2. Bruciamo insieme, ti va?

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"Le sensazioni sono sempre con noi e, talvolta, un bizzarro tocco di fantasia invade anche gli angoli più riposti della mente più pragmatica; perciò nessuna razionalizzazione, riforma o analisi freudiana, può cancellare del tutto la paura dei sussurri vicino all'angolo del camino o nel bosco solitario."
- H.P. Lovecraft


Deya si sveglia con il cuore che batte forsennato e una terribile sensazione aggrappata alle viscere. Un incubo l'ha turbata e poi riportata nel mondo reale. 

Recupera la bottiglia d'acqua a fianco al letto, manda giù qualche sorso disperato, poi tira indietro i capelli. Qualcosa non va, ma nel buio della stanza non si vede. 

C'è un odore forte, pungente, ferruginoso, e una massiccia dose di sudore le si è incollata addosso. Scende giù dal letto, striscia con le dita fino alla parete, poi clicca l'interruttore. La luce sfarfalla per un paio d'attimi, sembra quasi il battito d'ali di una falena arrabbiata, poi si accende. E le pareti di carta da zucchero sono appena schizzate di scarlatto. 

Tonde goccioline ai lati della porta, vicino agli infissi, e una lunga striscia sul pavimento che sembra uscire, oltrepassare il legno socchiuso. Nel riflesso dello specchio all'angolo è fin troppo chiaro: la sottana da notte di Deya è inzuppata di sangue; una macchia centrale, sopra l'addome, che si è diffusa in maniera caotica, esplodendo in ogni direzione.

Troppo rosso, quasi inferno.

Deya si precipita al piano di sotto, non sa bene cosa succede. La casa è tutta in ordine, tranne per un unico dettaglio ben visibile: il colore vermiglio che infesta tutto e divora il pavimento come un cancro.

Ha la tachicardia. Guarda l'orologio. Le sei del mattino, ancora troppo presto per vedersi piombare lì i suoi coinquilini.

Non comprende perché stia iniziando a calcolare il tempo necessario a ripulire tutto, quando ancora non sa da dove proviene quel caos.

Perché in fondo Deya lo sa, sa bene da dove arriva.

Derry non è al solito posto.

E Derry non è la cittadina immaginaria di Stephen King – non soltanto, almeno. Derry era anche il suo gatto. Era, perché con tutta quella poltiglia in giro non può esserci altra spiegazione.

Segue ancora le orme, oltrepassa il corridoio e cerca di camminare in punta di piedi. Sbircia dalla finestra, ed esala un respiro di sollievo quando si rende conto che non c'è l'auto di Iuri, placida conferma: non sono tornati.

Potrebbero essersi fermati a dormire da qualche altra parte, troppo ubriachi per rientrare.

Ed è meglio così. Molto meglio così. Come potrebbe spiegare ciò che è successo?

Con le dita tremanti corre a cercare il telefono, poi sfoglia la rubrica, recupera il numero della sua psicoterapeuta.

La signorina Morrison ormai la segue da un paio di anni, ma Deya non ha mai voglia di parlarci e cerca sempre di sfuggire alle sedute e alla terapia. No, non può telefonarle a quell'ora del mattino, e quindi lancia il cellulare sul divano del soggiorno, ma prima abbassa il volume del dispositivo elettronico fino ad azzerarlo, e si sforza di respirare.

Finirebbe male, se le persone che le vivono attorno sapessero che ha ammazzato il suo gatto.

 Non è una soluzione. L'unica contemplabile è farlo sparire.

Non riesce proprio a credere di averlo fatto, ma i segni sono inequivocabili.

Continua a inseguire le tracce di sangue, poi trova il corpo. Dopo aver sceso le scale che conducono fino al garage, eccolo lì: un piccolo corpicino accartocciato su se stesso, smembrato, ridotto a pezzi.

Fame di maleWhere stories live. Discover now