mente il loro primo incontro. Sull'Espresso per Hogwarts tre anni prima. A quel tempo era invaghito di Cho Chang, e non avrebbe mai pensato che quella tocca di Luna Lovegood, con la bacchetta dietro l'orecchio sinistro e la collana di tappi di Burrobirra, avrebbe potuto rubare le sue attenzioni e la sua anima. Così inspiegabilmente.

Luna era strana, dotata di un'intelligenza enigmatica, gentile, e allegra. Sembrava sempre venir fuori da un mondo tutto suo, in cui le regole della logica erano sue, e sue soltanto. Con i Nargilli che le rubavano tutto. Harry non ci mise molto a capire: lei andava oltre. Anche prima, prima di innamorarsi di lei, Luna lo aiutava a alleggerire tutte le sue ansie, e le sue paranoie. Perché lei era leggera.

E poi dopo la guerra. Dopo le morti di così tanta gente, dei loro compagni di scuola, dei loro amici, si erano alleggeriti ansie e paure vicendevolmente. Era stato naturale.

Una sera, nemmeno poi così lontana, stavano cercando insieme, l'ennesimo paio di scarpe che i Nargilli (o i loro compagni) le avevano nascosto. I mostriciattoli invisibili (o i burloni di turno) le avevano appese sul ramo più alto del Faggio Gigante nel giardino ovest del castello*, e avevano anche avuto la brillante idea di incantarle, cosicché recuperarle non fu affatto impresa semplice: ogni volta che cercavano di tirarle giù con la bacchetta tornavano al loro posto. Harry allora richiamò la sua scopa dalla sua camera da letto sulla torre dei Grifondoro, e si apprestò a riportarle in salvo. In bilico sulla scopa cercava di acchiapparle con le mani, ma queste si spostavano come fossero state un boccino dispettoso, e i lacci tornavano ad attorcigliarsi sul ramo.

GhirigoriWhere stories live. Discover now