12. Delirio

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"Lingue ardenti di fiamma invisibile imprimono il marchio dell'inferno sulla mia anima  esausta."
Lovecraft


Uscire con Lazar è stata una pessima idea.

"Ti porto a ballare in un locale carino, beviamo qualcosa e ci divertiamo come una coppietta qualunque", le ha detto, e lei si è fidata, ci ha creduto.

Non aveva idea di quanto la situazione potesse degenerare, né a che velocità.

Il locale è appena fuori paese, devono percorrere una decina di chilometri con l'auto, mentre i boschi si fanno più radi e il cemento dipinge di grigio alcuni sprazzi di verde. L'insegna di legno appesa e cigolante per il vento, fuori, ha il nome con un carattere confuso e scivoloso, vernice che cola di un verde acido che sembra quasi arsenico. Parcheggiano fuori, fra altre due auto che sembrano state abbandonate lì da gente già ubriaca, e si avviano verso l'interno. Le pareti sono tutte tratteggiate da colori sgargianti ed esagerati, fluo e illuminati in un buio parziale, ma che non impedisce di guardarsi intorno, mentre alcune luci deboli oscillano da una parte all'altra. C'è abbastanza gente, anche se non è pieno, forse perché hanno avuto l'idea di andarci nel bel mezzo della settimana.

Arrivati al bancone ordinano da bere dei cicchetti di tequila, li accompagnano prendendo un po' di sale con la lingua e poi spremendo qualche goccia di limone. Deya scuote il capo, con gli occhi lucidi, per niente abituata a bere – e a bere in fretta, tutto in un sorso.

La musica è pessima, elettronica e pesante risuona ovunque e rende l'aria presto confusa, la testa appena dolorante. Bevono ancora, fino a perdere il conto e il raziocinio.

Deya è una che alle feste preferisce rimanere in disparte, ma a un certo punto è così ubriaca che ha bisogno di sfogare le sue energie, scaricare l'adrenalina, e così lo trascina in pista, dove gente che appare sfocata e anonima salta e balla sperando che non arrivi mai l'alba.

E anche per lei è così, in fondo. Tutto procede bene, il mondo sembra pedalare nella direzione giusta e l'alcool rende ogni cosa un paradiso terreno. Sorride con le labbra e con le sclere che brillano. 

A Lazar non piace tanto l'idea di ballare, anche se è ubriaco. E dopo un po' la trascina via, affermando di aver visto qualcuno.

Il resto è veloce e confuso, e Deya fa fatica a mettere insieme i frammenti. Un tizio della loro età gli sta di fronte, ha la cresta colorata di rosso e sparata in aria, indossa una felpa enorme dalla tasca centrale capiente che sembra riempita di droghe in vendita.

E in effetti è proprio così, anche se non lo capisce subito, però passiva lo vede, i suoi occhi osservano le immagini impresse in un caos delirante in cui nessuno sembra prestare attenzione, uno scambio veloce di merce e di banconote.

«Non mi sembra una buona idea», sottolinea subito, mentre lui si avvia in direzione della sinistra del locale, dove ci sono i bagni e la musica si fa meno invadente. Sulle pareti sono appesi innumerevoli quadri, disegni confusi, trip da psilocibina... è ciò che ha comprato, in fondo, e che ora le sventola di fronte. Due cartoncini colorati, dagli strani disegni, pregni dei colori psichedelici del locale.

«Invece è un'ottima idea per le indagini, fidati», ubriaco, sembra davvero sicuro di ciò che dice, sembra credere che le sue parole abbiano un senso, quindi si caccia uno di quei piccoli quadrati in bocca prima che l'altra possa protestare di nuovo. La fissa immobile e sorridente, mentre l'acido gli si scioglie amaro sulla lingua, poi allunga un polpastrello nella sua direzione, fino alle labbra, e la invita a schiuderle e lasciare al delirio uno spazio per contagiare, macchiare, esistere.

Fame di maleWhere stories live. Discover now