CAPITOLO 4

37 2 0
                                    

Mentre mi alzavo dal letto per scendere da Francesco, pensai a cosa avrei detto a mio padre. Era molto tardi e non mi avrebbe permesso di scendere in cortile. Anche se trattandosi di Mancini, forse mi avrebbe dato il via libera.

Misi un paio di calzini con del pile dentro e un cappotto, e in punta di piedi attraversai il corridoio. Per fortuna non c'era nessuno nei paraggi. Scesi le scale e arrivai al piano di sotto. Aslan mi sentì e si avvicinò, pensando che volessi giocare con lui, così lo accarezzai e piano piano aprii la porta dell'ingresso. Silenziosamente uscii nel cortile. Ero stata davvero brava: non mi ero fatta scoprire, anche se al ritorno sarebbe stato ancora più difficile, quindi meglio non cantare vittoria troppo presto.

Francesco era seduto sulla panchina accanto alla fontana. Indossava un berretto di lana grigio, dal quale spuntava il suo ciuffetto castano. Si stava stringendo nel giubbotto, evidentemente colto dal freddo.

«Non posso crederci! Francesco Mancini che ha freddo», dissi sedendomi accanto a lui.

Come mi sedetti, mi alzai subito, perché la panchina di marmo era troppo fredda e indossavo, mio malgrado, il pigiama.

«Non posso crederci! Ambra Roberts che esce in pigiama».

Fece una faccia sorpresa e buffa allo stesso tempo. Aveva sempre avuto quel sorriso contagioso, e così ridacchiai.

Prese il telefono dalla tasca dei pantaloni e all'improvviso mi scattò una foto. Era sempre il solito scemo.

«Dai, siediti!», disse invitandomi ad accomodarmi accanto a lui.

«No, è troppo fredda».

Con un gesto mi esortò a sedermi sulle sue gambe e accettai. Sapeva che ero freddolosa all'ennesima potenza, e se solo mi fossi seduta su quella panchina di marmo mi sarei completamente congelata.

«Come mai eri ancora sveglia?», chiese osservandomi accuratamente.

«Non riuscivo a dormire».

«A dirla tutta, nemmeno io. Credo di non voler più uscire con Silvia».

«Come mai questo cambio d'idea?», domandai perplessa.

«Sono riuscito a capire la tipa che voglio accanto a me, e non è lei», rivelò con franchezza.

Oh, mamma, si era innamorato! E ora? Un attimo... dovevo essere felice per lui, ma non lo ero. Provavo una vena di gelosia, che mi stava succedendo? Forse era solo la stanchezza.

«Se non sono indiscreta, chi è?», chiesi, corrucciando la fronte.

«Non credo di volertelo ancora dire. Voglio prima essere sicuro che anche lei provi qualcosa per me», spiegò accarezzandomi la guancia.

«Dai, come potrebbe non provare qualcosa per te? A scuola tutte stravedono per te».

Gli diedi un piccolo schiaffo sul braccio.

«A quanto pare, non proprio tutte», rispose facendo spallucce.

Mi risultava strano che ci fosse una ragazza che non fosse caduta ancora ai piedi di Francesco Mancini. Che con la sua aria dolce, affascinante e da calciatore, non l'avesse ancora ammaliata come tutte le altre.

«Ma dai, ogni volta che passi per i corridoi o nel cortile della scuola, le ragazze quando ti vedono diventano rosse e iniziano ad atteggiarsi. Vorrebbero essere tutte me, lo sai? Solo per starti vicino», spiegai facendo il broncio.

Mi venne in mente quando Flora, una ragazza che era in un'altra classe, si era finta mia amica solo per arrivare ad uscire con lui. E io che pensavo che in realtà stessimo diventando ottime amiche...

Il mio cuore è da sempre tuoWhere stories live. Discover now