«Ciao!», mi sussurrò Cristina sulla soglia della porta, guardando in basso, come se non riuscisse a sostenere il mio sguardo.

«Ehi...!», risposi io al saluto. «Cosa c'è? Ma stai bene?»

Pausa. Cristina continuava a non guardarmi negli occhi.

«Scusa per prima...», iniziò lei.

«No, ma che dici? Semmai scusa tu...»

Cristina mi guardò finalmente in faccia, con fare interrogativo, come per dire: scusa di cosa?

«Stai avendo molta pazienza con me», iniziai. «E le tue prediche, anche se talvolta non meritate, so che me le fai unicamente a fin di bene. Ci mancherebbe altro!»

In quel momento ci accorgemmo che stavamo parlando sulla soglia della porta come due fidanzatini, allorché mi decisi ad entrare. Ci sedemmo al tavolo della cucina.

«Sicura che non diamo fastidio a nessuno? Cioè...»

«No, rilassati», mi rassicurò lei. «I miei coinquilini non ci sono. Non tornano prima di domani.»

«Ah ok», risposi sollevato, pensando che avrei potuto parlare senza freni di tutto quello che mi sarebbe passato per la mente, senza paura di essere ascoltato o giudicato male.

Dopo una lunga pausa, durante la quale sorseggiai un bicchiere d'acqua, Cristina prese la parola: «Allora, com'è andato l'appuntamento?»

«Appuntamento?!», domandai io straniato. «Ehm, credo che tu abbia leggermente frainteso...»

«Ma sì, ti sto prendendo in giro», mi interruppe sorridendo. «E poi cos'è che avrei frainteso? Il vostro rapporto? La vostra amicizia?»

«Eh dai, è tardi!», glissai io, grattandomi la testa. «Non iniziare a farmi domande difficili.»

Restammo a parlare per due ore e le raccontai dettagliatamente della mia visita al paese. In quel momento mi resi conto che sapevo molte cose di Cristina, ma con lei avevo condiviso pochissimo della mia vita, del mio passato, tant'è che a malapena sapeva dell'esistenza di Giulia.

«Quindi la tua amica aveva una cotta per te?», mi chiese Cristina, riferendosi a Giulia.

«Ma no, era una cosa tra bambini!», risposi io minimizzando la cosa.

«Sei sicuro?», mi chiese con sguardo leggermente malizioso.

«Ma sì!», replicai, quasi scoppiando a ridere. Il solo pensiero mi sembrava incestuoso.

«E comunque...», iniziai io, «lei non è d'accordo con te sul fatto che io sia una persona passiva. Anzi, mi ha ricordato un paio di eventi in cui sono stato il suo punto di riferimento, la sua guida. Quindi su una cosa ti sei sbagliata.»

«Lo sei stato anche per me, scemo», controbattè lei. «Hai dimenticato quando mi sono mollata con Stefano? La prima persona che mi è venuta in mente di chiamare eri tu. E sei corso subito da me per consolarmi. Non ne dubitavo, tra l'altro.»

«Ah...», esclamai sorpreso. «Ma allora...»

«Sei un tesoro per i tuoi amici, anzi per le tue amiche. Credo che se ti trovassi una ragazza, non la prenderei bene all'inizio. Mi mancheresti molto. Ormai sei una specie di fratello per me.»

«Ma allora...»

«Allora niente!», m'interruppe lei. «Ti fai in quattro per le tue amiche, ma non per te stesso. Una parte di me desidera egoisticamente che tu rimanga così per sempre, ma non sarebbe giusto. Anche tu hai diritto a qualcosa.»

Cristina non mi aveva mai parlato in quel modo. Pensai che il talento da psicologa fosse una dote di famiglia, perché con poche frasi era riuscita a farmi vedere e capire cose che fino a quel momento non avevo mai veramente considerato.

«Hai diritto ad essere felice, spensierato. A perdere il controllo, non so se mi spiego.»

«Perdere il controllo?»

«Ma sì, il controllo. A volte non fa male rinunciarvi». Pausa, poi continuò: «Invece sei sempre così carino con me, con Giulia, e con chissà quanti altri. Ma quando arriva il tuo turno?»

«Ma no... cioè... secondo me stai travisando. Per me è normale amministrazione esserci per le persone, altrimenti che amicizia sarebbe? Anzi, mi fa sempre piacere aiutare qualcuno. Un giorno potrei essere io ad aver bisogno...».

«Allora perché non aiuti lei?», mi domandò improvvisamente con fare inquisitorio, riferendosi a te. «Perché non doni a quella ragazza la pace che sembra cercare con tanta insistenza? Il nome, la voce... non ti costerebbe nulla!»

«Ma di che parli? Come faccio a dare la voce a... non so neppure come definirla.»

«Solo tu puoi farlo, David! Lei è sempre intorno a te. Ti cerca, ti parla, ti implora aiuto. Prova ad aiutare lei, visto che ami così tanto aiutare il prossimo.»

«Ok, va bene, ma mi dici come?»

«Non sono io a dovertelo dire. È una cosa che deve partire da te. Parla con lei, ascolta quello che ha da dirti. Sono sicura che se apri il tuo cuore anche a lei, riuscirai a sentire la sua voce.»

Pausa.

«Io... non posso», risposi con voce tremante, guardando in basso. «Non posso, Crissy! Ho paura. Quella ragazza mi fa paura.»

Alzai lo sguardo e, in lacrime, la guardai fissa negli occhi. Quando avevo iniziato a piangere? In quell'istante a malapena riuscivo a sentire la mia, di voce. «Non ce la faccio...».

Cosa mi stava succedendo? Non capivo. Le lacrime sgorgavano copiosamente e non ne capivo il perché. Avvertivo il tuo dolore, percependolo come mio, e oltre a sentirmi in colpa, ora soffrivo per il dolore stesso. Per il dolore nostro. Cristina mi abbracciò da dietro e mi diede un bacio sui capelli. Poi mi chiede sussurrando: «Cos'è che non puoi?»

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⏰ Last updated: Mar 16, 2020 ⏰

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