Capitolo 13

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Ripassai per la milionesima volta gli esercizi prima che il professore entrasse in classe.

Quando guardai fuori dalla porta vidi Luca entrare e Francesco che gli lanciava una bottiglietta d'acqua, ed insieme se la ridevano. Quanto mi mancava... Mi mancava davvero tutto di lui: i suoi abbracci, le sue braccia calde e muscolose, i suoi occhi, i suoi sorrisini sexy e maliziosi quando mi chiamava "scimmietta". Diventai triste in pochi secondi.  

Luca mi diede una piccola spinta per stuzzicarmi e posò sul suo banco la bottiglietta che il mio migliore amico gli aveva lanciato. Silvia era in ansia per la verifica perché non si sentiva molto preparata; cercai di calmarla, ma fu tutto inutile. Fortunatamente, due ore passarono veloci e il suono della campanella mise fine al compito, facendoci tirare un sospiro di sollievo. Nell'ora successiva avevamo educazione fisica, quindi un po' di svago e divertimento. I ragazzi vollero giocare a calcio e invitarono anche noi ragazze, così facemmo una partita a squadre miste e ci divertimmo un sacco.

Durante Economia aziendale entrò Marco, l'amico di Roberto.

«Prof, può uscire un attimo la Roberts?»

Sbuffai. Cosa volevano tutti quanti da me? Non era possibile stare un po' in pace?

«Roberts, si alzi. Vada con questo ragazzo e torni il più presto possibile».

Annuii e uscii con Marco, e con sorpresa vidi che Francesco era seduto sulla cattedra della bidella che aspettava proprio noi.

«Ragazzi, questi sono i miei inviti e spero che ci sarete», disse Marco.

Era l'invito per la sua festa dei diciotto anni. Marco mi era stato sempre simpatico, e anche a Francesco, quindi ci saremmo andati entrambi di sicuro; probabilmente non insieme, date le circostanze.

«Grazie mille».

«Ci sarò di sicuro», disse France mentre mi guardava con aria di sfida.

«Ora vado, ho la De Marco».

Si diresse verso la sua classe e io e Francesco rimanemmo da soli. Lui si guardava le scarpe e io pensavo a cosa dire. Che tragedia! Da quando in qua, per parlare con lui, dovevo trovare le parole giuste? Situazione del cavolo!

«Vado in classe!», mi avvisò con quel tono arrogante che gli era spuntato negli ultimi giorni.

«Fran, non ne posso più!»

Alzai le mani in aria in segno di resa.

«Di cosa non ne puoi più? Spiegami, perché davvero non ci arrivo».

Incrociò le braccia sotto al petto e assunse un'aria da duro.

«Non ne posso più di questa storia. Non dovremmo litigare per Roberto dato che non ne vale la pena», spiegai supplicandolo.

«Allora se non ti importava potevi anche dirmi quello che era successo, invece di scoprirlo da solo. Pensi che quello che stai passando tu sia brutto? Ma non quanto la tua migliore amica che non si fida di te».

Se ne andò via sul serio questa volta. Ecco, allora, cosa non aveva digerito: pensava che non mi fidassi di lui e invece non era affatto così. 

Tornai in classe a pezzi più di prima, e trascinando i piedi per terra mi accomodai al mio posto. La professoressa mi interrogò pure e andò malissimo, perché pensavo a Francesco anziché al "dare" e all'"avere" della partita doppia. Che casino!

Nel pomeriggio, Clara, io e le ragazze andammo alla spa a rilassarci un po', perché Lia doveva raccontarci di lei e Luca e per sapere perché Marika non fosse venuta da Sara la sera prima.

Il mio cuore è da sempre tuoWhere stories live. Discover now