Capitolo XXIII

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Olivia

Connor mi tende la mano, il busto scoperto lascia intravedere gli addominali che si alzano e si abbassano, patendo il freddo del vento che sta soffiando.

«No» sentenzio, rifiutando la sua assurda proposta.

«Scommetto che non hai mai fatto il bagno nell'oceano»

«Uhm, no. Ma non mi sembra ci sia il clima ideale per cominciare... e nemmeno la compagnia» aggiungo con una punta di sarcasmo nella voce.

Lui mi guarda sottecchi, poi abbassa la mano, e fa spallucce: «Come vuoi»

Dopo pochi istanti lo vedo gettarsi tra le onde e allontanarsi a nuoto. Intanto, mi metto a sedere sulla riva, lasciando che l'acqua mi bagni i piedi nudi sino alle caviglie. Mi abbandono ai pensieri, cercando di elaborare la serie di avvenimenti mattutini e le recenti rivelazioni su Maurice. Tutta la faccenda mi ha portata a riflettere su quanto questo loro modo di vivere vada a collidere con le cose che la maggior parte delle persone si aspetta di avere da una relazione.

Connor non appartiene a nessuno e comunque, alla fine di questa storia, lui continuerà a girare il mondo tra sotterfugi e spionaggio, cartelli della droga messicani e mafia russa e ciò che resterà di me, invece, saranno solo generalità nuove di zecca sul passaporto e ventidue anni di vita cancellati. Mi aggirerò come un fantasma tra le macerie della mia vita a guardare da lontano una bambina crescere senza di me e questo ragazzo sparire tra la folla. La mia storia è già scritta, quindi perché sforzarsi di cambiare le cose?

Quando Connor ritorna dalla sua nuotata, lo vedo avvicinarsi a me con un sorriso beffardo dipinto sul volto che non preannuncia niente di buono.

«Cos'hai da ridere?»

Mentre si muove verso di me, con i suoi polpacci scolpiti, sposta masse d'acqua che schizzano e mi bagnano. Non faccio in tempo ad aprire la bocca per protestare, quando le sue mani imponenti mi cingono per la vita sollevandomi da terra.

«Connor, che cosa stai facendo?» strillo, mentre scalcio e tento di liberarmi dalla sua presa solida.

«Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna» mi dice mentre mi tiene stretta a lui.

«No, ti prego, in acqua no» dico dimenandomi e accavallando d'istinto le gambe attorno ai suoi fianchi, per evitare di sfiorare l'acqua.

Ovviamente, nonostante le mie proteste, il mio corpo tocca definitivamente l'acqua, bagnandomi completamente dalla testa in giù. Un brivido freddo mi percorre la schiena, facendomi ritrarre contro il petto di Connor. Lo guardo esasperata: «Era necessario?»

«No» risponde facendo un sorrisetto: «Ma è stato molto divertente»

«Non fa ridere» protesto staccandomi dal suo corpo, non appena mi rendo conto della pericolosità di questa vicinanza.

«Dai, non fare così!»

«Scusa ma non riesco a fare in un altro modo, Connor» sbotto arrabbiata.

Odio il fatto di essere completamente fradicia. Tuttavia, lui non si perde d'animo e cerca di trattenermi afferrando il mio polso al volo. Mi attira a sé fino a quando i miei piedi non toccano più il fondale.

Questo figlio di puttana sa benissimo che non so nuotare.

Sott'acqua, con l'acqua fredda che mi punge il viso, sono costretta ad aggrapparmi alle sue braccia per paura di annegare. Quando apro gli occhi, mi ritrovo avvinghiata al suo petto.

Fluttuiamo sospesi nel verde dell'acqua marina insieme, mentre bolle d'aria si allontanano da noi. La superficie non è lontana e Connor prende un po' di tempo prima di cominciare a risalire.

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