Blast (George Weasley)

105 6 5
                                    

24/02/2012

Blast: onomatopea per scoppio, fragore. Denota un'esplosione, un cambiamento, un evento scombussolante dai tempi dei vorticisti  e poi è anche una marca di chewing-gum con la pubblicità dei cinesini. La flashfic trae ispirazione dall'ultima parte del brano Londra Brucia dei Negramaro. È probabile che George possa essere considerato OOC, ma io penso sinceramente che la morte di Fred lo possa condurre a perder la testa in un certo qual senso, quindi non so, meglio avvisare nel dubbio.
Spero possa piacervi, anche se il tema non è originalissimo. Buona lettura!

***
Blast

per non dimenticare
il tempo che fugge
verso i tuoi giorni
non ho direzione
e vago nel buio
non ho destinazione
e dammelo tu
un nuovo indirizzo
dove trovarmi

10 Agosto 1998 - Diagon Alley, Londra

93, Diagon Alley, Londra. Londra, Diagon Alley, 93.

Diagon Alley: la banca Gringott, i gelati di Fortebraccio, le caldarroste, le bacchette di Olivander, i libri del Ghirigoro, l'eleganza per ogni occasione di Madame McClan, Pluffe, scope e Boccini agli Accessori di prima qualità per il Quidditch, gli scherzi dei Tiri Vispi Weasley.

Tiri Vispi Weasley.

93, Diagon Alley, Londra. Tiri Vispi Weasley. Di Fred e George Weasley.

La carta marcata dal ghigno colorato di due pupazzi - gemelli - gli scivolò via dalle dita. Stanco, si sentiva stramaledettamente stanco. Lasciò che il volantino rovinasse sul pavimento pieno di scatoloni e cianfrusaglie. Si abbandonò dietro la scrivania, non meno disordinata.

"Impresari, George! Siamo degli imprenditori! Ci serve un ufficio!"

C'erano volgari statuette di gnomi, una scatolina trasparente che lasciava intravedere un impasto giallastro, una confezione di Merendine Marinare, e lo schizzo di un presunto riproduttore di pensieri.

"Una scatola, Fred?"
"Non lo vedi? È un riproduttore di pensieri."
"Oh, oh. Geniale! Ma... ecco, da cosa dovrei capirlo?"
"Ma dal titolo, no?"

Diagon Alley. Le persone tornavano a riempire la strada. Sembrava quasi che una guerra non ci fosse mai stata.

C'era un sacco di gente. Troppa.

Passeggiavano, felici di ricostruire la vita. La vita.

Un vecchio, proprio sotto la finestra, stava togliendosi il capello in segno di saluto verso una giovane donna curvilinea. Due bambini correvano, probabilmente diretti al negozio lì accanto, per ammirare la nuova Firebolt Blast.

Blast. Come un esperimento mal riuscito, di nascosto dalla mamma in cameretta. Blast. Come un orecchio che si spappola, quando un vecchio professore acido ti lancia una maledizione dal nome antipatico.

"Ti manca qualcosa, George?"
"Sì, un orecchio."

Blast. Come un'esplosione dal pessimo tempismo. Blast. Come una parete che crolla. Blast. Come la luce verde di troppe, troppe maledizioni. Blast. Come l'ultimo scoppio di una risata.

L'ultimo spettro d'una risata.

Blast. Come il rovinare a terra di una scrivania troppo ingombrante. Blast. Come il fragore provocato da uno sbotto di magia involontaria e finestre che si frantumano. Sul viso.

"Ti sei sbucciato il ginocchio; perché non piangi, Fred?"
"Mi sono sbucciato il ginocchio; perché non ridi, George?"

Troppi colori c'erano in quella stanza. Troppi rumori. Troppe scatole ingombranti e inutili.

Qualcosa come il richiamo d'una sottospecie di coscienza sembrò ricordargli che non sarebbe dovuto rientrare a Diagon Alley: non era ancora pronto a ristabilirsi nel loro appartamento. Lo rimosse con rapidità, con un calcio, come con la scrivania.

Ce l'aveva ancora una maledetta coscienza, poi? Gli mancava qualcosa. E non era il suo orecchio. Mancava l'altra parte di sé. E d'ora in poi sarebbe mancata per sempre.

A calci, si fece spazio tra gli scatoloni, con le spalle alle finestre spaccate: non poteva guardare ancora là fuori. C'era tanta rabbia che bruciava nel suo stomaco, c'era tanta paura di non farcela a sopravvivere, tanta frustrazione, tanta solitudine.
Nessuna risata. "Perché non ridi, George?" La voce squillante di un bambino identico a se stesso gli rimbombò nella mente.

Si lasciò cadere a terra, tra le scorte di Torrone Sanguinolento, bacchette trabocchetto e una serie di mai provati filtri d'amore. Lo specchio di fronte a lui gli restituiva un'immagine cara e perduta.

"A che ci servono gli specchi, fratellino?"

Raccolse d'istinto la prima cosa che gli capitò tra le mani. Scagliò merendine, boccette, e vecchi petardi contro quell'immagine crudele. Finché non si ruppe in tanti pezzetti diamantini.

Finché blast. Come una risata amara. Come un'esplosione di fuoco e fiamme, per il muro, sul parquet.

Riflesso, nel vetro, il suo ritratto.

appeso a uno specchio
ad ogni ritorno
un nuovo ritratto
ad ogni ritorno
appeso a uno specchio
il mio ritratto

A metà.

GhirigoriWhere stories live. Discover now