Epilogo

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Sei mesi dopo, New York City.

«E non era pericoloso portarsela dietro?» gli domando in tono apprensivo, mentre la manina della bambina che tengo tra le gambe si avvolge attorno alle mie dita. Appoggia la testolina che non riesce ancora a sorreggere da sola sul morbido maglione lilla che mi fascia il petto, abbandonandosi finalmente al sonno. 

«La lasciavo in posti sicuri con la tata. Prima che tu me lo dica: sapevo benissimo che di non poter fare così per sempre. Dovevo solo mettere apposto alcune cosette» mi spiega Connor, mentre corre da una parte all'altra del suo loft in mattone vivo alla ricerca di non so cosa.

Da quando è tornato dal Giappone per il matrimonio di Abigail, abbiamo deciso di stabilirci momentaneamente nella sua casa newyorkese, scegliendo questo appartamento di Brooklyn come base dalla quale poter ripartire insieme.

«Eccoli!» esclama dopo un po', scuotendo in aria i distintivi e rientrando nell'ampio salotto dove sono stesa, con Viola addosso, su un morbido tappeto bianco. La piccola si è addormentata a pancia in giù, con il faccino paffuto premuto su di me.

«Ma come fai a farla addormentare così presto?» domanda osservandoci scioccato dal ciglio della porta.

«Anni di pratica con Claire – rispondo facendo spallucce – ma dove stai andando?»

«A consegnare questi al dipartimento di Abbie, a Soho. Torno da un paio d'ore, piccola» mi spiega sbrigativo, indicando i distintivi che brandisce in mano.

«Sei sicuro di volerlo fare? Insomma, è il tuo lavoro...»

Connor s'incammina nella mia direzione, accovacciandosi di fianco a me e per parlarmi in tono serio: «Piccola, che domande fai? Certo che sì. Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Ora voglio solo occuparmi di voi due»

Ho fatto tutto quello che dovevo fare.

Annuisco mentre un pensiero mi balena per la testa, ma lo scaccio subito non appena mi rendo conto di quanto sia irrazionale come idea. La mano di Connor però mi afferra delicatamente il mento tra le dita, costringedomi a guardarlo negli occhi: «Cos'è questo sguardo pensieroso?»

«Niente» minimizzo, ritornando a guadare Viola.

«Dillo e basta, piccola»

«Stavo pensando al fatto che non ti ho più chiesto che cosa stavi finendo di fare in Giappone, tutto qui» confesso, imbarazzata dalla mia stessa curiosità.

«Tutto qui? – risponde sollevato – ho avuto un momento di panico, credevo ci stessi ripensando»

«Un po' troppo tardi, non credi?» rispondo in tono divertito, abbassando lo sguardo sul mio corpo rannicchiato sul tappeto e lanciandogli un'occhiata eloquente: «Era una semplice curiosità, sciocco»

«Ti ricordi quando Abigail ti ha detto che potevi rimanere negli Stati Uniti perché non corri più pericoli?» comincia a dirmi, stendendosi sul tappeto accanto a me.

Fuori dalla finestra, i palazzi in cemento di Brooklyn sono circondati da una sottile nebbiolina grigia sotto il cielo plumbeo.

«Sì, e quindi?» domando, alzando un sopracciglio con aria interrogativa.

«Quando vivevamo con la piccola in New Jersey, nei momenti di relativa tranquillità, ho cominciato a mettermi sulle tracce degli ultimi superstiti della banda di Linnet. Ho scovato gli ultimi due membri in Giappone. Ecco perchè mi trovavo lì»

«Perché non me lo hai detto prima?» sussurro, completamente spiazzata dalla sua confessione. Le mie labbra si schiudono per lo stupore, incapaci di muoversi per elaborare un discorso sensato.Sono senza parole, con tutto ciò che stava passando con Pilar e Viola, ha trovato comunque il tempo di occuparsi di me.

«Non era importante – cerca di sminuire – volevo che mi perdonassi per ciò che ti ho fatto e non per ciò che ho fatto dopo per rimediare»

Scosta una ciocca di capelli dal mio viso per riportarmela dietro l'orecchio, proprio mentre sono sul punto di replicare. I nostri visi si avvicinano, sfiorandosi appena. Ad un tratto, il piccolo sbadiglio di Viola che apre gli occhi stiracchiando le braccia ci fa allontanare di scatto, con un sorriso ebete impresso sul volto.

«Forse è meglio se la rimettiamo nella sua culla» propongo, alzandomi da terra.

Quando torno a posto e vado per sedermi nuovamente sul tappeto di fianco a lui, un lieve capogiro mi fa perdere il baricentro. Connor scatta in avanti per afferrarmi, mentre mi mantengo la fonte fino a quando la stanza non smette di girarmi attorno.

«Tutto bene?» mi domanda spaventato, mentre mi sorregge cingendomi un braccio attorno alla vita.

«S-sto bene, forse è meglio se vado a...preparare la cena» cerco di tranquillizzarlo, mentre mi aiuta a sedermi sulla poltrona grigia di fianco alla finestra.

«Olivia – mi richiama con un tono di voce che non ammette repliche, parandosi di fronte a me con le braccia conserte – ne abbiamo già parlato, nelle tue condizioni non devi fare sforzi. Rimani qui, ci penserò dopo io»

«Connor, non era uno sforzo! E poi è normale in gravidanza!» lo contraddico, mentre mi torturo il bordo del maglione.

«Devi stare attenta, il primo trimestre è il più delicato – dice avvicinando le labbra alla mia fronte per posarci sopra un bacio a stampo – vado a consegnare questi e torno. Non ti muovere da qui per fare cose in giro per la casa come al tuo solito»

«Okay, Dottor Atkins» lo schernisco, facendogli la linguaccia mentre lui risponde arruffandomi i capelli con una mano.

Fuori è calata prematuramente la sera e la una mezzaluna fa capolino dalla finestra che costeggia il lato destro del nostro spazioso soggiorno. Quando Connor mi volta le spalle per incamminarsi lungo il corridoio, lo chiamo un'ultima volta prima che varchi la soglia: «Connor...»

«Sì, piccola?» risponde girandosi nella mia direzione.

«La luna è bellissima stasera» dico in sussurro, mentre i nostri occhi si scrutano intensamente. Le labbra di Connor si piegano in un sorriso e, prima di poggiare la mano sulla maniglia della porta e uscire fuori, mi saluta con quelle parole dolci che riserva solo per me: «Ti amo anch'io, Olivia»







[ t h e  e n d]
Firenze, 29/04/2021.



"Ecco, quei due, così come sono, sono reciprocamente necessari. Questo modo d'essere è l'amore. E poi, l'umano arriva dove arriva l'amore: non ha confini se non quelli che gli diamo"

Italo Calvino – La giornata d'uno scrutatore.








☞ A seguire: ringraziamenti.

OLIVIA Where stories live. Discover now